La connessione permanente esce fuor di
metafora e diventa realtà vissuta. E la rivoluzione digitale cambia le
coordinate della vita. A dirlo è un recentissimo studio del Pew Research Center
di Washington, un think tank specializzato in analisi sociali, che ha misurato
il tempo trascorso online dagli americani. I risultati sono sorprendenti. Oltre un quarto dei cittadini è in rete da mattina a sera, senza staccare
neanche un momento.
Un altro 43 per cento molte volte al giorno. Mentre l’8 per cento lo fa solo
una volta al dì. E l’11 per cento più volte alla settimana. La percentuale
degli offline, circa il 12 per cento, è quasi fisiologica, se si tiene conto
del numero dei neonati, degli analfabeti e dei superanziani. Significa che
l’intero Paese passa ormai più tempo nel mondo virtuale che in quello reale. E
se si prova a scorporare le percentuali, i fattori di questa digitalizzazione
dell’essere e dell’avere diventano ancor più chiari. Sono gli smartphone e i
tablet i veri acceleratori di connessione. Dispositivi mobili, leggeri, tanto
attaccati al corpo da diventare parte del nostro bioritmo vitale, molto più che
oggetti, poco meno che persone. Sono i nostri prolungamenti 4.0. Che ci stanno
facendo transitare dall’era del cogito
a quella del digito. Bruciando tappe
che le rivoluzioni precedenti, come quella della scrittura e quella della
stampa, hanno percorso molto lentamente. Dai caratteri cuneiformi dei Sumeri a
internet sono passati quattromila anni. Ma è questa grande eredità a consentire
alla tecnologa di volare senza peso. In fondo i microchip sono nano-tecnologie
sulle spalle di giganti.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 30
marzo 2018 -
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