Inquinamento, pesca illegale, estinzione
delle specie protette. Quella ittica oggi è una vera emergenza. Da Fukuschima
al Mediterraneo
Un
miliardo di persone ha nel mare la fonte principale di proteine. Ma
l’equilibrio degli oceani si fa sempre più precario, e i segnali di allarme si
moltiplicano. L’ultimo è arrivato da Fukuschima, con i rilasci nel Pacifico di
acqua radioattiva in seguito al devastante incendio alla centrale giapponese
della Tepco.
In
questo caso il rischio di contaminazione della catena alimentare è stato
contenuto con il divieto di pesca. In altri casi il pericolo è meno evidente.
Per esempio lo scarico in mare di metalli pesanti, diossine, pesticidi
rappresenta una seria minaccia agli equilibri biologici, già drammaticamente
fragili per la crescita dell’inquinamento e della pesca.
Anche
l’Europa non se la passa bene. Il rapporto di una rete di associazioni
ambientaliste (Ocean 2012/Nef), spiega che il 47% degli stock ittici
dell’Atlantico e circa il 90% del Mediterraneo sono sovra sfruttati, tanto che
in pochi anni sono crollati del 25% sia il pescato sia il reddito delle
comunità che dipendono dalla pesca. Decisamente non un buon affare, dal punto
di vista economico, tanto che l’Unione sta affannosamente cercando di porre riparo
al progressivo depauperamento.
A
febbraio il Parlamento europeo ha deciso di anticipare la scadenza per fermare
la pesca eccessiva e ha fissato una data (il 2020) per il recupero degli stock
in declino.
Intanto
l’Interpol si è fatta promotrice di uno sforzo per contrastare la pesca
illegale, che costa all’economia mondiale 23 miliardi di dollari l’anno.
Secondo una relazione dell’United States National Oceanographic and Atmospheric
Administration, l’Italia è nella lista delle dieci nazioni al mondo nelle quali
è più praticata la pesca illegale non regolamentata, senza misure efficaci a
favore delle specie protette.
Antonio Cianciullo – Venerdì di
Repubblica- 18-05-13
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