Nell’Intervista Che ha rilasciato allo psicologo Luca Mazzucchelli sul tema L’antidoto alla violenza, lei ha detto
che è necessaria un’educazione ai sentimenti per poter combattere e contenere
gli impulsi umani violenti per natura. Riallacciandomi a questo discorso le
chiedo: Qual è il modo più efficace per educare i giovani ai sentimenti,
convincendo anche quelli più restii a farlo? Concordo con lei sul fatto che
anche uno strumento validissimo è la lettura, soprattutto dei grandi classici
le cui storie delineano tematiche sempre attuali. Oggi però siamo continuamente
bombardati da stimoli multiformi, quasi sempre di natura elettronica, i quali
ci allontanano dall’approcciarci a un libro, ma anche a un quotidiano, a un
settimanale se non abbiamo di base una passione per la lettura. Parlando della
mia esperienza personale, sin da piccola ho iniziato a leggere i libri e
fumetti, e ora le chiedo: Ci deve essere per forza la mano del genitore che
conduce il figlio dall’infanzia a relazionarsi con essi? Molti miei coetanei
ritengono addirittura noioso leggere, e preferiscono impiegare il tempo a
guardare tv su internet, o giocare ai videogiochi. A questi vorrei consegnare
una frase di Logan Pearsall Smith che apprezzo particolarmente. “La gente dice
che ciò che conta è vivere, ma io preferisco leggere.
Oggi Educare i giovani ai sentimenti è impresa sempre più ardua, perché molti si
fermano a livello di “impulso” che ha come linguaggio non le parole ma i gesti,
il più delle volte violenti. A un gradino superiore agli impulsi incontriamo le
emozioni, ossia la risonanza emotiva che le situazioni che incontriamo nel
mondo e i nostri gesti con cui ci relazioniamo al mondo suscitano in noi. Le
emozioni sono in parte naturali e in parte culturali, ossia prodotti dall’educazione
e dal nostro modo di vivere. In presenza di una carenza emotiva, la psiche non
registra la differenza tra ciò che è conveniente o inconveniente, tra ciò che è
grave e ciò che non lo è, tra parlare male di un professore o pigliarlo a calci,
tra corteggiare una ragazza o stuprarla. Quando, per le più diverse ragioni, la
psiche è apatica e molto difficile accedere ai sentimenti. I sentimenti non
sono un’espressione della natura, ma della cultura. I sentimenti si apprendono.
Fin da tempi più remoti, le culture primitive si sono incaricate di raccontare
miti dove era possibile apprendere la differenza tra il bene e il male, tra il
giusto e l’ingiusto, il puro e l’impuro, il permesso e il proibito. Funzione
questa che un tempo veniva svolta anche dalle nostre nonne quando ci
raccontavano fiabe dove il bene e il male si contendevano la sorte del
protagonista. I miti greci sono una grandiosa rappresentazione delle passioni e
dei sentimenti umani: Zeus è il potere, Arena l’intelligenza, Afrodite la
sessualità, Apollo la bellezza, Ares l’aggressività, Dionisio la follia e via
dicendo. Oggi non possiamo più rifarci alla mitologia greca per apprendere
sentimenti, ma disponiamo di quel grandioso e appassionante repertorio che è la
letteratura, dove è possibile imparare cos’è la letteratura, dove è possibile
imparare cos’è l’amore in tutte le sue declinazioni, cos’è la gioia, la noia,
la disperazione, il suicidio, la speranza, la tragedia. Leggendo, i sentimenti
si imparano, ci si familiarizza con loro, se ne conosce il nome e i possibili
percorsi a cui si avviano e dove conducono. Insomma, leggendo, si acquisisce
una competenza sentimentale che è alla base della sicurezza di sé. Ma come lei
fa notare oggi i giovani stanno passando (se mai già non sono definitivamente passati)
dalla lettura che impegna il nostro cervello a tradurre i segni grafici in
immagini (la parola “tavolo” nell’immagine del tavolo) alla visione diretta
delle immagini, che esonera il nostro cervello dal lavoro di traduzione e lo fa
regredire a livello infantile quando, per capire qualcosa del mondo, avevamo
bisogno di tante immagini e illustrazioni. Più questa tendenza si diffonde e
dilaga, sempre meno saranno i giovani (per non parlare degli adulti) che non
apriranno mai un libro e si priveranno della capacità di educare i loro
sentimenti. Non credete a quanti dicono: “Quando sarò in pensione mi dedicherò
alla lettura”. Non è vero. Se non hanno imparato a leggere da piccoli non
apriranno mai un libro. Non sanno come si fa. Non è un caso che L’Ocse abbia
collocato l’Italia all’ultimo posto nella comprensione di un testo scritto. Ma
questo non è ancora l’ultimo danno. Di peggio c’è il fatto che con le nuove
tecnologie i commenti avvengono con un linguaggio poverissimo e soprattutto
come risposta immediata su base emotiva, per cui anche coloro che si sono
elevati al sentimento con l’uso dei nuovi media regrediscono all’immediatezza
dell’emozione che non riflette, ma semplicemente reagisce, come gli animali dai
riflessi condizionati.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica 14 aprile
2018 -
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