Lo statista Giovanni Giolitti nasce a
Mondovì, nella provincia Cuneese, il giorno 27 ottobre 1842. È figlio di un
cancellerie del tribunale e di una nobildonna di origini francesi. Il padre
Giovenale muore a causa di una malattia respiratoria mentre lui è ancora in
fasce. La madre Enrichetta prende la decisione di tornare dai propri famigliari
a Torino.
Durante l'infanzia il piccolo Giovanni,
o "Gioanin" come viene affettuosamente appellato in famiglia, è
attorniato dalle attenzioni dei quattro fratelli celibi delle madre, tra cui un
medico e un ex-deputato.
Compie i propri studi all'attuale
Liceo Gioberti di
Torino, che per Lui è l'istituto San
Francesco. Nel 1961 all'università di Torino, a diciannove anni,
ottiene una laurea in giurisprudenza.
Grazie all'intervento dello zio
ex-deputato che è amico di un collaboratore di Cavour,
inizia l'interesse per la politica.
Conosce personalmente il
"Conte", anche se esso in un primo momento non riesce a coinvolgerlo
appieno nella "questione risorgimentale", siamo infatti nel 1859 e
molti coetanei di Giovanni si arruolano per combattere la seconda guerra
d'indipendenza.
Nel 1862 ha inizio la carriera politica
vera e propria di Giovanni Giolitti; dal Ministero di Grazia e Giustizia passa
alle Finanze nel 1869. Qui coadiuva e aiuta i ministri, tra cui Quintino Sella,
a pareggiare i malmessi bilanci dello Stato. Raggiunge la posizione di
caposezione, fino al 1877, anno in cui è scelto per la Corte dei Conti.
Nell'anno 1882 avvengono due fatti
importanti che ne segnano definitivamente la carriera. Viene nominato al
Consiglio di Stato, organo supremo di consultazione Giuridico-Amministativa, e
viene eletto, alla sua prima candidatura al ruolo di deputato.
Nel corso del 1886 ingaggia, una dura
bagarre con il governo di Agostino
Depretis, in relazione alla politica degli investimenti dello stato.
Diventa, nel 1889, ministro del Tesoro
ed anche delle Finanze; questi incarichi gli sono affidati nel corso del
secondo governo guidato da Francesco
Crispi, con il quale va in disaccordo nel 1890, a causa della
politica coloniale. Si dimette da entrambe gli incarichi.
Nel 1892 cade il governo del Marchese
Antonio Starabba di Rudinì, e il Sovrano Umberto
I gli assegna la carica per formare il primo dei cinque governi
da lui guidati.
Già il 15 dicembre 1893 il primo governo
di Giovanni Giolitti è in crisi e cade. Le cause sono le proteste dei più
abbienti per la sua politica lassista a favore delle classi meno agite, il
crack della Banca Romana e il ventilato progetto di introdurre nuove imposte
che gravano sui più benestanti.
Del 1893 al 1901 è all'opposizione. Il
15 febbraio 1901 Giolitti è uno dei maggiori fautori della caduta del governo
dell'avvocato Giuseppe Saracco, che è caratterizzato da una politica di
repressione come tutti gli altri governi dopo il suo. Dall'anno 1901 al 1903
ricopre la carica di Ministro degli interni del Governo dell'ormai anziano
Giuseppe Zanardelli, di cui è uno dei più validi collaboratori e
"suggeritori".
Nel novembre del 1903, e più
precisamente il giorno 3, è di nuovo a capo del Governo: Giolitti addotta una
politica di coesione delle sinistre, cerca la collaborazione del
Socialista Filippo Turati e
reprime le ventate reazionarie accettando anche la collaborazione dei
costituendi organi sindacali, e talvolta giustifica gli scioperi;
sostanzialmente adotta la tattica del dialogo con le controparti.
Nonostante i conservatori lo tacciano
come un rivoluzionario, nel corso del suo governo sono varate importanti leggi
di tutela per i lavoratori; il 22 aprile del 1905 nascono le Ferrovie dello
Stato e vengono varate grandi opere pubbliche.
