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martedì 11 dicembre 2018

Lo Sapevate Che: Così insegnava Bertolucci padre...


Era un insegnante ideale. Indulgente nei toni, nell’atteggiamento, anche quando dava un cattivo voto; e quasi sempre con ‘espressione velata da un’ironia complice, con la quale smorzava il ruolo autoritario del professore. Questa è l’immagine di Attilio Bertolucci (1911-2000) che ho ricordato quando è stata annunciata la morte di suo figlio Bernardo (1941-2018). Senza il poeta Attilio non ci sarebbe stato il regista Bernardo, ho sempre pensato. Agli studenti del liceo, al termine di una lezione di italiano o di latino o di storia dell’arte, elencava qualche libro da leggere. È da lui che i ragazzi del Convitto nazionale “Maria Luigia”, a Parma, negli anni Quaranta, hanno imparato a conoscere Stevenson, Conrad, Proust, Melville, Gide, Flaubert, Stendhal che spesso si faceva arrivare in lingua originale…e anche autori meno noti come Ernst Emil Wiechert. I libri consigliati in classe da Attilio Bertolucci hanno arricchito tante biblioteche giovanili. Mi capita di trovarne alcuni, ingrigiti come vecchi reduci, negli scaffali di casa. “Vanina Vanini” e “L’abbesse de Castro” si Stendhal sono reliquie. Quando appariva con il suo passo lento e un sorriso appena accennato nei lunghi corridoi del “Maria Luigia”, c’era sempre un drappello di liceali che gli faceva da scorta e cercava di leggere i titoli dei volumi che teneva sotto il braccio. Ne avrebbero poi parlato in classe. Nell’immediato dopoguerra aveva sempre qualche romanzo americano, È grazie a lui che molti ragazzi lessero allora “Il Grande Gatsby”. Non era un segreto che fosse un poeta. Ma erano pochi, a quei tempi. A essersi addentrati nei suoi versi. Ricordo “Vento”: “Come il lupo è il vento/che cala dai mondi al piano,/corica nei campi il grano/ovunque passa è sgomento”. E ancora “Ottobre”: “Sporge dal muro di un giardino/la chioma gialla di un albero./Ogni tanto lascia cadere una foglia/sul marciapiede grigio e bagnato./ Estasi, un sole bianco tra le nubi/appare, caldo e lontano, come un santo./Muto è il giorno, muta sarà la notte/simile a un pesce nell’acqua”. Bernardo ha goduto dei suggerimenti del padre poeta. Lui stesso, ragazzo, ha composto versi. I suggerimenti erano estesi al cinema. Attilio non è stato soltanto un poeta: era un lettore che comunicava questa sua passione a congiunti e amici, era un grande esperto d’arte, un amante del teatro e un infaticabile frequentatore di cinematografia. Quando Bernardo era un adolescente a Parma, e poi a Roma, Attilio scriveva sulla Gazzetta di Parma, a volte nella rubrica “Lanterna magica” le critiche dei film che vedeva quasi quotidianamente, spesso in compagnia di Pietrino Bianchi, suo grande amico. E tra i due c’era spesso il giovanissimo Bernardo, al quale veniva spiegato come o registi (René Clair, Jean Renoir, Chaplin, Henry King, Clouzot, Cayatte e tanti altri) ritmavano le trame e muovevano le macchine da presa. Per lui Clouzot era il più originale dei registi francesi rivelatisi tra guerra e dopo-guerra. La sua prima regia durante l’occupazione tedesca, “Il Corvo”, era un fosco ritratto della provincia francese che deve avere colpito il giovane Bernardo, il quale anni dopo avrebbe realizzato “la strategia del ragno”. Le spiegazioni tecniche erano accompagnate da parentesi letterarie. Il nome di un grande regista come King Vidor veniva associato a quelli di Fitzgerald, di Hemingway, di Faulkner, di Dos Passos; scrittori non soltanto suoi contemporaneo, ma anche espressione dello stesso puro, autentico stile americano. Il padre era come il professore del “Maria Luigia”, dolce e leggero con il figlio. A diciotto anni, quando preparava o aveva appena dato la maturità, tante espressioni, atteggiamenti, discorsi di Bernardo riconducevano a quelli del padre. Erano una naturale, libera versione. C’era in lui l’impronta Bertolucci. Aveva poco più di settant’anni quando Attilio passò alcuni giorni a Parigi con Ninetta, la moglie dolce e silenziosa. Veniva da Londra, dove era andato a trovare Bernardo, e stava tornando a Roma. Spese l’intero soggiorno parigino visitando i luoghi proustiani. Ma Cabourg, la Balbec della “Ricerca”, era la meta più ambita. E una mattina i Bertolucci salirono felici su un autobus diretto nel Calvados, in Normandia, dove si trova appunto Cabourg-Balbrc. Come non condividere la loro felicità?
Bernardo Valli – Dentro e Fuori – Donna di La Repubblica – 9 dicembre 2018 - 

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