E Già Son Due Anni Di
Larghe Intese…
Le grandi coalizioni
dovrebbero nascere intorno a un programma e per fare ciò che da soli sarebbe
impossibile.
Doveva essere così
anche in Italia, e invece è come se destra e sinistra stiano insieme per fare
poco o niente.
Ora serve una svolta
Tra pochi giorni, sabato 16 novembre, celebreremo – chi in
pompa magna, chi in preda a una certa inquietudine – due anni di larghe intese
e di vasti dissensi. Da ventiquattro mesi, insomma, stiamo percorrendo l’interminabile
tunnel dei governi atipici, dei gabinetti tecnici, dei passi indietro
(apparenti) dei partiti, delle Grosse Koalition all’amatriciana. Tutto è
cominciato con l’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Monti, fresco senatore a vita,
ed è continuato con il governo a tempo di Enrico Letta. Che in nome della
stabilità – definito dallo stesso premier proprio nel dibattito sulla fiducia
“valore in sé” – dura tuttora.
Quella ch doveva essere una soluzione a tempo, un ponte
gettato da Giorgio Napolitano per salvare avviare il Paese dal baratro
finanziario, avviare le riforme istituzionali (a cominciare da una nuova legge
elettorale) e favorire una deberlusconizzazione guidata e cece una lunga e
immobile condizione di status quo. Con preoccupanti parentesi di stagnante
palude.
La parola d’ordine della “durata del governo”, questione
dirimente al tempo dello spread, dovrebbe funzionare da stimolo, e invece
diventa alibi per lasciare le cose come stanno. Dalla decadenza di Berlusconi
allo stipendio di Fabio Fazio tutto viene valutato alla luce dell’aureo
principio del “se non si fa così, tutti a casa”. Anche la vicenda Cancellieri –
in cui si intrecciano amicizie, familismi e Italietta della raccomandazione –
non è stata vista nel merito (chi è stato aiutato e perché, se in base alla
legge o alle relazioni), ma solo come elemento destabilizzante delle larghe
intese. Così, prima che giudicata la ministra è stata blindata . Dalla grande
maggioranza.
Perfino L’Impegno
Fissato in agenda
dal capo dello Stato di superare il Porcellum – non si sciolgono le Camere finché
non c’è una nuova legge – rischia di diventare comodo alibi per non centrare
mai l’obiettivo. Parafrasando il famoso Comma 22, non si andrà a votare fino a
quando non ci sarà una riforma elettorale, ma la riforma non si fa perché
altrimenti subito dopo si andrebbe a votare…
Stabilità, dunque. E vabbè, di questi tempi possiamo anche
ripetercelo come un rassicurante mantra. Ma l’obiettivo finale non può essere
solo quello di durare. Nei paesi dove per necessità ci si adatta alle grandi
coalizioni, l’atto di nascita si sigla intorno a un programma nella speranza di
fare insieme ciò che soli non sarebbe possibile. Nel paese del bipartitismo
imperfetto le intese più o meno larghe sono organizzate a tavolino per ragioni
superiori, la prima delle quali è non prendere alcun provvedimento che possa
turbare equilibri, di qua o di là dello schieramento. In quanto al programma,
forse seguirà, come l’intendenza. E sennò chissenefrega.
Nel Frattempo Non C’E’
Dossier che sia
affrontato con un minimo di strategia: l’Imu – provvedimento chiave del governo
Monti con la riforma delle pensioni – è stato demagogicamente cancellato salvo
riproporlo sotto altro nome; Alitalia si è sciolta come la neve al sole e non
se ne conosce il destino; Telecom vive di memorie e potrebbe finire in mano
spagnola; si dà il benvenuto all’esperto di spending review numero quattro dopo
Enrico Bondi, Francesco Giavazzi e Giuliano Amato, desaparecidos senza venire a
capo di nulla; e perfino l’investimento per la banda larga, che costerebbe più
o meno quello che ha buttato via l’agenzia Frontex (“L’Espresso” n.44), è stato
rimesso nel cassetto.
Non possiamo più permettercelo. L’idea che possa trascorrere
così tutto il 2°14, anno di elezioni europee e di presidenza italiana del
Consiglio dell’Unione, e magari pure il 2015, anno dell’Expo – fa notare
rapidamente Massimo D’Alema – fa venire i brividi. Il Paese non ha bisogno solo
di stabilità e di legge di stabilità, fondamentale atto dovuto, ma di una svolta,
non solo in politica economica. Ciò che è incredibile è che non se ne rendano
conto gli stessi partiti, o ciò che ne resta. La loro miopia è tale da
scambiare per sopravvivenza un lento suicidio politico.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 14 Novembre 2013
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