L’Imposta Sulla Casa? La Paga Mezza Europa
Mentre L’Italia discute e si divide su
come andare oltre l’IMU, una tassa simile esiste in Francia, Spagna, Gran
Bretagna e Germania. E a conti fatti il fisco nazionale si colloca a metà nella
classifica dei prelievi legati all’abitazione.
Tra
ipotesi di abolizione e di slittamento
della prima rata, il destino dell’IMU nei prossimi mesi appare tutt’altro che
scontato. L’Imposta municipale unica sulla prima casa è infatti diventata il
pomo della discordia nel neonato esecutivo: mentre il Pdl ne chiede la
cancellazione con la conseguente restituzione di quanto pagato nel 2012, il
neo-presidente del Consiglio Enrico Letta ha annunciato un provvedimento
(rinviato ancora una volta nel consiglio dei Ministri di giovedì 9 maggio in
attesa di definire le coperture) per la sospensione dell’acconto previsto a
giugno che interesserà 17,8 milioni di proprietari di prima casa per un costo
di 1,5 miliardi di euro. Da ricordare che l’imposta è attualmente prevista su
tutti gli immobili, con un prelievo minore per l’abitazione principale (i
Comuni possono applicare un’aliquota dallo 0,2 allo 0,4%, con detrazioni da 200
a 400 euro in base al numero dei figli) rispetto alle altre (da 0,46 a 1,06%).
Ma
cosa potrebbe accadere dopo la sospensione? Diverse le ipotesi sul piatto. La
prima riguarda un’eventuale abolizione con conseguente istituzione della
“service tax”, ossia un’imposta unica che andrebbe a conguagliare l’imposta
comunale sugli immobili, la nuova imposta sui rifiuti e sui servizi, con
l’aggiunta di un prelievo mirato sulle case di pregio. La seconda potrebbe
essere di avvicinare la tassa municipale al modello tedesco ossia gestita dal
territorio e legata alla rivalutazione delle rendite. La terza ipotesi prevede
invece una riformulazione della tassazione, con un intervento ad hoc sulle
detrazioni per l’abitazione principale e i carichi di famiglia che terrebbe
conto anche del reddito del contribuente e del suo Isee. A meno che non si proceda con la totale
cancellazione della tassa per la prima casa. Un
percorso a ostacoli, insomma, per l’imposta introdotta dal governo
Berlusconi nel marzo del 2011 (la legge prevedeva però che la tassazione
dovesse riguardare la prima casa ed entrare in vigore nel 2014), poi rivisitata
dal governo Monti che ne ha anticipato l’introduzione al 2012, estendendola sia
all’abitazione principale, che alle eventuali altre case.
Tra
l’altro, occorrerà considerare la posizione dell’Europa, che ha già frenato gli
entusiasmi perché “gli obiettivi di bilancio
di bilancio per l’Italia non cambiano e il nuovo governo dovrà dire come
intende rispettarli senza nuovo indebitamento”, secondo quanto sottolineato nei
giorni scorsi un portavoce della Commissione Ue. Un’eventuale abolizione della
tassazione sulla pria casa aprirebbe poi l’interrogativo su dove andare a
reperire i fondi che a quel punto non entrerebbero più nelle casse dello Stato:
in base ai dati del ministro dell’Economia, infatti nel 2012 hanno pagato l’Imu
25,8 milioni di cittadini per un totale di cui un totale di 23,7 miliardi di
euro (di cui 4 miliardi provenienti dall’Imu sulla prima casa, 10,7 miliardi
dalle altre abitazioni e 9 miliardi relativi a negozi, laboratori artigianali e
industriali, per un importo medio pagato da ogni famiglia per l’abitazione
principale che si attesta attorno ai 225 euro. Mandare in pensione il tributo
significherebbe inoltre assestare un duro colpo alle casse dei Comuni che in
questo modo vedrebbero venir meno una parte significativa dei propri introiti,
ossia 600 milioni lo scorso anno.
E
il resto d’Europa? L’Italia non è la sola a pagare un’imposta sulla casa; tasse
simili all’Imu esistono infatti anche in Francia, Gran Bretagna, Spagna e
Germania. Quest’ultima, ad esempio, applica una tassa sui beni immobili,
equiparabile alla nostra Imu, che viene calcolata in base a determinati
moltiplicatori, Mentre in Francia c’è la taxe forcière, che deve essere pagata
dal proprietario del’abitazione. Anche in Inghilterra, Scozia e Galles esiste
un’imposta sul possesso degli immobili chiamata “council tax”. L’aliquota
applicata oscilla tra lo 0,5% e l’1,3% del valore imponibile, ma particolari
sconti sono riservati ad alcuni target di persone, come single, studenti e
pensionati. Andando inoltre a considerare il rapporto tra prelievo sul
patrimonio e ricchezza prodotta ogni anno nei singoli paesi, le imposte
italiane sulla casa, non sono tra le più alte del Vecchio Continente: nello
Stivale, infatti, il prelievo sul patrimonio
ammonta all’1,7% del Pil. Posizionandosi a metà nella classifica dei
paesi europei in cui la più bassa incidenza della tassazione si ha in Estonia
(0,4% del Pil), mentre la più alta è relativa al Regno Unito (4,3% del Pil).
Più elevata rispetto a quella italiana è anche la tassazione in Spana, Danimarca,
Belgio, Francia, mentre la Germania e la Svezia si attestano su valori
inferiori all’1%.
Sibilla
Di Palma – La Repubblica – 13-05-13
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