È scomparso, a 90
anni, 70 dei quali dedicati al teatro, il più importante e famoso artista
italiano dei tempi moderni: "Con Franca abbiamo vissuto tre volte più
degli altri"
La notizia è arrivata in mattinata: Dario Fo è morto all'ospedale
Sacco di Milano, dove era ricoverato da alcuni giorni per problemi respiratori.
Aveva 90 anni. Personalità incontenibile, artista poliedrico, 'giullare' della
cultura italiana - amava definirsi lui - Fo era stato attivo fino all'ultimo.
Il 20 settembre scorso aveva presentato a Milano il suo ultimo libro, Darwin, dedicato al padre dell'evoluzionismo. In estate, nel Palazzo del
Turismo a Cesenatico, il rifugio creativo di Fo e della moglie Franca Rame,
aveva esposto dipinti, opere grafiche, bassorilievi, sculture e pupazzi creati
dall'artista e accompagnati da testi collegati al suo ultimo libro Darwin.
Negli ultimi tempi era diventato impaziente di fare,
scrivere, parlare, dipingere. Si ubriacava di impegni, lavorava fino a
stordirsi, come volesse bruciare il tempo. Dario Fo ha lasciato la vita con
l'energia e la carica con cui l'ha vissuta. "Se mi dovesse capitare
qualcosa, dite che ho fatto di tutto per campare", scherzava fino
all'ultimo. Aveva 90 anni, a 71 era stato insignito del Premio Nobel, e
70 li aveva passati nel teatro che ha dominato da re, reinventando la satira,
la comicità con oltre cento commedie, racconti, romanzi biografici, saggi, e da
attore, scrittore, autore di canzoni, ma anche pittore, regista, scenografo,
saggista, politico: un talento rinascimentale che ha fatto di Dario Fo il più
grande e famoso artista italiano dei tempi moderni. "Con Franca abbiamo vissuto tre
volte più degli altri", diceva ripercorrendo
una vita straordinaria celebre in ogni parte del pianeta.
Dario Fo: "I miei 90 anni di scellerataggine. Che gioia ridere del
potere con Franca"
Eppure tutto era partito da
un luogo minuscolo, Sangiano, dove era nato il 24 marzo del 1926, "il
paese delle meraviglie", diceva. Effettivamente, insieme a Primo Tronzano
e Porto Valtravaglia, dove si era trasferito con la mamma Pina e il papà
Felice, capostazione, è uno spicchio di Lombardia, tra il lago Maggiore e la
Svizzera, alquanto particolare, dove la cultura popolare ha le forme del
teatro. "Giravano contrabbandieri e pescatori, più o meno di frodo - ha
raccontato Fo in Il
paese dei mezaràt (Feltrinelli), l'autobiografia dei primi
sette anni di vita -.
Due mestieri per i quali occorre molta fantasia. È a
loro che devo la mia vita dopo: riempivano la testa di noi ragazzi di storie,
cronaca locale frammista a favole. Da grande ho rubato a man bassa". Anche
il grammelot, la lingua inventata di Mistero buffo e
altri suoi testi, che ha segnato la nostra storia culturale, viene da lì,
dall'incrocio di dialetti locali, neologismi e lingue straniere. Un
apprendistato che mette in pratica invadendo di racconti il Bar Giamaica, a
Milano, quartiere Brera quando, studente dell'Accademia delle Belle Arti e del
Politecnico, conosce i pittori Morlotti, Treccani, Crippa, Trevisani,
Peverelli, Cavaliere, Emilio Tadini.
Addio a Dario Fo, da pulcinella innamorato all'accento inglese: i suoi
grammelot
Gli anni Cinquanta contano molto per Fo.
Lasciata architettura ("prestare il fianco alle speculazioni edilizie non
era per me"), nel '51 si propone all'attore Franco Parenti con piccoli
monologhi surreali per la radio. Molti di quei pezzi, memori dei fabulatori di
Porto Valtravaglia, entrano nel '52 nella raccolta Poer nano,
successo radiofonico e l'anno dopo nella farsa Il dito nell'occhio, gran
debutto teatrale nientemeno che al Piccolo di Milano sempre con Parenti e
Giustino Durano,un testo che rompe le convenzioni della rivista e fa satira di
costume. Intanto la sua formazione teatrale prosegue con qualche spettacolo di
strada e nei varietà delle Sorelle Nava.
