L'eruzione del 1944 è l'ultima
eruzione del Vesuvio, al termine di un lungo periodo di attività del vulcano,
iniziato poco dopo l'eruzione del 1631 ed in particolare caratterizzato da
attività persistente dal 1914 con attività effussiva e fontane di lava. Dopo il
1944 avviene la transizione del vulcano da attività a condotto aperto a
condizioni di condotto ostruito, in cui ci troviamo attualmente, caratterizzate
esclusivamente da attività fumarolica e bassa sismicità.
Prima dell'eruzione del 1944, il cratere era quasi del tutto
colmato da lave sulle quali si ergeva un piccolo cono di scorie.
Le fasi dell'eruzione sono state descritte in dettaglio dal
Direttore dell'Osservatorio Vesuviano, Giuseppe Imbò che osservò e monitorò
l'eruzione dalla sede storica dell'Osservatorio situata sul fianco orientale
del Vesuvio, a quota 608 m s.l.m. Anche durante la fase parossistica più
violenta dell'eruzione non abbandono mai l'Osservatorio mettendo a repentaglio
la propria vita. Imbò distinse quattro fasi principali dell'eruzione.
Questa fase iniziò alle 16.30 del 18 marzo 1944 con un'esplosione
che distrusse parzialmente il piccolo cono di scorie intracraterico. Essa fu
subito seguita dall'emissione di due separate colate laviche dal cratere, una
in direzione Sud-Est e l'altra in direzione Nord per poi essere deviata dal
M.Somma in direzione Ovest. Imbò osservò anche debole attività esplosiva
stromboliana. Il 19 marzo l'attività esplosiva ed effusiva si fecero più
intense e la lava, con velocità variabile da 50 a 300 m/h iniziò ad avvicinarsi
alle cittadine di S.Sebastiano e Massa, sul versante occidentale del vulcano.
Nelle prime ore del 21 marzo le cittadine furono invase dalla lava.
Tempestivamente le truppe Alleate avevano organizzato poco prima l'evacuazione
di circa 7000 abitanti. Il 22 marzo le due colate si arrestarono
rispettivamente a quota 350 m s.lm. per la colata di Sud Est e a quota 140 m
s.l.m. per la colata che aveva invaso S. Sebastiano.
Fase
2 - Fase delle fontane di lava
Intorno alle 17 del 21 marzo iniziò una nuova fase esplosiva
stromboliana con spettacolari fontane di lava. In tutto, da Imbò furono
registrate otto fontane di lava di durata variabile, l'ultima delle quali durò
ben 5 ore nella mattinata del 22 marzo. I prodotti associati a tale fase
esplosiva raggiunsero altezze di circa 4 Km e, trasportati dal vento per 15-20
Km verso Est, ricoprendo le cittadine comprese tra il Vesuvio e l'Agro
Nocerino-Sarnese.
Fase
3 - Fase delle esplosioni miste
Nel pomeriggio del 22
marzo le fontane di lava lasciarono il posto a esplosioni discrete con lanci di
bombe vulcaniche e con la formazione di una colonna eruttiva alta più di 5 Km.
Parziali collassi della colonna causarono piccoli flussi piroclastici che non
andarono oltre il Gran Cono. Si ebbero anche hot-havalaches ovvero franamenti
dal cratere di materiale incandescente lungo i pendii del vulcano. La
deposizione di cenere di colore scuro dalla colonna eruttiva continuò copiosa
fino al 23 marzo. Durante questa fase si ebbero 23 vittime a causa del collasso
di tetti per il peso della cenere.
Fase 4 - Fase sismo-esplosiva
Dalle 12 del 23 marzo l'esplosioni divennero meno frequenti e
l'attività passò ad intense esplosioni con emissione di cenere e piccole
colonne eruttive non più alte di 2 Km. Si registrò anche una intensa
attività sismica e piccoli flussi piroclastici sommitali. L'emissione di
cenere chiara che ebbe luogo il 24 marzo preannunciò le fasi finali
dell'attività eruttiva, imbiancando il Gran Cono come dopo una nevicata. Le
esplosioni gradualmente si ridussero fino a scomparire il giorno 29 marzo.
Il 7 aprile il cratere si presentò completamente ostruito dando
così inizio all'attuale periodo a condotto chiuso.
