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venerdì 7 giugno 2013

Lo Sapevate che:Chi L'Ha Detto Che Sul Lettino Non E' Vero Amore?


Nell’analisi non ci si limita a ripetere sentimenti antichi, ci si apre anche a sentimenti nuovi

Come si fa, al termine di una terapia psicologica, a distinguere un innamoramento reale dal cosiddetto transfert? Si dà sempre per scontato che i sentimenti e gli stati d’animo, positivi o negativi, del paziente nei confronti del terapeuta non siano altro che la riproposizione di affetti infantili, ma non potrebbe, talora, essere diverso? La curiosità, l’interesse, il coinvolgimento che ho provato, e provo, verso il mio dottore sono, per me, sentimenti del tutto nuovi e sconosciuti, difficili da ricondurre a qualsivoglia esperienza precedente. Musatti, nel suo Trattato di psicanalisi scrive: “Non c’è bisogno che un individuo intraprenda un trattamento psicologico perché si provochino in lui fatti di traslazione affettiva”. Perché, dunque, preoccuparsi di questo solo nel caso di un rapporto terapeutico? Preciso che la mia cura è finita, ma io non faccio che pensare, più di prima, al “mio” dottore e dubito fortemente di poter incontrare nella vita “reale” un uomo che provochi in me uno stesso dolce sconvolgimento.
Lettera firmata

Io ho sempre avuto delle difficoltà a comprendere il concetto di “transfert” o “transazione” che dir si voglia, perché per immaginare che un sentimento d’amore si stacchi, ad esempio, dal padre per “trasferirsi” nel corso del trattamento analitico sul’analista, devo ritenere che i sentimenti in sé a prescindere dalle cose o dalle persone a cui si riferiscono, perché solo così possiamo pensare a un loro “trasferimento”. In realtà, come il mondo della vita ci insegna, i sentimenti sono la risonanza emotiva che una certa cosa o una certa persona determinano nella nostra anima, e proprio perché sono sempre così specifici, non vedo come possano “trasferirsi” da una cosa o da una persona all’altra.
Freud ha costruito un’immagine della psiche, da lui chiamato “apparato psichico”, sul modello della fisica, assunta come modello di lettura dei fatti biografici. E’ lui stesso a dichiarare questa impostazione là dove, ancora insoddisfatto, scrive: “Probabilmente le carenze della nostra esposizione scomparirebbero se fossimo già nella condizione di sostituire i termini psicologici con quelli della fisiologia e della chimica, che esistono in relazione alle cose e alle persone  a cui si riferiscono. In una parola non sono “cose”, ma “atti intenzionali”, che cioè “rendono” alla cosa o alla persona che li suscitano, senza le quali i sentimenti non sorgerebbero.
Venendo alla questione che lei pone, Ludwig Binswanger in un suo viaggio scrive: “Nell’atteggiamento del paziente verso il medico, Freud vedeva soltanto una ripetizione regressiva di “investimenti oggettuali”, prevalentemente diretti verso i genitori e anteriori da un punto di vista psicobiologico, escludendo completamente la novità di questo incontro. In questo modo egli fu in grado di mettere in secondo piano il medico in quanto uomo, facendogli svolgere il suo ruolo tecnico assolutamente indisturbato dall’elemento personale, come per il chirurgo o il radiologo”. In questa visione meccanicistica ciò che si trascura è il fatto che l’incontro con il medico è terapeutico non perché il paziente ripete regressivamente gli itinerari consueti dei suoi “investimenti oggettuali”, ma perché, forse per la prima volta, nel nuovo incontro, ha la possibilità di abitare una nuova visione del mondo dischiusa dall’analisi.
Ha quindi ragione Musatti là dove dice che ogni evento d’amore, se vogliamo adottare il linguaggio psicoanalitico, è un transfer, ma subito occorre aggiungere che ogni transfert altro non è che un evento d’amore. Del resto in analisi la cura non passa solo attraverso l’amore, che non è un evento tecnico come le parole “transfert” e “controtransfert” vorrebbero far intendere. Quanto poi al fatto che lei dubita di poter incontrare nella vita reale un amore più grande di quello che oggi prova per il suo analista è perché la sua anima oggi è occupata da lui. Ma quando la figura dell’analista si congederà dalla sua anima, questa diverrà disponibile per altri amori anche più grandi, perché forse, proprio grazie all’analisi, lei ha aperto il suo cuore e ha imparato ad amare.

Umberto Galimberti – Donna di Repubblica – 25-5-13

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