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celluloide
Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico
giapponese, Akira Kurosawa nasce nella periferia di Tokyo il giorno 23 marzo
1910. Ultimo di sei figli, deve gran parte della sua formazione al fratello
Heigo, intellettuale e appassionato di cinema (che morirà nel 1932); grazie a
lui si appassiona a Shakespeare ed
ai grandi classici della letteratura russa, intraprendendo la carriera di
"benshi", commentatore di film musicali. Grazie a questa attività ha
modo di conoscere, fra il 1920 ed il 1928, gran parte delle pellicole dei
registi del tempo. Terminata la scuola superiore, Akira studia pittura entrando
a far parte della "Lega degli artisti proletari", ma si fa poi
assumere come aiuto regista dagli studi P.C.L. e in seguito dalla casa di
produzione Toho.
Nel 1936 viene ingaggiato da una casa di produzione
cinematografica come sceneggiatore e assistente regista. Lavora soprattutto con
il regista Kajiro Yamamoto e nel mentre scrive sceneggiature non accreditate
fino a quando non appare nei credits di "Uma" (Il cavallo, 1940),
diretto dallo stesso Yamamoto. In seguito alla collaborazione con Yamamoto, nel
1943, passa alla regia e dirige il suo primo film "Sugata Sanshiro"
(La leggenda dello judo), la storia delle gesta agonistiche di uno dei primi
campioni dello sport nipponico per eccellenza: l'opera appare prematura, che
però rivela subito una notevole conoscenza del mezzo e una decisa originalità
stilistica.
La titolarità espressiva di Kurosawa appare già del
tutto consolidata con il film successivo, "Ichiban Utsukushiku" (Il
più dolce, 1944), storia di operaie in una fabbrica di materiale bellico, che
mette in campo l'interesse del giovane regista per il rapporto sociale e per le
condizioni di vita delle classi subalterne.
L'orrore della Guerra mondiale, nonostante non sia
sperimentata personalmente, gli suggerisce "Tora no o wo fumu otokatachi
" (Coloro che pestarono la coda della tigre,
1945). Con "Asu o tsukuruku hitohito" (Coloro che fanno il domani,
1946), viene esaltata la sua visione radicalmente democratica, evidenziata
ancor più in "Waga seishunni kunashi" (Non rimpiango la mia gioventù,
1946), in cui un professore universitario si batte contro una burocrazia
autoritaria con l'aiuto dei suoi studenti.
Gira il film "Subarashiki nichiyobi"(Una
domenica meravigliosa, 1947) mentre è in corso lo sciopero di due anni contro
la casa di produzione Toho. Il film rivela un imprevisto cambio di registro,
con un approfondimento dello sguardo verso i temi dell'individuo. Akira
Kurosawa mette in rilievo i sogni di evasione di una giovane coppia di
innamorati indigenti circondati da un mondo di desolazione. Con il successivo
"L'angelo ubriaco" (1948), uno dei film più intensi e coinvolgenti di
tutto il primo cinema di Kurosawa, arriva l'esordio di Toshiro Mifune:
questo lavoro segna l'inizio di un sodalizio tra regista e attore che durerà
almeno un paio di decenni. Oltre a "L'angelo ubriaco" è con "Il
cane randagio (o selvatico)" (1949) che Kurosawa proclama il suo
inconfondibile stile. "Shibun" (Scandalo, 1950) è l'ennesima
pellicola con cui lavora al fianco di Mifune.
Con le pellicole fino a questo momento girate riesce a
conquistare una solida reputazione in patria. Le porte alla fama mondiale si
aprono con una serie di film consecutivi: "Rashomon" (con cui vince
nel 1951 il premio Oscar per il Miglior film straniero ed il Leone d'oro alla
Mostra di Venezia), un'opera di autorevole suggestione che si traduce
rapidamente in un simbolo incontrastato del cinema giapponese. Mifune vi
interpreta la figura di un malvivente che uccide un samurai e ne violenta la
moglie. La costruzione narrativa del film si basa sul contrasto delle versioni
opposte dei personaggi, ognuno dei quali, nel corso del processo cui viene
sottoposto il bandito,
racconta la propria "verità", mentre anche l'anima dell'ucciso viene
chiamata a dire la sua.
Il film "Vivere" (1952) tratta l'ultimo
"atto" della vita di un acido burocrate che, giunto alla soglia della
morte, sceglie di compiere l'unico atto di libertà autorizzando la costruzione
di un parco-giochi che in precedenza aveva sempre impedito. Il suo
indimenticabile capolavoro è "I sette samurai" (1954), considerato
una sorta di western nipponico: in realtà di western ha solo il saccheggio
operato da Hollywood sei anni dopo con il remake "I magnifici sette".
Con questo film Kurosawa vince il Leone d'argento alla Mostra di Venezia, e
ottiene la fama internazionale guadagnandosi il soprannome di Tenno
(Imperatore). Il film circola in Occidente in una versione fortemente ridotta;
in patria viene criticato per le "eccessive concessioni al gusto
occidentale". In verità il cinema di Kurosawa contrasta frequentemente con
le basi della tradizione nazionale.
Kurosawa, ormai sorretto da grandi riconoscimenti
internazionali, per un certo tempo riesce a girare un film di seguito
all'altro.
Dopo questi grandi successi, fonda la "Kurosawa
Films Production" con la quale realizza pellicole come "I cattivi
dormono in pace" (1960), "Yojimbo" (1961) e "Sanjuro".
Comincia ad essere considerato il maggior regista giapponese e tra non molto
anche il resto del mondo lo consacrerà come un maestro. Cerca di far breccia
nell'olimpo hollywoodiano ma senza alcun risultato, così torna in Patria e con
altri tre registi amici (Kinoshita, Kobayashi e Ichikawa) fonda una piccola
casa di produzione indipendente, "I quattro cavalieri". In seguito
all'insuccesso di "Dodeskaden" (1970, trascurato dai produttori e
stroncato dalla critica), Kurosawa conosce un periodo di profonda crisi al
culmine del quale tenta anche il suicidio. Le sue sorti si riesumano con
"Dersu Uzala, il piccolo uomo della grande pianura" (1975),
realizzato in Unione Sovietica.
Nei primi anni Ottanta vince la Palma d'oro al Festival di Cannes con
il film "Kagemusha", realizzato in seguito al proficuo incontro
con George
Lucas e Francis
Ford Coppola.
Nel 1990, all'età di 80 anni, ottiene un
riconoscimento speciale, l'Oscar alla carriera. L'ultimo suo film,
"Madadayo - Il compleanno" (1993), appare quasi un résum al
tempo stesso freddo e lancinante della visione del mondo di Kurosawa che,
probabilmente, si identifica con il vecchio professore festeggiato dai suoi ex
allievi, il quale, alla domanda se sia pronto a lasciare la vita, risponde
"Non ancora".
Il maestro si spegne il 6 settembre 1998 a Setagaya,
quartiere di Tokio.
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