Solo L’Asse Latino
Potrà Salvarci
Senza un’iniziativa
politica di Francia, Italia e Spagna il
futuro governo tedesco non cambierà la sua linea di rigore, criticata anche
dalla Commissione Ue. Ed è essenziale agire ora.
Perché non sia troppo
tardi.
La Commissione europea
si è finalmente decisa a mettere sotto accusa la Germania per il suo accumulo
di surplus commerciali esorbitanti. Purtroppo, non è un bel vedere che
l’iniziativa arrivi seconda nel tempo dopo un’analoga denuncia da parte del
governo americano che ha apertamente imputato a quello di Berlino di perseguire
una strategia economica destabilizzante per i mercati internazionali. Il fatto
che a Bruxelles abbiano scelto di muoversi soltanto a rimorchio dell’attacco
partito da Washington ridimensiona alquanto le speranze che la Commissione
trovi anche il coraggio di emanciparsi dalla latente sudditanza politica di cui
soffre nei confronti della Germania e porti fino in fondo la conseguente
procedura d’infrazione contro Berlino.
Tanto più perché le prime repliche del governo tedesco a
queste accuse mostrano una pervicace volontà di proseguire sulla strada
intrapresa. Vero è che al momento sono in corso serrate trattative fra Cdu/Csu
e Spd per la formazione di un nuovo gabinetto. Merkel che i socialdemocratici
vorrebbero più orientato a una strategia economica di espansione della domanda
interna ed europea, ma le posizioni del partito della Cancellieri uscente ed
entrante non paiono granché discostarsi dalle rigidità del recente passato.
Ai Rilievi Sugli
Effetti negativi
generali provocati dai propri surali commerciali l’attuale ministro
dell’Economia ha replicato, in sostanza, invitando gli altri paesi a 'cadere in
una trappola dialettica clamorosa. Perché come gli ha fatto sarcasticamente
notare uno dei più autorevoli critici della politica tedesca, il premio Nobel
Paul Krugman, “l’idea di un mondo in cui tutti sono in forte attivo della
bilancia commerciale presenta qualche falla logica”.
Il problema cruciale, a questo punto, non è più tanto quello
di trovare argomenti per denunciare l’ottusità della linea economica che
Berlino impone all’Europa: ce ne sono ormai a iosa e il citato Krugman, per
esempio, ne offre di nuovi ogni settimana. Ciò che oggi occorre è un’azione
politica forte e congiunta delle altre tre maggiori economie dell’eurozona
(Francia, Italia e Spagna) mirata ad aprire un contenzioso politico formale con
la Germania, così incoraggiando anche la Commissione di Bruxelles a uscire dal
complesso di inferiorità che segna ogni sua iniziativa quando si tratti di
contrastare gli interessi di Berlino. Certo, non è impresa facile far muovere
all’unisono Parigi con Roma e Madrid: la tentazione soprattutto francese di
ricavare qualche regalia in più in un rapporto bilaterale con i tedeschi è
ancora radicata. Resta, però, il dato di fatto che soltanto una pressione a tre
– via Bruxelles – può avere qualche probabilità di successo nel far cambiare
rotta alla Germania.
In Proposito, almeno a prima vista, si può
riconoscere che il nostro presidente del Consiglio qualcosa fa o, meglio, dice.
Enrico Letta per proclamare che “di austerità si può anche morire”,
sopraggiungendo che sulla strada attuale del rigore “uber alles” le prossime
elezioni del parlamento europeo potrebbero portare a Strasburgo compatti
manipoli di partiti ferocemente contrari all’Unione europea. Giusto,
giustissimo, ma si tratta soltanto di belle parole. Quanto alle iniziative
politiche concrete per una svolta economica in Europa il nostro premier rinvia
al momento in cui l’Italia avrà la presidenza del consiglio europeo nel secondo
semestre dell’anno prossimo. E questo è sbagliato sbagliatissimo: si tratta di
agire “hic et nunc” come si diceva una volta.
Soprattutto perché – posto pure
che la guida italiana dell’Europa produca i cambiamenti attesi – gli effetti
economici delle novità comincerebbero a manifestarsi non prima del 2015 e si
dispiegherebbero in termini di vita sociale soltanto nel 2016. Troppo tardi sia
per rispondere al malessere di decine di milioni di europei sia per arginare la
montante marea populista contro l’euro e l’Unione.
Massimo Riva – L’Espresso – 28 Novembre 2013
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