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mercoledì 1 gennaio 2014

Lo Sapevate Che: Legge e Libertà...


Buonanotte ai Senatori

L’unica soluzione praticabile per riformare la Costituzione è abolire il Senato.
Introducendo il monocameralismo. Ma serviranno altri contrappesi: più poteri al Capo dello Stato, ricorso diretto alla Consulta delle minoranze.

 Riforme costituzionali? A parlarne, rischi una denuncia per maltrattamenti: chi ti ascolta finirà per slogarsi le mascelle a forza di sbadigli. Perché l’argomento non è fra i più eccitanti, e perché il chiacchiericcio dura da trent’anni, senza cavare un ragno dal buco. Meglio, molto meglio, concentrarsi sui temi dell’occupazione, della concorrenza, dei salari. C’è tuttavia un legame fra le nostre ingessate istituzioni e la camicia di gesso che blocca l’economia italiana. Quando il sistema si rivela incapace di produrre decisioni, quando è perennemente ostaggio dei veti incrociati, quando infine la voce del padrone ha il timbro rauco delle lobby, l’unica industria è quella dei favori. E infatti l’Italia, dal 2000 in poi, ha registrato la crescita più bassa del pianeta, se si eccettua Haiti.
Da Qui L’Urgenza di correre ai ripari. Sbarazzandosi in primo luogo di due Camere gemelle, che s’intralcino a vicenda. Il bicameralismo paritario ci ha donato in sorte un procedimento legislativo macchinoso, una pletora di parlamentari che riempirebbe la tribuna di San Siro, governi ballerini come Carla Fracci. Sicché, almeno in questo caso, l’accordo è trasversale. Però, attenzione: meglio nessuna riforma che una cattiva riforma. E d’altronde – come osservò Aristotele – se una Costituzione si può migliorare, significa che si può anche peggiorare.
Eppure i nostri eroi promettono di riuscire nell’impresa. Quale mai sarebbe la loro ricetta? A quanto pare, un bicameralismo differenziato, assegnando in esclusiva ai deputati il potere di vita e di morte sui governi, nonché l’officina delle leggi. E i senatori? Verificano, ispezionano, controllano, manco fossero altrettanti Sherlock Holmes. Richiamano in seconda lettura le leggi più importanti, quindi andranno in porto solo le leggi più insignificanti. Rappresentano i territori regionali, cone se invece la Camera debba rappresentare Marte. E in che modo varcano l’uscio del Senato? Attraverso un’elezione a suffragio universale, secondo una corrente di pensiero; ma allora ci risiamo col doppione. Attraverso un seggio di diritto per governatori regionali e sindaci, secondo un’altra opinione; però il doppio mestiere riesci a farlo se la tua giornata è di 48 ore.
E no, messa così diventa un pateracchio. In primo luogo perché questo colpo d’ingegno s’iscrive non tanto nell’ingegneria quanto nell’archeologia costituzionale: la “Camera delle regioni – era un’idea di quarant’anni fa (Nicola Occhiocupo ci scrisse sopra un libro nel 1975). In secondo luogo perché il Senato diverrebbe – come pure è stato detto – non tanto una seconda Camera, quanto una Camera secondaria. E in terzo luogo, chi li convince i senatori a segarsi gli attributi? Eppure alla riforma servirebbe pur sempre il loro assenso, cozzando contro il paradosso illustrato nel 1932 da Fraenkel: quando il riformatore coincide con il riformato, nessuna riforma sbuca mai fuori dal cilindro.
La Via D’Uscita? Una sola Camera, e buonanotte ai suonatori, pardon, ai senatori. Ma buonanotte pure ai deputati, sicché nessuno ci rimette, nessuno ci guadagna. Politicamente, è l’unica soluzione praticabile. Giuridicamente, soddisfa quattro imperativi: rappresentare, decidere, semplificare, ridurre (il numero dei parlamentari). Una proposta di cui si discusse quest’estate in seno alla commissione governativa sulle riforme, e sulla quale due costituzionalisti (Ciarlo e Pitruzzella) hanno scritto un documento dettagliato. Ma soprattutto un sistema ormai vigente in 39 Stati, e non soltanto in contrade esotiche e remote. Hanno un Parlamento monocamerale Paesi come la Svezia, la Scozia, l’Ucraina, il Portogallo, Israele, la Danimarca, la Grecia, la Norvegia.
Certo, rinunziando a una Chambre de reflection serviranno altri contrappesi, per scongiurare i colpi di mano. Ma si può fare potenziando il ruolo del capo dello Stato, permettendo il ricorso diretto delle minoranze parlamentari alla Consulta, prescrivendo maggioranze qualificate per determinate leggi. Tutto si può fare, se c’è un grammo di buon senso. Ma in Italia – diceva Manzoni – il buon senso se ne sta ben nascosto, per paura del senso comune.

Michele.ainis@uniroma.3.it  - L’Espresso 2 gennaio 2014

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