L’Italia è invasa dagli alieni. Sono le
1.597 specie di piante straniere che, dal Neolitico a oggi, si sono fatte largo
fra le nostre 8.195 specie autoctone, causando spesso danni a ecosistemi,
agricoltura e persino alla nostra salute. Che il nostro Paese sia il più
“invaso” d’Europa lo rivela su Plant
Biosystems il Censimento delle piante aliene d’Italia, realizzato da 51
ricercatori, fra cui l botanico Gabriele Galasso, del Museo di Storia naturale
di Milano. “I numeri sono impressionanti e crescono anno dopo anno, a causa del
commercio globale di piante da vivaio, ma anche dei semi che arrivano per caso,
nel terriccio dei vasi o attaccati alle ruote dei camion o agli abiti dei
turisti. È ora quindi che si prendano misure per controllare le specie in
entrata, come si fa da tempo in Australia, e si attuino pan per sorvegliare ed
estirpare le piante più invasive”. Queste ultime sono almeno 221, e sono quelle
che si sono adattate meglio al nostro clima, diffondendosi con grande velocità,
spesso sopraffacendo le specie locali, perché non limitate dai loro predatori e
parassiti, assenti da noi, ma anche per la loro robustezza, grande produzione
di semi, velocità di crescita o perché dotate di vere e proprie armi chimiche.
“Per esempio, il cinese ailanto, che ha invaso l’Italia, compresa la solitaria
isola di Montecristo, emette dalle radici sostanze che inibiscono la crescita
di altri alberi, provocando gravi danni ecologici. Ad aiutare le specie
invasive è anche il degrado di molti nostri ecosistemi, per la
cementificazione, il disboscamento, gli incendi, l’inquinamento. Questo spiega
perché la loro presenza è particolarmente alta nel Nord Italia, dove, per
esempio, la nordamericana ambrosia copre interi campi incolti attorno alle
città provocando asma e febbre da fieno con il suo polline fortemente
allergenico. Sulle Alpi invece si sta diffondendo il panace del Mantegazza, una
pianta del Caucaso la cui linfa provoca forti irritazioni cutanee”. Un aiuto
agli alieni lo sta dando il cambiamento climatico, facendo prosperare piante
tropicali come l’amazzonico giacinto d’acqua, che in Sardegna copre ormai
interi bacini idrici, mettendo in difficoltà piante e animali acquatici locali.
“Sulle dune costiere della penisola si sta poi diffondendo il cosiddetto fico
degli Ottentotti” dice Lorenzo Peruzzi, botanico dell’Università di Pisa, “in
realtà due diverse piante grasse sudafricane dai fiori vistosi, che scacciano
le specie localo. E sudafricana è anche la Oxalis per caprae, che al sud sta
diventando un problema nei pascoli, essendo velenosa per il bestiame, mentre il
cinese assenzio dei fratelli Verlot sta occupando banchine di strade e ferrovie
e letti di fiume, eliminando ogni concorrenza”. Negli stessi habitat è
diventato comune anche il senecione sudafricano, dai fiori simili a margherite,
contenente alcaloidi tossici che possono danneggiare il latte e il miele
prodotti nella zona. Insomma è un assedio, anche se non tutti gli “alieni”
vengono per nuocere. “Le africane acacie, per esempio, sono infestanti
difficili da eliminare, perché ributtano dalle radici. Però al Nord i loro
boschetti, nati in zone deforestate, hanno permesso alle piante del sottobosco
di sopravvivere. E, senza le acacie, non avremmo il miele che le api producono
con il loro polline”.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 30
marzo 2018 –
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