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giovedì 3 marzo 2022

Lo Sapevate Che: Disastro ferroviario di Balvano: Un viaggio verso la speranza di procurarsi da vivere si trasformò in una trappola infernale, ricordata, per numero di vittime, come la più grave tragedia ferroviaria della storia.

 

Il disastro di Balvano fu un incidente ferroviario avvenuto il 3 marzo 1944 nella galleria "Delle Armi", nei pressi della stazione di Balvano-Ricigliano, in provincia di Potenza, lungo la ferrovia Battipaglia-Metaponto.

Il treno merci 8017, con centinaia di passeggeri clandestini a bordo, si fermò nel tunnel, rilasciando elevate quantità di gas tossici.

Secondo i dati forniti dall'allora Consiglio dei ministri, la tragedia provocò 517 morti, benché le stime siano tuttora oggetto di discussione e il numero potrebbe essere maggiore, arrivando a oltre 600 vittime. Alcuni sopravvissuti, che furono 90 in totale, riportarono danni cerebrali permanenti. La tragedia, avvenuta quasi al termine della seconda guerra mondiale e quasi in contemponeanea alla caduta del nazifascismo, venne sottoposta a censura dalle forze alleate e, solo a partire dal dopoguerra, venne eseguita un'indagine dettagliata, con non pochi interrogativi a causa della scomparsa di diverse documentazioni.

Il disastro di Balvano è il più grave incidente ferroviario per numero di vittime accaduto in Italia e uno dei più gravi disastri ferroviari della storia

Storia

Un mese prima dei fatti, in una galleria sulla tratta Baragiano-Tito (immediatamente successiva a quella della tragedia e con pendenze superiori al 22‰), un treno dell'autorità militare statunitense aveva subito un incidente simile, con il personale che era rimasto intossicato dai gas di scarico del carbone di scarsa qualità. Il macchinista Vincenzo Abbate era svenuto ed era rimasto schiacciato tra la motrice e il tender.

Nel primo pomeriggio del 2 marzo 1944, il treno merci 8017 partì da Napoli con destinazione Potenza, trainato da una locomotiva E.626, che nella stazione di Salerno venne sostituita da due locomotive a vapore poste in testa al treno, per poter percorrere il tratto che, all'epoca, non era elettrificato (e sarebbe stato dotato di trazione elettrica solo nel 1994). Il treno arrivò nella stazione di Battipaglia poco dopo le 6 del pomeriggio.

Alle 19:00, il treno 8017 partì dalla stazione di Battipaglia, in direzione di Potenza. Le due locomotive a vapore erano la 476.058 e la 480.016, assegnate al deposito di Salerno. Il convoglio era composto da 47 carri merci e aveva la ragguardevole massa di 520 tonnellate.

In origine non erano previste due locomotive; la 480 venne aggiunta al convoglio in quanto era necessario spostarla da Battipaglia a Potenza, approfittando del fatto che la doppia trazione avrebbe reso più facile l'attraversamento del difficile valico tra Baragiano e Tito. Come tutte le locomotive a vapore dell'epoca, entrambe le macchine avevano la cabina aperta e un equipaggio di due persone: un fuochista per spalare il carbone e un macchinista per la condotta.

Sul treno salirono centinaia di persone, tra cui molte donne ed alcuni ragazzi, provenienti soprattutto dai comuni tra Napoli e Salerno, stremati dalla guerra, che nei paesi di montagna lucani speravano di poter acquistare derrate alimentari in cambio di piccoli oggetti di consumo. Alla stazione di Eboli alcuni abusivi vennero fatti scendere, ma alle stazioni successive ne salirono ancora di più, fino ad arrivare a un numero di circa 600 passeggeri, molti dei quali avevano acquistato un regolare biglietto valido sulla tratta nonostante il treno fosse composto da carri merci. Il treno arrivò circa a mezzanotte alla stazione di Balvano-Ricigliano, dove registrò 37 minuti di ritardo per le procedure di accudienza delle locomotive. Da lì, alle 0:50 del 3 marzo, ripartì per un tratto caratterizzato dalla presenza di forti pendenze e numerose gallerie molto strette e poco aerate, che separava Balvano-Ricigliano dalla stazione successiva, quella di Bella-Muro, a cui sarebbe dovuto arrivare circa venti minuti dopo. Lungo tale tratta vi è la galleria "Delle Armi", lunga 1.968,26 metri e caratterizzata da una pendenza media del 12,8‰ (0,73° di inclinazione), con punte del 13‰. A causa di una serie di movimenti inconsulti e dello slittamento delle ruote, in quanto la grande pendenza impediva alle locomotive di movimentare agevolmente la grande massa del convoglio, a 800 metri dall'ingresso esso finì per fermarsi e cominciare a procedere in senso contrario.

La galleria presentava già una concentrazione significativa di monossido di carbonio a causa del passaggio, poco prima, di un'altra locomotiva. Gli sforzi delle locomotive svilupparono a loro volta grandi quantità di monossido di carbonio, che fecero perdere i sensi al personale di macchina. In poco tempo anche la maggioranza dei passeggeri, che in quel momento stava dormendo, venne asfissiata dai gas tossici, che non riuscivano a defluire adeguatamente dalla strettissima galleria.

L'unico membro del personale di bordo che sopravvisse fu Luigi Ronga, il fuochista della locomotiva di tipo 480; egli dichiarò che il macchinista suo compagno, Espedito Senatore, prima di svenire aveva tentato di manovrare per uscire dalla galleria all'indietro. Nella seconda macchina, la 476.058, invece, il macchinista Matteo Gigliano e il fuochista Rosario Barbaro interpretarono la retrocessione del convoglio come una perdita di potenza ed aumentarono la spinta. I due equipaggi non poterono comunicare per accordarsi sulla manovra da eseguire prima di essere sopraffatti dal gas; in questo modo i due locomotori agirono in modo opposto, il primo spingendo all'indietro ed il secondo trazionando in avanti. Un elemento determinante in tale sequenza di eventi fu il fatto che la locomotiva 476 fosse di costruzione austriaca, quindi con la postazione di guida del macchinista situata sulla destra. A complicare la situazione e a rendere del tutto inamovibile il treno, il frenatore del carro di coda, rimasto fuori dalla galleria, quando il treno iniziò a retrocedere, siccome il regolamento prevedeva l'attivazione del freno manuale in caso di arretramento del convoglio, eseguì tale operazione, rendendo quindi del tutto impossibile un ulteriore movimento del mezzo.

A causa della non esemplare attenzione del personale di linea al movimento del treno 8017, il capostazione di Balvano dette l'allarme solo alle 5:10, più di quattro ore dopo l'inizio degli eventi. I soccorsi arrivarono ancor più tardi e la situazione apparve subito molto grave, al punto da non poter rimuovere il convoglio a causa dei corpi riversi anche sotto le ruote

Il bilancio della tragedia, secondo quanto affermato nei libri di Gianluca Barneschi, sulla base della documentazione riservata dell'indagine, fu di 626 vittime. Molte vittime tra i passeggeri non vennero riconosciute. I corpi vennero tutti allineati sulla banchina della stazione di Balvano e poi sepolti senza funerali nel cimitero del paesino, in quattro fosse comuni. Gli agenti ferroviari, invece, vennero sepolti a Salerno. Molti dei sopravvissuti riportarono lesioni psichiche e neurologiche permanenti.

Fonti diverse hanno riportato bilanci diversi[

https://it.wikipedia.org/wiki/Disastro_di_Balvano

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