L’utopia era il mestiere di Giorgio
Gaber. Di utopia in fondo parla l’inedito prodotto da Ivano Fossati, Le donne di ora. Le donne di ora sono
un’utopia perfino per la generazione delle loro nonne. L’utopia, nel senso
della capacitò d’immaginare e preparare un futuro impensabile ai contemporanei,
era un tempo anche il mestiere della sinistra, prima che finisse prigioniera di
un ceto di burocrati, scambiando la rassegnazione per realpolitik. Oggi il
compito della sinistra è censurare e auto censurare qualsiasi fantasia
progressiva. Lo si vede nel dibattito sul cosiddetto reddito di cittadinanza,
termine improprio. Si tratta di un semplice aiuto temporaneo a chi è in cerca
di lavoro ed esiste in varie forme nella maggioranza dei Paesi europei, ma in
Italia, con un quarto di popolazione sulla soglia della povertà, è presentato
come il sogno di Pulcinella. Non parliamo di fare una patrimoniale per
aggiustare i conti pubblici e abbassare le tasse ai lavoratori, dio ne scampi.
La forza dell’utopia è passata negli ultimi decenni nel campo del potere. La
scuola di Chicago, il turbo liberismo, sono stati fonti inesauribili di idee pazze
e puntualmente realizzate. Nessuno poteva immaginare trent’anni fa che si
sarebbero abbassate le tasse soltanto ai più ricchi o che i giovani avrebbero
accettato lavori precari e perfino gratuiti o che si potesse un giorno
privatizzare tutto, dalla sanità all’acqua. Uno straordinario esempio di utopia
del potere sono i monopoli di Internet. Quattro miliardari americani, ricchi
come metà della popolazione terrestre, cui è lasciato l’immenso potere della
rete, in un regime di Far West delle regole, senza un contraltare pubblico e
nemmeno chiedere in cambio che paghino le tasse: pazzesco. È un’illogica
utopia, per citare Gaber, l’azione della Bce. Di fronte a un sistema bancario
cronicamente insolvente, fondato sulla speculazione da casinò dei derivati, Francoforte
ha reagito con la più folle delle mosse. Stampare montagne di euro. Undicimila
miliardi creati dal nulla, senza alcun legame con l’economia reale, da pompare
nel sistema finanziario. Una bolla al cui confronto i precedenti storici
impallidiscono, dalla Tulipomania del Seicento fino ai Bitcoin, sono scherzi da
bambini. Undicimila miliardi, uguale cinquanta milioni di posti di lavoro, la
scomparsa della povertà dal continente. Tutto questo mentre i socialisti
europei bocciavano come spreco assurdo l’idea di trovare qualche decina di
miliardi per evitare il massacro della Grecia, che aveva già ripagato in
interessi e più volte il proprio debito pubblico.
Curzio Maltese – Contromano – Il Venerdì di La Repubblica –
30 marzo 2018 -
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