Se Il Pachinko Piace
All’Economia
E’ un flipper molto
diffuso in Giappone, dove il premier Abe vuole legalizzare il gioco d’azzardo.
Un settore da cui gli utilizzatori finali hanno solo da perdere: si fa cassa
sulla pelle degli elettori
Il pachinko è una sorta di flipper verticale. In Giappone
esistono sale giochi dove ci sono centinaia di macchine per giocare a pachinko,
una accanto all’altra, con altrettanti giocatori seduti ordinatamente,
silenziosi in un ambiente rumorosissimo. Spesso sono uomini in giacca e
cravatta a tentare la fortuna. Il gioco
consiste nell’inserire nel circuito sfere di metallo che, a seconda
dell’intensità della spinta, potranno andare perdute o, entrando nel foro
giusto, moltiplicarsi. Capita che il flipper si trasformi in una slot machine e
questo è forse l’unico momento di partecipazione emotiva del
giocatore/spettatore. E’ il momento della vincita vera.
Il Giocatore che ottiene altre sfere di metallo,
al termine della seduta di gioco, potrà cambiare la sua vincita in tessere di
plastica e non in denaro. Salvo poi trovare all’esterno delle sale pachinko dei
luoghi dove sarà possibile cambiare le tessere in denaro. Tutto avviene senza
che nessuno dia spiegazioni, senza parole di troppo. E l’ultimo cambio è affidato
a macchinette elettroniche, veri e propri distributori di denaro.
Il pachinko è un gioco che dice molto del Giappone. Pare
abbia preso piede immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale grazie alla
sua incredibile capacità ipnotica. Il giocatore deve infatti limitarsi a
regolare l’intensità della manovella da ruotare per dare impulso alle sfere di
metallo che vengono lanciate senza soluzione di continuità e attendere che
scendendo traccino i loro percorsi. Spesso ci si dimentica di tutto giocando a
pachinko, è quanto dice chiunque abbia provato. A metà del secolo scorso non si
vinceva denaro ma beni di consumo. Ci si dimenticava della tragedia e magari si
rimediava anche un pacchetto di sigarette. Il pachinko con il tempo diventa il
passatempo preferito dei giapponesi e dove ci sono enormi quantità di denaro da
gestire arriva la mafia a organizzare, investire, riciclare. E la politica a
sfruttare una debolezza per fini elettorali o magari per arricchimento
personale.
Ho visto per la prima volta una sala pachinko, e il suo funzionamento,
in “Tokyo-Ga” di Wim Wenders. Era il 1083 e la voce del regista, calma,
descriveva scene inaspettate. Un uomo sulla cinquantina, ben vestito, un
vistoso tic alla testa e la mano destra sulla manopola che si muoveva senza fermarsi.
Nella scena successiva provviste in scatola disponibili su scaffali poco
distanti dalle macchinette, per permettere ai giocatori di potersi rifocillare
senza dover abbandonare la sala. E poi migliaia di palline.
Wenders dice: “Questo gioco induce uno strano tipo di ipnosi
e un senso di benessere. Vincere non è importante, ma il tempo passa e perdi il
contatto con te e con la realtà. Per un po’ diventi, e forse dimentichi ciò che
avresti sempre voluto dimenticare”.
La descrizione di Wenders è desolante. Chi osserva può subire
il fascino di un mondo lontano, dove anche le sale giochi sembravano avere una
compostezza diversa. Il rumore delle palline, il fumo delle sigarette. Tutto
sembrava più serio, sembrava che davvero ci si dovesse ridurre davanti a quelle
macchine per dimenticare un trauma collettivo che altrimenti sarebbe rimasto
sempre lì, o dal frastuono, dalle luci abbaglianti, dal rumore assordante, dal
personale troppo premuroso di oggi. come goccia che scava. Diverso dal
frastuono, dalle luci abbaglianti, dal rumore assordante, dal personale troppo
premuroso di oggi. E le parole di Wenders hanno tutto un altro sapore rispetto
a quanto, lo scorso marzo, durante una seduta parlamentare, ha detto il primo
ministro giapponese Abe: “Vorrei che si facesse uno studio sugli effetti
positivi dei casinò”. Dire che i casinò servano a dimenticare è cosa diversa
dall’attribuire loro capacità benefiche sulla psiche di chi li frequenta. Abe
pare stia spingendo verso la legalizzazione del gioco d’azzardo per aiutare
l’economia giapponese.
Quello del gioco d’azzardo, in un momento di crisi economica
come questo, è un settore insidiosissimo da cui gli utilizzatori finali hanno
solo da perdere e poco, pochissimo, spesso nulla da guadagnare. Briciole fatte
di dipendenza. Di consumo inconsapevole.
Il Settore Del Gioco d’azzardo, per essere legalizzato,
deve necessariamente prevedere da parte dello Stato una programmazione delle
attività, deve definire le procedure di autorizzazione in modo che per le
organizzazioni criminali sia almeno difficile se non impossibile riuscire a
infiltrarsi. E sul piano della prevenzione e della cura, bisogna promuovere
campagne di informazione e di educazione al gioco responsabile. Perché non si
faccia cassa sulla pelle degli elettori.
Roberto Saviano – L’Espresso – 7 Novembre 2013
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