Il 16 marzo è una data importante nella
storia del motociclismo perché ricorre l’anniversario della registrazione del primo brevetto di un
veicolo a due ruote precursore della motocicletta.
Il progetto infatti è attribuito
all’ingegnere parigino Louis
Guillaume Perraux che depositò il brevetto del primo “velocipede a vapore” il
16 marzo del 1869.
Tuttavia, questa “paternità” è condivisa e
contesa dagli Stati Uniti d’America, che attribuiscono l’invenzione della
motocicletta a Sylvester Roper, un abile ingegnere che ne produsse la prima
versione nel 1867. Il sellino fungeva da serbatoio per l’acqua, e la caldaia si
trovava fra le gambe del ciclista, al posto dei pedali
Per arrivare alla prima moto dotata di
motore a combustione bisogna aspettare un’altra decina d’anni, fino al progetto
depositato nel 1879 all’ufficio brevetti di Roma dall’ingegnere bergamasco
Giuseppe Murnigotti. Era una moto biposto, mossa da un propulsore 2T a
combustione gassosa che però rimase allo stato di prototipo.
La prima vera moto con motore a combustione
interna fu brevettata e poi prodotta nel 1885 in una piccola officina a
Canstatt (nelle vicinanze di Stoccarda) da due inventori tedeschi: Gottlieb
Daimler e Wilhelm Maybach.
Nel 1894 i primi esemplari funzionanti
vennero messi in vendita dalla Hildebrand & Wolfmüller e da quel momento si
assistette ad una continua evoluzione della motocicletta, grazie ad aziende di
tutto il mondo, sia in Europa che negli USA.
Qual è, dunque, la vera antesignana della
moto?
Il progetto di Perraux, per quanto evoluto,
non ebbe una finalizzazione, perché la sua creazione non possedeva la stabilità
necessaria per potere permettere di percorrere le strade; la “moto” di Roper,
invece, aveva tutte le caratteristiche per essere riconosciuta come la prima
motocicletta realmente funzionante. Il prototipo di Murnigotti per ragioni a
noi sconosciute non entrò mai in produzione ma fu certamente di ispirazione per
i due inventori tedeschi
Quindi? Tutto questo cosa ci insegna?
Che l’invenzione è il risultato di un
processo creativo collettivo e che gli inventori sono coloro i quali riescono
ad interpretare meglio di altri i mutamenti della realtà e ad anticiparli.
Vedono, come gli artisti, quello che altri ancora non vedono.
Secondo la Treccani : “la creatività s. f.
[der. di creativo]. – Virtù creativa, capacità di creare con l’intelletto, con
la fantasia. In psicologia, il termine è stato assunto a indicare un processo
di dinamica intellettuale che ha come fattori caratterizzanti: particolare
sensibilità ai problemi, capacità di produrre idee, originalità nell’ideare,
capacità di sintesi e di analisi, capacità di definire e strutturare in modo
nuovo le proprie esperienze e conoscenze.”
E perché parlarne proprio oggi?
Perché, attraverso il racconto delle storie
del nostro passato, ci riappropriamo di quel senso di comunità che definisce la
nostra identità e ci guida nelle nostre scelte future. È riconoscere che
all’interno di questa comunità anche il singolo conta, in quanto parte
integrante della narrazione collettiva, oggi come allora.
Nel 2020 ricorre il centenario della nascita
di Fabio Taglioni, noto progettista della storia generale e tecnica della
Ducati. Ingegnere meccanico, nell’arco della sua trentennale carriera è
ideatore di oltre mille progetti, tra cui l’adozione del sistema desmodromico
su un motore da motocicletta, il motore bicilindrico ad “L” e il telaio a
traliccio, vere e proprie pietre miliari della storia della Ducati e del
motociclismo.
Taglioni era un uomo dotato indubbiamente di grande talento
creativo che unito a tenacia e caparbietà (tratti caratteriali tipici della sua
terra di origine – Lugo di Romagna) gli ha consentito di affrontare e vincere
sfide importanti.
All’inizio della sua carriera, grazie
all’appoggio incondizionato del Dott. Montano, per salvare le sorti di una
azienda destinata al fallimento Taglioni progettò e sviluppò la Ducati Gran
Sport 100 “Marianna”, regina incontrastata delle gran fondo dell’epoca.
Nel febbraio del 1970, in un ristorante di
Bologna due alti dirigenti dell’azienda discussero con Fabio Taglioni i nuovi programmi e lo sfidano a creare una moto
capace di battersi ad armi pari su strada e in pista con le giapponesi.
Taglioni estrasse una penna dal taschino
della giacca e su un tovagliolo di carta traccia i contorni di un motore
bicilindrico a “L” longitudinale di 90°, quello avveniristico disegnato quasi
10 anni prima per l’Apollo. Qualche giorno dopo, lo schizzo diventa un disegno
al tecnigrafo che nel 1971 dà vita alla 750 GT, la prima Ducati bicilindrica di
serie.
Infine, quel carattere caparbio e risoluto
tipico della sua terra gli consentì nel 1978, proprio mentre l’azienda vive una
profonda crisi di identità, di proporre una nuova moto, la Pantah 500, che nel
telaio a traliccio e nel motore rompe nuovamente con la sua precedente
tradizione progettuale.
Quando, nel 1985, Fabio Taglioni ormai
anziano lascia, l’azienda ha ormai raggiunto un posto nell’olimpo della storia
motociclistica : innumerevoli vittorie nelle gare di gran fondo italiane, i
record di velocità del Siluro, l’incredibile affidabilità della 175 T al giro
del mondo del 1957, un titolo mondiale nella classe 125 sfiorato nel 1958,
svariati titoli italiani nelle classi 100 e 125, 12 vittorie alla 24 Horas de
Montjuic tra il 1955 ed il 1986, la 200 Miglia di Imola del 1972, la Battle of
the Twins nel 1977 e 1986, il Tourist Trophy nel 1978, i titoli mondiali ed
italiani con la TT2 tra il 1981 ed il 1984.
Le generazioni che seguiranno sapranno far
tesoro dei suoi insegnamenti, ma questa è un’altra storia. Quello che a noi
resta oggi è soprattutto una grande esempio di creatività e tenacia che, unita
a umanità e senso civico, possono essere la strada per uscire da questo periodo
difficile con una consapevolezza in più: quella di far parte di una grande
storia.
https://www.ducati.com/it/it/heritage/anniversario-registrazione-primo-brevetto-di-un-veicolo-a-due-ruote-precursore-della-motocicletta
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