Con loro recita anche Franca Rame, figlia di una famiglia di teatranti girovaghi, bellissima, bionda, alta. "Aveva fuori dal teatro le macchine di ricconi che l'aspettavano. Io non ero nessuno, ero uno spilungone tutto orecchie, intimidito dalla sua bellezza e dunque casto. Allora un giorno lei mi prese dalle spalle, mi mise contro un muro e mi baciò. Lì iniziò tutto". Si sposano nel '54, l'anno di Sani da legare, seconda commedia di Fo, sull'Italia dei conflitti politici, e insieme vanno a Roma, dove nel '55 nasce il figlio Jacopo, per tentare la strada del cinema: ma Lo svitato di Carlo Lizzani resterà l'unico suo film, più alcune sceneggiature, tra cui Rosso e nero, Souvenir d'Italie, Rascel fifì.
Con loro recita anche Franca Rame, figlia di una famiglia di teatranti girovaghi, bellissima, bionda, alta. "Aveva fuori dal teatro le macchine di ricconi che l'aspettavano. Io non ero nessuno, ero uno spilungone tutto orecchie, intimidito dalla sua bellezza e dunque casto. Allora un giorno lei mi prese dalle spalle, mi mise contro un muro e mi baciò. Lì iniziò tutto". Si sposano nel '54, l'anno di Sani da legare, seconda commedia di Fo, sull'Italia dei conflitti politici, e insieme vanno a Roma, dove nel '55 nasce il figlio Jacopo, per tentare la strada del cinema: ma Lo svitato di Carlo Lizzani resterà l'unico suo film, più alcune sceneggiature, tra cui Rosso e nero, Souvenir d'Italie, Rascel fifì.
Istituto Luce - Dario Fo e la rivista: "Un dito
nell'occhio" (1954)
È Franca a spingere per il ritorno al teatro
e a Milano dove nel '60 nasce la compagnia Fo-Rame: dalle farse (Ladri,
manichini e donne nude), Dario-autore passa alle commedie satiriche
ispirate alla tradizione dei comici dell'Arte: Gli arcangeli non
giocano a flipper (1959), Chi ruba un piede è fortunato in
amore (1961), Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963),
tutte campioni di incassi, anche perchè il Dario-attore si rivela un talento.
"In realtà ero un parvenu, senza diplomi. Franca è stata la mia maestra
che mi ha tolto gli impacci, la convenzione, le paure". Inventa una
maschera, quella dello svitato, del clown che sarà protagonista anche dei
lavori successivi. È grazie a questi successi che la Rai 'democristiana' di
Ettore Bernabei, nel '62 affida alla coppia di artisti Canzonissima,
lo show del sabato sera abbinato alla lotteria che incolla l'Italia alla tv.
Dario e Franca presentano sketch a sfondo sociale, sul malaffare e le morti
bianche. I burocrati Rai reagiscono e chiedono il controllo dei testi prima
della messa in onda. Dopo sette puntate Fo-Rame sbattono la porta. Il clamore è
enorme, ma la Rai calerà su di loro la saracinesca per 15 anni, una censura
inaudita. Ricompariranno in tv nel '77 con Il teatro di Dario Fo, registrazioni
degli spettacoli ormai applauditi in tutto il mondo (nell'89, poi, Fo venne
perfino chiamato nella produzione internazionale I promessi sposi nel
ruolo dell'Azzeccagarbugli).
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Tornando a quel '62, la strada è segnata.
Dario Fo e Franca Rame non abbandoneranno più il teatro e l'impegno politico.
Nascono Settimo: ruba un po' meno (1964), La colpa è
sempre del diavolo (1965); dallo studio dei canti popolari
tradizionali, il disco Ci ragiono e canto del 1966, e nel
'69 Ci ragiono e canto 2 con Ho visto un re,
scritta con l'amico Enzo Jannacci. “In quegli anni Franca e io capivamo che con
le nostre commedie finivamo però per fare da alka seltzer ai borghesi, ridevano
di loro stessi e si lavavano le coscienze. Decidemmo allora di andare fuori dai
circuiti ufficiali, volevamo un altro pubblico. Era la fine degli anni Sessanta
e c'era in giro una bell'aria di risveglio". Il '68 è l'addio ai teatri
borghesi per le sale Arci e le case del Popolo. Fonda il gruppo Nuova
Scena, poi nel '70 il Collettivo La Comune, con cui nel '74
occupa la Palazzina Liberty a Milano che diventerà un centro della
contro-informazione politica di quegli anni.
