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domenica 2 dicembre 2018

Lo Sapevate Che: Gutenberg e Facebook, la Medicina e le Guerre...


Il Tedesco Johannes zum Gutenberg intorno al 1440 fa i suoi primi esperimenti con i caratteri mobili per la stampa mentre vive a Strasburgo. Comincia a usare la sua tipografia regolarmente nel 1450 a Magonza. L’americano Mark Zuckerberg fa i suoi primi esperimenti con un social media mentre vive nel pensionato universitario di Harvard nei primi mesi del 2004. Nello stesso anno lascia l’università, si trasferisce a Palo Alto, nella Silicon Valley californiana, e inizia la costruzione di quello che diventerà Facebook. Che cosa unisce questi due personaggi e questi due eventi? Di sicuro la difficoltà che abbiamo a misurare l’impatto delle rivoluzioni tecnologiche, e le sorprese che queste ci riservano. L’accesso alla conoscenza, la facilità di comunicare le proprie idee o le proprie scoperte, grazie alla diffusione dei libri o grazie a Internet, ci rende migliori? A mezzo millennio di distanza siamo indulgenti con Gutenberg. La scienza medica, che salva tante vite umane, fece progressi più veloci quando le scoperte circolarono grazie ai libri. Però senza la stampa, veicolo della Riforma protestante, forse non ci sarebbero state quelle guerre di religione che insanguinarono l’Europa per molti decenni, orrendi conflitti fratricidi paragonabili alle violenze tra musulmani sunniti e sciiti. La stampa che ci fa uscire da millenni di cultura orale, emancipa tanti individui dall’ignoranza o dalla dittatura culturale delle caste ecclesiali; poi li rende malleabili ad altri tipi di manipolazioni. È una delle sorprese della storia, che si ripete con i social media contemporanei. La confusione in cui si troviamo oggi non è nuova nel tempo. Risalire a quel precedente di cinque secoli fa ci dimostra che non tutto è nuovo sotto il sole: il progresso e il regresso sono avvinghiati tra loro. Un esempio molto più recente, anno 1972: lo storico viaggio di Richard Nixon a Pechino per incontrare Mao Zedong fu interpretato solo in chiave geopolitica, come inizio di un disgelo sullo sfondo della guerra fredda Usa-Urss e del conflitto in Vietnam. Nessuno, né in America né in Cina, capì che poteva segnare l’ingresso della Cina nell’economia globale, una modernizzazione formidabile, col risultato di generare il più terribile sfidante dell’egemonia Usa. Altro episodio all’origine di tanti fraintendimenti: il 1979, anno-zero dell’islamismo contemporaneo, quando si sommano la rivoluzione Khomeinista in Iran, la svolta oscurantista in Arabia saudita, l’invasione sovietica dell’Afghanistan. L’attenzione occidentale si concentrò sulla caduta dello Scià di Persia in chiave positiva: come liberazione di una nazione emergente dall’asservimento agli interessi occidentali. Il mio viaggio in Iran quest’anno mi ha consentito di misurare quanto quella narrazione sia ripudiata dagli stessi iraniani: molto più critici e insofferenti di noi verso il governo dei mullah. È così che ho costruito il mio viaggio tra le grandi svolte del passato che hanno disegnato il mondo in cui viviamo. A cui dedico il nuovo libro Quando inizia la nostra storia. Cerco di avere con la storia un rapporto terapeutico, per così dire. In italiano il verbo comprendere, nella sua origine, significa includere. Per capire bisogna riuscire ad abbracciare anche punti di vista diversi. Per trovare un senso e una logica in questo mondo così complicato la storia aiuta. Può sdrammatizzare, ricordandoci che altre epoche sembrarono altrettanto caotiche, assurde, indecifrabili. Vennero interpretate in modi che oggi abbiamo dovuto ribaltare. A questo lavoro di rilettura del passato io affido una speranza: rimettendo in discussione stereotipi, luoghi comuni, semplificazioni e pregiudizi, forse ritroveremo il filo di un dialogo civile con chi non la pensa come noi.
Federico Rampini – Donna di La Repubblica – 17 novembre 2018 -

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