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mercoledì 1 luglio 2020

Lo Sapevate Che: Come il primo Walkman ha cambiato il mondo, 40 anni fa


Sony lo presentò nell'estate del 1979 per rifarsi dopo un brutto flop commerciale, cambiando per sempre il nostro rapporto con la musica (e la percezione del Giappone nel mondo)
È possibile non averne mai posseduto uno o non conoscerne l’esatto funzionamento, o considerarlo un pezzo di modernariato superato dalla storia, persino. Ma per le generazioni che ne hanno vissuto l’epopea pluridecennale, la parola Walkman non può non evocare almeno un ricordo.
Che sia uno stanco pomeriggio di metà estate, la pubblicità  in bianco e nero sull’ultimo numero di Topolino o l’ennesima replica di Ritorno al Futuro, quella scatoletta magica marchiata Sony ha segnato la storia di milioni di vite, contribuendo alla scrittura di una fetta enorme di cultura pop e alla costruzione di buona parte del nostro immaginario collettivo. E tutto ebbe inizio esattamente 40 anni fa.
Gli esordi
Il primo esemplare di Walkman fu lanciato sul mercato il 1 luglio 1979 e superò le più rosee aspettative dei suoi creatori. La casa di produzione giapponese veniva da un brutto flop di quattro anni prima, quello del Betamax, il sistema di videoregistrazione a nastro magnetico destinato a rivoluzionare la fruizione di contenuti audiovisivi, ma soppiantato dal vhs ancora prima di dimostrare le sue indiscutibili potenzialità. E ne aveva di potenzialità, il Betamax: era tecnicamente superiore al suo diretto concorrente – introdotto dalla Jvc – in tutto e per tutto, dalla qualità del supporto alla definizione dell’immagine. Ma aveva due piccoli problemi, che i manager a Tokyo non avevano visto per tempo: costava troppo e i nastri duravano troppo poco.
Per uno di quegli scherzi crudeli che la storia ama giocare persino ai suoi figli più inappuntabili, il Betamax iniziò la sua lenta corsa verso l’oblio (anche se l’abbandono definitivo della tecnologia avverrà addirittura soltanto nel 2002) e al Walkman toccò la non invidiabile sorte di dover riscattare l’investimento azzardato. Il primo lettore portatile di musicassette della storia, un Tps-l2 blu e argento realizzato a partire dallo scheletro di un vecchio mangianastri Pressman, fu così venduto al prezzo lancio di 39mila yen (circa 150 dollari americani) e sbarcò sui mercati internazionali con svariati nomi – tra cui i discutibili Soundabout negli Stati Uniti e Stowaway nel Regno Unito – tutti poi uniformati nel più iconico Walkman.
Come molte parole che utilizziamo nel linguaggio corrente, Walkman è infatti un marchio registrato, uno dei rari brand che hanno avuto una fortuna così invidiabile da essere penetrati a fondo nel sentire comune, meritandosi la gloria di sostantivi. La parola, entrata nell’Oxford Dictionary solo nel 1986, è un neologismo composto dal verbo anglofono walk (passeggiare) e man (uomo), una combinazione in grado di rendere al meglio la principale qualità del piccolo ritrovato nipponico: la libertà.
A partire dal 1 luglio 1979, infatti, si scoprì che a ogni uomo era data la prerogativa di trasformare la propria vita in un film, scegliendone la colonna sonora e personalizzandone il ritmo. Fino a quel momento l’unico strumento in grado di trasmettere musica all’esterno era la radio portatile, e l’arrivo del Walkman modificò in maniera irreversibile il modo di approcciarsi alla musica, ora non più calata dall’alto e selezionata da giudiziose emittenti, ma completamente libera. Una rivoluzione molto simile a quella apportata ai giorni nostri da Netflix nei confronti del palinsesto televisivo, se ci pensate.
Il successo
Nelle prime settimane le vendite procedettero a rilento, ma una strategia promozionale molto aggressiva e una buona campagna stampa fecero il miracolo, tanto che nei successivi due mesi il Walkman sfiorò la quota record di 50mila esemplari venduti.
Sony decise di non vendere un semplice prodotto, per quanto tecnologicamente all’avanguardia, ma, come si direbbe oggi, un’esperienza totalmente nuova. “Forse è così popolare perché nulla del genere è mai esistito prima” confidava un rivenditore al Washington Post nel 1981. Ed era vero: Sony aveva di fatto lanciato sul mercato una nuova attività umana, quella di mettere delle cuffie nelle orecchie e uscire a fare jogging; quella di poter ascoltare la musica rock lontano dalle lamentele dei parenti più conservatori; quella di rintanarsi in una dimensione tutta propria di ritmi graditi. Il Walkman era sulla bocca di tutti e a metà degli anni Ottanta era davvero difficile poterne fare a meno, anche se i detrattori non mancavano.
Con l’avvento del Sony Walkman stiamo smettendo di incontrare persone reali” dichiarava stizzito ai tempi del lancio il vicepresidente della Cbs Records, sempre al Washington Post. “È come una droga: indossi le cuffie e tagli fuori il resto del mondo”. È la maledizione di ogni grande salto tecnologico, quello di incontrare la resistenza di una parte società legata all’assetto precedente del mondo, ma sotto questo punto di vista il Walkman divenne ben presto il paradigma di un mondo in veloce trasformazione. Nel 1984 il sociologo Shuhei Hosokawa pubblicò una ricerca dal titolo The Walkman effect, in cui lo studioso evidenziava l’evoluzione cognitiva scatenata dall’utilizzo del lettore portatile, in grado di modificare l’ambiente urbano e le modalità di interazione tra singoli e gruppi nell’atto di ascoltare musica.
Nella cultura pop
Col tempo il Walkman è diventato una vera e propria icona pop e grazie alla sua versatilità è arrivando a permeare gran parte della cultura cinematografica degli anni Ottanta. Ai cameo sul grande schermo del lettore portatile sono dedicati diversi siti vecchi quasi quanto internet e tra le sue apparizioni più notevoli troviamo veri e propri cult del calibro di 9 settimane e 1/2TerminatorGhostbustersPretty WomanFootloose e il già citato Ritorno al Futuro, nell’indimenticabile scena iniziale sulle note di The Power of Love.
Insieme al Walkman, 40 anni fa la cultura di massa battezzava anche il mito del Giappone come produttore di tecnologia ad alta qualità e dimensioni ridotte, un culto vivo ancora oggi, seppur con la rinnovata concorrenza del gigante cinese. Gran parte del merito va a Sony, che avrebbe rivissuto fortune simili a quelle del Walkman solo nel 1994, con la PlayStation, e che deciderà di mandare in pensione il suo prodotto di punta solo nel 2010, molti anni dopo il definitivo superamento delle musicassette e alle soglie del boom dello streaming musicale.
Quello del Walkman è il primo degli anniversari dedicati alle tecnologie che hanno rivoluzionato il nostro modo di percepire l’intrattenimento, che per un altro strano scherzo della storia hanno visto la luce sempre e soltanto nel nono anno dei rispettivi decenni: la creatura marchiata Sony ha infatti preceduto di dieci anni esatti il Nintendo Game Boy e di venti il lancio di Napster.  Simona Fontana      https://www.wired.it/gadget/audio-e-tv/2019/06/04/walkman-40-anni-storia/

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