Rimbaud il poeta vagabondo
Che
cosa andava cercando il poeta Rimbaud nei
suoi vagabondaggi?
Considerato
il poeta ‘maledetto’ per antonomasia, Arthur Rimbaud, nato il 20 ottobre 1854 a
Charleville-Mézières in Francia nei fatti fu soprattutto un poeta vagabondo. Fino
ai 21 anni, però. Perché dopo fu solo un vagabondo, di quelli in fuga da
tutto e sempre in cerca di qualcosa, che non si fermano mai, che non hanno casa
e forse non la vogliono neppure trovare da qualche parte.
Di
casa Rimbaud scappò per la prima volta all’età di soli 16 anni, lui che era
stato fino a quel momento uno studente modello. Prese il treno, giunse a Parigi e lì fu
arrestato perché non aveva con sé il biglietto giusto. Quella volta dovette
tornare a casa, ma la sua vita avventurosa doveva ancora cominciare.
Poco
dopo fuggì ancora, si mise in cammino verso il Belgio alla ricerca di un
giornale o una casa editrice a cui sottoporre gli articoli e le poesie che,
precocissimo, aveva iniziato a scrivere sin da bambino. Viaggiava in treno e a
piedi, in una fuga che durò finché la madre inviò una lettera al professore che
lo ospitava ingiungendogli di far tornare a casa il figlio. Ma trattenere
l’inquieto Rimbaud era impossibile. L’anno successivo, mentre la Prussia stava
invadendo la Francia, raggiunse nuovamente Parigi dove partecipò all’esperienza
della Comune dedicandovi
anche delle poesie.
Anche
a Parigi Rimbaud non poteva sottrarsi al richiamo delle fughe e dei
vagabondaggi. Si dice che vagasse per le strade della città cercando di
guadagnare qualche soldo vendendo portachiavi: ai giorni nostri gli avrebbero
dato del vu cumprà, ma anche all’epoca non era certo ben visto. Sosteneva che
il poeta dovesse essere un
veggente, rifiutava regole e convenzioni, voleva arrivare
all’ignoto attraverso ‘la sregolatezza di tutti i sensi’. All’epoca i poeti
parigini si ponevano nel solco del simbolismo di Baudelaire, cercavano nella
realtà quelle famose ‘corrispondenze’ che potevano rivelare l’essenza del mondo
e delle cose.
Ma
Rimbaud andava oltre. Lui le corrispondenze voleva inventarle, crearle da sé.
Così in una celebre poesia inventò il colore delle vocali: “A noir, E blanc, I
rouge, U vert, O bleu“. Insomma mise in pratica, ossia in poesia, quello che
tanti contemporanei teorizzavano, che ci fosse una corrispondenza segreta tra
vista e udito, tra suoni e colori. A Parigi conobbe Paul Verlaine, il
poeta con cui strinse per due anni una relazione d’amore tumultuosa e violenta,
che si concluse con la famosa ‘rivoltellata’ che
costò a Verlaine l’arresto.
Ma
poi Arthur Rimbaud si accorse che quello che cercava non era nella
poesia. Forse si trovava nell’esplorazione dei sensi, ma non si trovava nella
letteratura. Soprattutto, non si trovava in Europa. Il viaggio doveva continuare,
occorreva andare oltre, di nuovo. Fu così che scrisse il suo capolavoro, ‘Una stagione all’Inferno’,
ossia un addio alla letteratura e alla poesia. E poi partì. Aveva 21 anni e non
avrebbe più preso la penna in mano, se non per scrivere lettere alla sorella
dai posti esotici in cui vagabondando continuava a cercare la sua strada.
Dopo varie
peregrinazioni in Asia e Africa, si stabilì infine in Egitto. Divenne
commerciante e contrabbandiere, mentre in Europa le sue poesie iniziavano ad
avere successo e prendeva corpo la leggenda legata alla sua figura di ‘maudit’.
Lui però non aveva nessuna intenzione di ritornare a scrivere, né tantomeno di
ritornare in Francia. Cosa che invece alla fine fu costretto a fare, quando si
ammalò di un tumore al ginocchio. Rientrato in patria, tentarono di salvarlo
amputandogli una gamba: lui
il grande vagabondo non poteva più camminare. Ma fu inutile.
Il poeta
inquieto e maledetto che aveva inventato i colori delle vocali, l’uomo che
disgustato dalla civiltà europea cercava la sua strada in Oriente dovette porre
fine ai suoi vagabondaggi all’età di soli 37 anni.
Francesca
Radaelli - http://www.ildialogodimonza.it/rimbaud-il-poeta-vagabondo/
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