I paesi più danneggiati
dalla caduta del materiale piroclastico furono Terzigno, Pompei, Scafati,
Angri, Nocera, Poggiomarino e Cava. Un rapporto del Governo Militare Alleato
riferì di 21 morti nella sola giornata del 26, per il crollo dei tetti di
abitazioni in località non precisate. Gli abitanti di S. Sebastiano, di Massa e
di Cercola, circa 10.000 persone, furono costrette all’evacuazione. Napoli fu
favorita dalla direzione dei venti che allontanarono dalla città la nuvola di
cenere e lapilli. Alla fine dell'eruzione comparvero delle mofete, tipica
pericolosa coda delle eruzioni vulcaniche, e la loro emissione di anidride
carbonica dai pozzi e dal terreno proseguì fino alla fine dell'anno 1944.
Stratigrafia
Una successione completa
dei prodotti dell'eruzione del 1944 è esposta lungo il versante interno nord-orientale
del cratere. Essa poggia sulla sequenza di lave emesse nel periodo compreso tra
1914 e il 1944 che riempirono il cratere del 1906.
Alla base della sequenza
dell'eruzione del 1944 affiora un livello di lave di colore grigio-chiaro
emesse nelle prime fasi dell'eruzione dal cratere centrale. Queste lave,
attribuite alla Fase 1 descritta da Imbò, hanno fluito principalmente in
direzione N verso il M. Somma.
Sul livello basale di lave
poggia una sequenza debolmente stratificata di scorie saldate eruttate durante
la successiva fase delle fontane di lava. Nel corso di tale attività, in
concomitanza con il rapido accumulo di scorie sui versanti sommitali del cono e
l'intensa attività sismica, si verificarono frane e hot avalanches che hanno
mobilitato il deposito di scorie e hanno formato una superficie articolata
nella parte alta del deposito. Il deposito è ricoperto in discordanza da una
sequenza di livelli di lapilli scoriacei di colore chiaro e scuro e livelli di
ceneri grossolane e bombe. Tali depositi sono stati prodotti nella terza fase,
caratterizzata dalla formazione di una colonna eruttiva che ha raggiunto
altezze di 5 km. La parte sommitale della sequenza è costituita da
intercalazioni di lapilli rossastri e violacei, bombe e ceneri grossolane,
sovrastate da un livello cineritico di colore grigio chiaro, ricco in frammenti
litici, generati dalla fase finale dell'eruzione.
Le cronache storiche
dell'eruzione riportano un valore dell'altezza della colonna eruttiva di circa
5 km. Tuttavia tale valore è incompatibile con l'elevata dispersione areale
della cenere emessa che si è deposta anche a 400 Km di distanza. Verosimilmente
è sottostimato a causa della coltre di nuvole che limitava la visibilità del
plume eruttivo. Recenti studi, basati sulla modellazione della dispersione
delle ceneri emesse e dei venti in quota, suggeriscono un'altezza della colonna
eruttiva di circa 10 Km.
La composizione chimica dei prodotti eruttati nel 1944 suggerisce
che i magmi che hanno alimentato l'eruzione nelle quattro fasi erano simili dal
punto di vista geochimico e petrologico (Cubellis et al., 2010; Pappalardo et
al., 2014). Anche il passaggio alla fase parossisitica dell'eruzione non è
associato a cambiamenti composizionali rispetto al magma inizale. Il diagramma classificativo
TAS (Total Alkali Silica) indica una composiione compresa tra la Tefrite e la
Fono-tefrite.
L'evoluzione del magma che ha alimentato l'eruzione è passata
attraverso due fasi di cristallizzazione frazionata avvenute in diverse
condizioni di temperatura e pressione. La prima fase di cristallizzazione, ad
alta pressione, si è avuta a seguito del raffredamento del magma meno evoluto
in una camera magmatica crostale situata a profondità comprese tra i 16 e gli 8
Km. La seconda fase di cristallizzazione, a pressioni minori si è attuata a
profondità inferiori (circa 8 Km), probabilmente associabili alla risalita del
mgma nel condotto eruttivo.A cura di F. Sans
https://www.ov.ingv.it/index.php/storia-vesuvio/1944
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