Da sempre vissuto in
autonomia, il Tibet ha visto terminare la propria indipendenza dalla Cina dopo
le le rivolte avvenute a metà del 1900: la storia.
La storia del Tibet
Il Tibet, geograficamente
parlando, è la regione dell’Asia Centrale situata sull’omonimo altopiano. Prima
del VII secolo non si hanno documentazioni scritte di questo popolo poiché
ancora non vi era stata introdotta la scrittura. La cultura infatti si
tramandava solo oralmente. Siamo nel 608 quando Songsten
Gampo, della dinastia Yarlung, fonda l’impero tibetano unificando i
territori dell’altopiano, introducendo la religione buddhista e trasferendo la
capitale a Lhasa
Sgretolatosi l’impero
nell’842, il Tibet è destinato a riformarsi unicamente grazie all’avvento
di Gengis Khan e dell’Impero
mongolo.
Ne fu assoggettato fino
al 1358, anno in cui si emancipa nonostante rimanga sotto la protezione della
dinastia Ming cinese. Dopo il 1391, anno in cui venne
identificata per la prima volta la figura del Dalai
Lama, seguono secoli di teocrazia, lotte interne, frammentazioni e interventi
cinesi sull’altopiano.
L’influenza
occidentale sull’altopiano tibetano si fece sentire prima nel corso del 1700 e
poi di nuovo nel 1900 sempre da parte dell’Inghilterra.
Essa infatti voleva
trarre vantaggio da quel territorio per via della sua posizione
strategica tra India (a quell’epoca colonia britannica) e Cina. Ritiratisi gli
inglesi nel 1905 e finito l’impero cinese nel 1912, il
Dalai Lama prese pieni poteri e dichiarò indipendente l’intero
territorio tibetano, che venne così governato autonomamente fino al 1950.
Tibet: la fine
dell’indipendenza dalla Cina
Finita la Seconda Guerra Mondiale il Tibet ritorna a
fare parte delle mire della Cina.
Scoppiata la Guerra
di Corea nel 1950, il governo cinese ha il pretesto per iniziare
l’invasione, forte dell’opinione pubblica completamente distratta dai fatti coreani.
La data dell’invasione è il 7 ottobre dello stesso anno,
data in cui i 40mila soldati cinesi superano il confine eliminando gli 8mila
tibetani. Le autorità cinesi trasformano così il
Tibet in una colonia, ne cambiarono il nome in Xizang e imposero numerosi e pesanti
provvedimenti. Tra questi la ridistribuzione delle terre, un’ingente tassazione
sui monasteri e la persecuzione nei confronti del
clero buddhista, volta ad annientare completamente il culto di questa
religione.
Esasperata da questi
anni di repressione, rastrellamenti, arresti di massa e misure punitive, la
popolazione tibetana decide di ribellarsi. L’epilogo di questa rivolta
è drammatico: il 28 marzo 1959
l’esercito cinese reprime nel sangue la ribellione, proclama ufficialmente la
fine dell’indipendenza del Tibet e costringe all’esilio il Dalai Lama. Il
bollettino di guerra è spaventoso. 80mila morti tra cui donne e
bambini e 300 mila profughi, rifugiati per la
maggior parte in India.
Nei decenni seguenti si
verificano numerosissime proteste da parte dei
monaci tibetani contro l’occupazione cinese. In particolare Tenzin
Gyatso, capo del governo tibetano in esilio, si impegna a diffondere il messaggio
buddista e a sensibilizzare l’opinione pubblica sulle condizioni del suo
popolo. Tant’è che nel 1989 riceve il Nobel per la Pace, guadagnato per la sua
protesta non violenta. Ancora oggi la questione sembra irrisolta, anche e
soprattutto a causa del governo cinese che nel 2009 ha istituito il 29 marzo
come giorno di festa per l’“emancipazione degli schiavi” tibetani dalla
dittatura teocratica del Dalai Lama.
https://www.notizie.it/cultura/2020/03/28/fine-indipendenza-tibet-dalla-cina-storia/
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