Era un
insegnante ideale. Indulgente nei toni, nell’atteggiamento, anche quando
dava un cattivo voto; e quasi sempre con ‘espressione velata da un’ironia
complice, con la quale smorzava il ruolo autoritario del professore. Questa è
l’immagine di Attilio Bertolucci (1911-2000) che ho ricordato quando è stata
annunciata la morte di suo figlio Bernardo (1941-2018). Senza il poeta Attilio
non ci sarebbe stato il regista Bernardo, ho sempre pensato. Agli studenti del
liceo, al termine di una lezione di italiano o di latino o di storia dell’arte,
elencava qualche libro da leggere. È da lui che i ragazzi del Convitto
nazionale “Maria Luigia”, a Parma, negli anni Quaranta, hanno imparato a
conoscere Stevenson, Conrad, Proust, Melville, Gide, Flaubert, Stendhal che spesso
si faceva arrivare in lingua originale…e anche autori meno noti come Ernst Emil
Wiechert. I libri consigliati in classe da Attilio Bertolucci hanno arricchito
tante biblioteche giovanili. Mi capita di trovarne alcuni, ingrigiti come
vecchi reduci, negli scaffali di casa. “Vanina Vanini” e “L’abbesse de Castro”
si Stendhal sono reliquie. Quando
appariva con il suo passo lento e un sorriso appena accennato nei lunghi corridoi
del “Maria Luigia”, c’era sempre un drappello di liceali che gli faceva da scorta
e cercava di leggere i titoli dei volumi che teneva sotto il braccio. Ne
avrebbero poi parlato in classe. Nell’immediato dopoguerra aveva sempre qualche
romanzo americano, È grazie a lui che molti ragazzi lessero allora “Il Grande
Gatsby”. Non era un segreto che fosse un poeta. Ma erano pochi, a quei tempi. A
essersi addentrati nei suoi versi. Ricordo “Vento”: “Come il lupo è il
vento/che cala dai mondi al piano,/corica nei campi il grano/ovunque passa è
sgomento”. E ancora “Ottobre”: “Sporge dal muro di un giardino/la chioma gialla
di un albero./Ogni tanto lascia cadere una foglia/sul marciapiede grigio e
bagnato./ Estasi, un sole bianco tra le nubi/appare, caldo e lontano, come un
santo./Muto è il giorno, muta sarà la notte/simile a un pesce nell’acqua”. Bernardo ha goduto dei suggerimenti del padre poeta.
Lui stesso, ragazzo, ha composto versi. I suggerimenti erano estesi al cinema.
Attilio non è stato soltanto un poeta: era un lettore che comunicava questa sua
passione a congiunti e amici, era un grande esperto d’arte, un amante del
teatro e un infaticabile frequentatore di cinematografia. Quando Bernardo era
un adolescente a Parma, e poi a Roma, Attilio scriveva sulla Gazzetta di Parma,
a volte nella rubrica “Lanterna magica” le critiche dei film che vedeva quasi
quotidianamente, spesso in compagnia di Pietrino Bianchi, suo grande amico. E
tra i due c’era spesso il giovanissimo Bernardo, al quale veniva spiegato come
o registi (René Clair, Jean Renoir, Chaplin, Henry King, Clouzot, Cayatte e
tanti altri) ritmavano le trame e muovevano le macchine da presa. Per lui
Clouzot era il più originale dei registi francesi rivelatisi tra guerra e
dopo-guerra. La sua prima regia durante l’occupazione tedesca, “Il Corvo”, era
un fosco ritratto della provincia francese che deve avere colpito il giovane
Bernardo, il quale anni dopo avrebbe realizzato “la strategia del ragno”. Le spiegazioni tecniche erano
accompagnate da parentesi letterarie. Il nome di un grande regista come King
Vidor veniva associato a quelli di Fitzgerald, di Hemingway, di Faulkner, di
Dos Passos; scrittori non soltanto suoi contemporaneo, ma anche espressione
dello stesso puro, autentico stile americano. Il padre era come il professore
del “Maria Luigia”, dolce e leggero con il figlio. A diciotto anni, quando
preparava o aveva appena dato la maturità, tante espressioni, atteggiamenti,
discorsi di Bernardo riconducevano a quelli del padre. Erano una naturale,
libera versione. C’era in lui l’impronta Bertolucci. Aveva poco più di settant’anni quando Attilio passò
alcuni giorni a Parigi con Ninetta, la moglie dolce e silenziosa. Veniva da
Londra, dove era andato a trovare Bernardo, e stava tornando a Roma. Spese
l’intero soggiorno parigino visitando i luoghi proustiani. Ma Cabourg, la
Balbec della “Ricerca”, era la meta più ambita. E una mattina i Bertolucci
salirono felici su un autobus diretto nel Calvados, in Normandia, dove si trova
appunto Cabourg-Balbrc. Come non condividere la loro felicità?
Bernardo Valli – Dentro e Fuori –
Donna di La Repubblica – 9 dicembre 2018 -
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