Etichette

venerdì 20 aprile 2018

Lo Sapevate Che; Con i robot nessuna professione è al sicuro....


Non So Se Vi rendete conto. Un’auto senza guidatore, di quelle che si pilotano da sole, ha ucciso una donna. Ma certo che vi rendete conto. La notizia ha fatto centomila volte il giro del mondo, dilagando sui siti dei giornali e sui social media. “19 marzo 2018, un’auto Uber senza guidatore ha investito e ucciso una pedona in Arizona”. La donna camminava in mezzo alla strada anziché sul marciapiede, e non era sulle strisce pedonali. Il fatto che il prototipo di auto senza guidatore non l’abbia avvistata, che non sia scattato il freno, rimane misterioso. Comunque probabilmente conoscete già i dettagli, vista l’enorme risonanza della tragica notizia. Seguita da un’altra simile: pochi giorni dopo toccava a una Tesla elettrica, governata dal pilota semiautomatico, finire fuori strada provocando una vittima. La società Tesla è controllata in Borsa, il suo rating creditizio è stato declassato, l’allarme è generale. Le due vittime di questi incidenti meritano il nostro cordoglio, ogni morte è una tragedia. La stessa attenzione meriterebbero le vittime dei guidatori umani. Nell’ultimo anno 40.200 persone sono morte per incidenti d’auto. In Italia nello stesso anno, dati Aci-Istat: 3.383 morti, Bisognerebbe includere un pensiero anche per chi sopravvive con gravi ferite, invalidità permanenti: il bilancio sale molto. Ve l’immaginate se l’attenzione dei media – e del pubblico – fosse proporzionale? Se ogni vola che un pedone viene investito da un’auto il mondo intero ne venisse a conoscenza all’istante? Forse sarebbe un modo per educarci a guidare meglio. Perché ne abbiamo un gran bisogno. Ma a giudicare da quel che sta avvenendo, anche di qualcos’altro: autostima, un po' d’incoraggiamento nella sfida contro i robot e l’intelligenza artificiale. La smisurata reazione ai due – dico due – incidenti mortali delle auto che si guidano da sole, la dice lunga sul complesso d’inferiorità che sta cominciando ad avvinghiarci. Abbiamo capito, magari solo a livello inconscio, che come specie noi umani siamo scadenti. C’è un’alternativa che avanza inesorabilmente. Ci fa una tale paura che un singolo errore di un robot diventa un caso mondiale, mentre le nostre povere vite non sono altro che un patetico inciampare da uno sbaglio all’altro, da quando ci svegliamo a quando spegniamo la luce (e mi sa che anche i nostri sogni sono pieni di strafalcioni madornali, forse solo un po' più innocui). Sappiamo che gli aerei cascano sempre meno perché al comando c’è prevalentemente l’intelligenza artificiale (soft-ware di pilotaggio), il che ha ridotto molto il ruolo dei comandanti: categoria prestigiosa come poche. Il medico di famiglia che milioni di americani consultano, ormai si chiama Google: chi ha sintomi prima usa il motore di ricerca per l’autodiagnosi, poi su quella base passa direttamente all’appuntamento con lo specialista. Google ha eliminato cos’milioni di ore di consultazioni dei medici generici. Bloomberg fa scrivere articoli di finanza da un algoritmo: anche noi giornalisti abbiamo le ore contate, e immagino che pochi sentiranno la nostra mancanza. I vostri risparmi, dai fondi pensione alle polizze vita, sono anch’essi in gestione a un algoritmo. Non c’è un solo mestiere, per quanto qualificato e ad alto contenuto intellettuale, che sia davvero al riparo. Consiglio a chi vuole andare avanti e saperne di più, il bel libro appena sfornato dal collega Massimo Gaggi Homo Premium. Come la tecnologia ci divide (Laterzi). Homo qui va inteso come specie. I robot non hanno sesso, o non fanno sesso. Non ancora. Novità imminenti anche su questo fronte.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 14 aprile 2018 –

Nessun commento:

Posta un commento