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mercoledì 13 novembre 2013

Lo Sapevate Che: Questa Settimana...


E Già Son Due Anni Di Larghe Intese…

Le grandi coalizioni dovrebbero nascere intorno a un programma e per fare ciò che da soli sarebbe impossibile.
Doveva essere così anche in Italia, e invece è come se destra e sinistra stiano insieme per fare poco o niente.
Ora serve una svolta

Tra pochi giorni, sabato 16 novembre, celebreremo – chi in pompa magna, chi in preda a una certa inquietudine – due anni di larghe intese e di vasti dissensi. Da ventiquattro mesi, insomma, stiamo percorrendo l’interminabile tunnel dei governi atipici, dei gabinetti tecnici, dei passi indietro (apparenti) dei partiti, delle Grosse Koalition all’amatriciana. Tutto è cominciato con l’arrivo a Palazzo Chigi di Mario Monti, fresco senatore a vita, ed è continuato con il governo a tempo di Enrico Letta. Che in nome della stabilità – definito dallo stesso premier proprio nel dibattito sulla fiducia “valore in sé” – dura tuttora.
Quella ch doveva essere una soluzione a tempo, un ponte gettato da Giorgio Napolitano per salvare avviare il Paese dal baratro finanziario, avviare le riforme istituzionali (a cominciare da una nuova legge elettorale) e favorire una deberlusconizzazione guidata e cece una lunga e immobile condizione di status quo. Con preoccupanti parentesi di stagnante palude.
La parola d’ordine della “durata del governo”, questione dirimente al tempo dello spread, dovrebbe funzionare da stimolo, e invece diventa alibi per lasciare le cose come stanno. Dalla decadenza di Berlusconi allo stipendio di Fabio Fazio tutto viene valutato alla luce dell’aureo principio del “se non si fa così, tutti a casa”. Anche la vicenda Cancellieri – in cui si intrecciano amicizie, familismi e Italietta della raccomandazione – non è stata vista nel merito (chi è stato aiutato e perché, se in base alla legge o alle relazioni), ma solo come elemento destabilizzante delle larghe intese. Così, prima che giudicata la ministra è stata blindata . Dalla grande maggioranza.
Perfino L’Impegno Fissato in agenda dal capo dello Stato di superare il Porcellum – non si sciolgono le Camere finché non c’è una nuova legge – rischia di diventare comodo alibi per non centrare mai l’obiettivo. Parafrasando il famoso Comma 22, non si andrà a votare fino a quando non ci sarà una riforma elettorale, ma la riforma non si fa perché altrimenti subito dopo si andrebbe a votare…
Stabilità, dunque. E vabbè, di questi tempi possiamo anche ripetercelo come un rassicurante mantra. Ma l’obiettivo finale non può essere solo quello di durare. Nei paesi dove per necessità ci si adatta alle grandi coalizioni, l’atto di nascita si sigla intorno a un programma nella speranza di fare insieme ciò che soli non sarebbe possibile. Nel paese del bipartitismo imperfetto le intese più o meno larghe sono organizzate a tavolino per ragioni superiori, la prima delle quali è non prendere alcun provvedimento che possa turbare equilibri, di qua o di là dello schieramento. In quanto al programma, forse seguirà, come l’intendenza. E sennò chissenefrega.
Nel Frattempo Non C’E’ Dossier che sia affrontato con un minimo di strategia: l’Imu – provvedimento chiave del governo Monti con la riforma delle pensioni – è stato demagogicamente cancellato salvo riproporlo sotto altro nome; Alitalia si è sciolta come la neve al sole e non se ne conosce il destino; Telecom vive di memorie e potrebbe finire in mano spagnola; si dà il benvenuto all’esperto di spending review numero quattro dopo Enrico Bondi, Francesco Giavazzi e Giuliano Amato, desaparecidos senza venire a capo di nulla; e perfino l’investimento per la banda larga, che costerebbe più o meno quello che ha buttato via l’agenzia Frontex (“L’Espresso” n.44), è stato rimesso nel cassetto.
Non possiamo più permettercelo. L’idea che possa trascorrere così tutto il 2°14, anno di elezioni europee e di presidenza italiana del Consiglio dell’Unione, e magari pure il 2015, anno dell’Expo – fa notare rapidamente Massimo D’Alema – fa venire i brividi. Il Paese non ha bisogno solo di stabilità e di legge di stabilità, fondamentale atto dovuto, ma di una svolta, non solo in politica economica. Ciò che è incredibile è che non se ne rendano conto gli stessi partiti, o ciò che ne resta. La loro miopia è tale da scambiare per sopravvivenza un lento suicidio politico.
Twitter@bmanfellotto

Bruno Manfellotto – L’Espresso – 14 Novembre 2013

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