La pietra miliare, artisticamente
parlando, è Mistero Buffo, il cui primo abbozzo si vede nel '69 in
un teatro di La Spezia, che avrà diverse stesure (Dario recitava, Franca
trascriveva e correggeva), l'ultima nell'aprile 2016: monologo in grammelot,
dove Fo rielabora come non si è mai visto prima, fantasticamente, antiche
giullarate, testi popolari e vangeli apocrifi attirando le ire del Vaticano. È
un successo planetario. Intanto la contestazione e la stagione delle stragi, lo
convincono che il teatro deve essere specchio di quello che succede nel
paese: Morte accidentale di un anarchico (1970), Non
si paga, non si paga (1974), Pum, pum! chi è? la polizia! (1972), Il
Fanfani rapito (1975) cambiano di sera in sera sulla cronaca.
Fo rompe con il Pci, si avvicina alla
sinistra extraparlamentare, con Franca fonda “Soccorso Rosso” per sostenere
detenuti politici: Pietro Valpreda, poi gli ex di Lotta Continua, Adriano
Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi, accusati dell'omicidio
Calabresi dal pentito Leonardo Marino, oggetto di satira nel '98 in Marino
libero! Marino è innocente!. Sono anni 'pieni'. Di "casini, dolori,
violenze, sgomberi, bombe nei teatri, la casa incendiata, nessuno che voleva
più affittarcene a Milano, 40 processi. Noi mandavano sempre il copione per il
visto di censura, ma era la pantomina a farli arrabbiare. Capitava che mimando
un personaggio io lo trasformassi in un Andreotti. In una tournée raccoglievo
anche 260 denunce".
Nel '73 l'arresto di Fo a Sassari per
resistenza a pubblico ufficiale durante la replica di Guerra di popolo
in Cile fa clamore, ma ancora di più il rapimento e lo stupro a Franca
Rame per opera dei fascisti ma, come verrà fuori, con la connivenza di organi
dello Stato. L'orribile violenza non li zittisce. Per Fo si aprono anche le
porte della Scala che nel '78 produce tra mille polemiche il suo Histoire
du soldat da Stravinskij, prima di una lunga serie di regie liriche.
Piovono inviti dall'estero e ottiene la solidarietà di Arthur Miller e Martin
Scorsese quando nell'80 gli Usa gli negano il visto.
La celebrità mondiale culmina nel '97 col
Nobel per la Letteratura (già nel '75 era entrato nella lista), ma rinfocola
vecchie diatribe sul suo passato di repubblichino di Salò. “Non l'ho mai negato
– spiegherà -. Mi sono arruolato volontario per non destare sospetti
sull'attività antifascista di mio padre”. Dopo il '95, quando un ictus rischia
di renderlo cieco, Fo rallenta l'attività teatrale (ma pure realizza alcuni
cult: Lu santo jullare Francesco nel 1999, Ubu rois,
Ubu bas e L'Anomalo Bicefalo negli anni Duemila, sulle
vicende giudiziarie di Berlusconi) per quella letteraria e pittorica (le
biografie di artisti da Leonardo a Mantegna, romanzi come La figlia del
Papa, Un uomo bruciato vivo, fino agli ultimi Razza
di zingaro e Darwin), cui si intreccia l'impegno politico
diretto, di consigliere comunale a Milano nel 2006 e negli ultimi tempi il
sostegno ai 5 stelle.
Istituto Luce - Dario Fo e la rivista: "Un dito
nell'occhio" (1954)
Il 29 maggio 2013 segna il "più
grande dolore della mia vita. Franca Rame se n'è andata tra le mie
braccia". Al funerale, stringerà il cuore di una folla immensa, urlando un
disperato "Ciaooooo". Di Franca negli ultimi anni dirà che la
sentiva, sentiva la sua presenza e il suo aiuto. E a chi gli chiedeva se questo
era il segno di una sua conversione al soprannaturale, ironico e lucido
rispondeva: "Io credo nella logica. Ma una volta di là, spero di essere
sorpreso".
di ANNA BANDETTINI
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