La Retromarcia Della
Destra Tra La Nostalgia Del Passato
E Le Divisioni Del
Presente
“No, le primarie no!”,
urla con voce roca l’uomo in camicia nera a metà sala.
“No, le primarie no!”,
urla di nuovo a mo’ di mantra il militante della defunta ma ora resuscitante
Alleanza Nazionale. Francesco Storace si
ferma sorride, lo guarda, ci ripensa. Forse ha esagerato, per
il contesto ha osato troppo. Perché se è vero quel che prima di lui ha detto
Domenico Nania, vale a dire che la differenza tra destra e sinistra è che la
prima guarda indietro per trovare il futuro mentre la seconda guarda in avanti
verso un futuro che non arriverà mai, allora ha ragione il militante.
Indietro, le primarie a destra non ci sono mai state. Anzi.
Per essere rigorosi nella nostalgia dell’avvenire arrivando a scomodare
Pierangelo Bertoli (noi siamo con un piede nel passato e lo sguardo dritto e
aperto nel futuro, dice Nania), certi errori non andrebbero fatti, e il
militante lo sa. Quella che in un sabato di novembre si sta tentando, al netto
di fondazioni titolari di loghi e carte bollate, è l’ennesima marcia indietro
dichiarata di un pezzo di militanza politica che ha visto i propri dirigenti
sbagliare, sbagliando nell’assecondarli. Ora si torna insieme, tutti quanti a
fare la destra, quella senza il prefisso “centro” a moderarne l’ardore. La
destra esiste e deve riprendersi lo spazio occupato da Grillo, sostiene
Storace. E per quanto possa sembrare arduo e poco trascinante tentare il
ricompattamento delle truppe al seguito del carisma di Assunta Almirante, il
tentativo va in scena. A frequentare con più assiduità certi contesti ci si
accorge, con parziale sollievo, che solo a destra si riesce ad essere più
divisi che a sinistra, e mentre la matura platea di signore, signori e auto
sedicenti camerati scandisce commossa la parola che dovrebbe dare la direzione,
realizzo che quel popolo, a prescindere dalla fedeltà agli ideali o all’etica,
ha accettato di subire di tutto e farsi smorzare la fiamma dell’identità più
forte pur di farsi rappresentare, in ultima istanza da Silvio Berlusconi. Ma
ora è tutto dimenticato, tutto passato. Il ventennio berlusconiano, forse, si
dice qui dentro, parrebbe finito anche per loro. Loro che quando dicono “Alleanza
Nazionale” di fatto urlano Movimento Sociale Italiano, che fanno il saluto del
legionario mostrando luccicanti celtiche, che si aiutano con karaoke mandando
in loop l’inno nazionale e si fanno le foto con iPhone protetti dal tricolore.
Loro che comunque, oggi come un tempo, ci credono ancora, e che per
riorganizzarsi aprendo a un cambiamento, arrivano ad ipotizzare leadership
contendibile, evocando primarie. Pensare che si stesse meglio quando si stava
peggio, non stupisce più.
Diego Bianchi – Venerdì di Repubblica – 22 Novembre 2013
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