Dopo piccole cadute di governo e cambi
di rotta, dovuti a rimpasti politici di scarsa entità, il giorno 29 maggio
1906, Giovanni Giolitti riceve l'incarico di formare il suo terzo governo.
Grazie a manovre di consolidamento finanziario durante questa legislatura viene
sanato e arricchito il bilancio pubblico, si completa l'opera di
nazionalizzazione delle FS e si gettano le basi per statalizzare le
assicurazioni. Vengono inoltre date alla luce nuove importanti leggi per il
lavoro minorile e per la condizione sociale della popolazione lavoratrice
femminile. Vengono promulgate leggi speciali a tutela di un mezzogiorno che è
colpito nel 1808 da un grave terremoto in terra siciliana, per il quale il
governo di Giolitti e lo Stato si fanno carico in maniera del tutto
eccezionale.
Alle elezioni del 1909, Giovanni
Giolitti è sempre vincitore ma per un vizio di forma preferisce rimanere ai
margini dell'azione. Comunque si succedono a lui alcuni dei suoi fedelissimi,
tra cui Luigi Luzzatti e Sidney Sonnino.
È durante queste Legislature che sia il Governo che direttamente Giolitti si
esprimono a favore dell'idea del suffragio universale, che però è poi a
vantaggio dei partiti di massa, tra i quali il partito fascista che ne
favorisce maggiormente, travisando l'iniziale idea di giolittiana impronta.
Il 30 marzo 1911 lo statista ha
l'incarico di formare il suo quarto governo. Nasce l'INA e il progetto del
suffragio universale è portato a termine. Nel settembre del 1911, forse per
accontentare l'opposizione, il Governo dell'Italia intraprende una nuova guerra
coloniale in Libia. Grazie a questa manovra, e forse ad altre riguardanti
l'introduzione di un'indennità per i deputati, svanisce definitivamente l'idea
di una collaborazione con i Socialisti che ora hanno un nuovo leader: Benito
Mussolini.
Nell'ottobre 1913, riaperte le urne
elettorali, si constata un evidente calo della maggioranza Giolittiana. Dopo
alcuni insuccessi legislativi il 21 marzo 1914 Giovanni Giolitti è costretto a
dimettersi. Dal punto di vista storico termina quel periodo definito come
"età giolittiana",
che va dal 1901 al 1914.
Allo scoppio
del primo conflitto mondiale, lo statista non è al governo, fa
comunque di tutto per influenzarlo. Esso deve mantenere una posizione neutrale
rispetto alle posizioni aggressive degli altri membri della triplice alleanza.
Il governo si divide tra interventisti e neutralisti, e grazie ad una serie di
accorgimenti politici "Giolittiani" il giorno il 24 maggio dello stesso
anno, lo Stato Italiano è in guerra contro l'Austria che è in teoria suo
alleato. Giolitti è indicato come traditore del pensiero nazionale da parte
dell'opposizione.
Il giorno 15 giugno 1920 lo statista
inizia quello che è riconosciuto come il suo quinto governo. La politica
adottata nei confronti delle agitazioni sociali è la medesima di quella dei
governi precedenti. La forte crisi post-bellica crea nuovi contrasti tra le
varie classi sociali; emergono i fascisti di Benito
Mussolini. La questione della liberazione della città di Fiume che è
emersa durante il primo conflitto mondiale si chiude definitivamente. Alcuni
emendamenti Giolittiani deteriorano indissolubilmente i rapporti tra lo
Statista e la monarchia.
Il 4 luglio 1921 è la data dell'ultimo
giorno di Giolitti come capo del Governo Italiano. Si ritira in quel di Cavour, cittadina in provincia di Torino,
durante l'ascesa del fascismo. Molti dei suoi fedelissimi lo rivogliono a Roma
per difendere le idee liberarli da lui instaurate.
A partire del 1925, grazie anche alla
"scomparsa" di Giacomo Matteotti del 10 giugno 1924,
esce progressivamente dalla vita politica schierandosi comunque contro il
neo-governo fascista.
Giovanni Giolitti muore nella sua casa
di Cavour nella notte del giorno 17 luglio
1928, all'età di 86 anni.
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