Vietato Indagare Sui
Veleni
Lo studio su Napoli è
un modello.
Mentre con i metodi
imposti dal governo i pericoli restano nascosti.
Il tecnico cha ha
svelato i mali dell’Ilva accusa : le leggi non bastano
Colloquio con Giorgio
Assennato di Giuliano Foschini
La domanda è: “perché non lo abbiamo fatto noi? E
soprattutto, sapete che con le attuali norme italiane quei risultati scandalosi
ai quali sono arrivati gli americani, noi non li avremmo mai saputi? Con le
nostre metodologie, quelle volute qualche mese fa dal governo Letta, tutto
sarebbe stato in ordine. Quando invece nulla lo è”. Giorgio Assennato,
ordinario di medicina del lavoro, è direttore generale dell’Arpa Puglia e
Presidente delle Assoarpa, l’Associazione di tutte le Agenzie regionali per
l’ambiente italiane. E’ quel “rompicoglioni”, testuale, che la famiglia Riva
voleva far fuori perché con le sue analisi per primo ha denunciato come l’Ilva
stava distruggendo Taranto. Accetta di parlare con “l’Espresso” di quanto
emerso nelle indagini degli americani sulla Campania: “Quando ho letto la
vostra inchiesta sono saltato sulla sedia. Quello studio effettuato da una
società di servizi americana per conto della US Navy è un paradigma nella valutazione
e gestione del rischio per la popolazione residente in siti inquinati. Quella
stima del rischio, l’integrazione di tre studi epidemiologici sulle famiglie
dei militari (su cancro, malformazioni congenite ed asma), l’indagine sulla
sicurezza alimentare, rappresentano un modello eccellente perché combina il
rigore di un’osservazione scientifica pianificata e controllata. Ora mi chiedo:
bravi gli americani? Ma l’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale, dov’è Peccato non abbia visto e partecipato”.
Che significa, dottor
Assennato?
“L’intero sistema nazionale di protezione ambientale che è in
attesa di una nuova normativa dalle Camere (da tre legislature si discute
stancamente il progetto di legge Realacci-Bratti) avrebbe trovato un elemento
operativo di grande crescita professionale in un’attività che finalmente
riuscisse a definire la sinergia ambiente-salute attraverso l’interazione delle
istituzioni ambientali con quelle sanitarie (Istituto Superiore di Sanità e
Dipartimenti di Prevenzione delle Asl). Noi come dg delle Arpa italiane siamo
stati convocati per discutere del caso Terra dei Fuochi e Campania, dopo le
rivelazioni de “l’Espresso”. Però dobbiamo avere il coraggio di dire che la
nostra legge non ci avrebbe permesso di scoprire quello che hanno fatto gli
americani. Questo è inaccettabile. E non
è un discorso astratto: guardate che sta succedendo a Taranto”.
Il governo dice che a
Taranto ha avviato un percorso virtuoso.
“E invece rischiamo un altro caso Napoli. Le procedure per la
valutazione di impatto sanitario sono alla base del paradosso del caso Taranto.
Nell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale, in pratica il certificato che
consente l’apertura dell’impianto) dell’Ilva vengono trascurati quasi del tutto
gli aspetti sanitari: nessuno dice cioè quanto fa male alla gente quello che
buttano nell’aria. Ed è lo stesso dirigente firmatario dell’Aia, con una
contraddizione formidabile, a scrivere che “ la riduzione della capacitò
produttiva dell’impianto, o la sua delocalizzazione anche scaglionata nel
tempo, appaiono al momento come le più efficaci misure di mitigazione del
rischio sanitario nell’area di Tamburi”. Cioè, dicono, vi autorizziamo a fare
una cosa però, per stare tranquilli, la gente del quartiere Tamburi dovrebbe
fare altro. Di fatto così hanno cancellato una norma regionale che utilizzava
le stesse metodologie usate nello studio dell’US Navy. E che prevedeva in caso
di sforamenti, immediate riduzioni delle emissioni inquinanti. E invece il
governo lo scorso agosto ha varato il decreto voluto dagli ex ministri Balduzzi
e Clini che rende inapplicabile la nostra legge per sapere se le nuove
prescrizioni sono efficaci per tutelare la salute. Ci viene proibito di stimare
il rischio cancerogeno come ha fatto UsNavy. A noi e a qualsiasi altra regione.
Per questo abbiamo impugnato il decreto al Tar”.
Come può cambiare la
situazione?
“E’ evidente che il problema è politico: penso che sia maturo
il tempo per il Parlamento di approvare il progetto di legge Realacci-Bratti
che, istituendo il sistema nazionale di protezione ambientale fondato sui
principi di terzietà, sussidiarietà, rispetto dei livelli essenziali di tutela
ambientale e finanziamenti adeguati, garantirà definitivamente i cittadini che
l’Arpa non è lo strumento che suona la musica gradita ai governatori delle
regioni (dei quali attualmente è mero ente strumentale) ma parte di un sistema
tecnico-scientifico capace di offrire prestazioni omogenee e qualitativamente
in tutta Italia. Non ci saranno sempre americani”.
Giuliano Foschini – L’Espresso – 28 Novembre 2013
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