Perché Su Napoli Non Si
Può Tacere
L’inchiesta
dell’”Espresso” ha sollevato un mare di polemiche.
Che però non
smentiscono i dati pubblicati. Forse ora invece di attaccare chi dà le notizie
bisognerebbe parlare dei fatti.
E questi dicono che in
Italia è vietato cercare i veleni….
Come era prevedibile, l’inchiesta sulla Campania avvelenata
ha sollevato un mare di polemiche e fatto piovere in redazione decine di mail
di protesta o di sostegno. A chi mi ha scritto – molti ancora prima di leggere
il servizio – ho risposto personalmente , a tutti dal sito. Ma su due accuse è
utile tornare: l’ennesimo attacco riservato solo al sud, alla Campania, a
Napoli; una copertina “strillata”, allarmistica”.
La prima rimanda a una storia antica. Secoli di dominazione e
sfruttamento, di offese e malversazioni, di luoghi comuni e di orgoglio
umiliato rendono sempre assai difficile avvicinarsi ai problemi più profondi
del Mezzogiorno e di Napoli in particolare, specie quelli che ne mostrano il
volto meno solare e positivo. Nel 1877 in soccorso di Renato Fucini e del suo
“Napoli” a occhio nudo”, feroce reportage su quella parte della città affamata,
ammalata e stracciona, dovette accorrere don Benedetto Croce in persona; sette
anni dopo Matilde Serao pagò “Il ventre di Napoli” con un ostracismo della
città sottile ma implacabile; nel 1949 contro Curzio Malaparte, reo di aver
raccontato con “La pelle” il drammatico esito della guerra, furono organizzati
comitati di boicottaggio e stampati acidi pamphler; nel 1953 “Il mare non bagna
Napoli”, con le pesanti accuse al silenzio degli intellettuali, costrinse Anna
Maria Ortese a non mettere mai più piede a Napoli, città che amava
profondamente.
Perfino Il “Fujtevenne” , fuggire, lanciato ai giovani
napoletani da Eduardo De Filippo, perché cercassero altrove ciò che la città
non offriva, fu interpretato da molti come un’offesa e non per quello che era,
un appassionato grido di dolore, una sferzata a darsi da fare, cambiare. E
infine non devo certo ricordare ai lettori dell’Espresso” Roberto Saviano e
“Gomorra”, denunce che hanno inciso sulla sua vita personale e che lo hanno
costretto a restare per anni lontano dalla sua città, Perché rispetto ad altri
c’era l’aggravante delle origini, della napoletanità. Un tradimento.
La stessa accusa, si parva licet, è riservata ora a me per
quella copertina. Non è facile spiegare ciò che si prova quando si è costretti
a parlare della propria terra in questi termini. E dunque posso comprendere le
tante perplessità (un po’ meno gli insulti e le bugie), ma quella copertina è
volutamente provocatoria e durissima: perché se penso che la Campania è stata
trasformata in discarica a cielo aperto; che le confessioni di pentiti hanno
svelato una realtà che è ancora lì; che la Terra dei Fuochi continua a
bruciare, allora mi convinco sempre più che per riportare tutti alla tragica
realtà siano ormai necessari choc violenti.
Un Pugno Nello Stomaco, appunto. Tanto più necessari perché
la tragedia campana, creata da anni di interramento illegale, alimentato dalla
camorra, di rifiuti tossici provenienti soprattutto dal Nord, e testimoniato
puntualmente da inchieste dell’Espresso” almeno dal 2005 a oggi, è ormai
questione nazionale che chiama direttamente in causa il governo.
Insomma, sbagliato tacere. Perché dietro le accuse di
allarmismo si nasconde spesso la pericolosa tendenza a una nuova assuefazione,
utile a sopravvivere nelle difficoltà e fondata sulla negazione della realtà.
Ecco perché continuo a pensare che rischiare di sbagliare per eccesso sia
meglio che peccare per difetto di informazione: l’omertà fa presto a diventare
generale assoluzione. E dunque sorprende che anche in ambienti intellettuali e
avvertiti la rabbia sia indirizzata verso chi racconta la realtà e non verso
chi dovrebbe finalmente pulire, bonificare, risanare la rete idrica, e non lo
fa.
Così come sorprende che tra urla e insulti nessuno abbia
finora fornito una sola cifra ufficiale per confutare la US Navy, forse perché
oggi le competenze sono confusamente divise tra Asl, Arpa, Arin e Ministero
della Salute: non sarà ora che anche in Campania e a Napoli si proceda a un
monitoraggio serio, quotidiano, affidato a un unico soggetto pubblico
responsabile, come del reso avviene in tutti i paesi che abbiano a cuore
l’ambiente e la salute dei cittadini? E’ quello che chiede Giorgio Assennato
che non solo apprezza la nostra denuncia, ma fa un passo avanti: i metodi
americani sono quelli giusti da usare anche in Italia dove invece si fa di
tutto per impedire, addirittura vietare di cercare le sostanze velenose.
Perciò sorprende che non sia proprio il sindaco – che
all’”Espresso” chiede un miliardo di danni! – a farsi interprete di queste
esigenze, visto che i suoi poteri in materia di salute sono pochi, mentre alta
è la sua rappresentanza politica. Del resto, proprio tre giorni prima che
andassimo in edicola, così lo apostrofa Aurelio De Laurentis, patron del Napoli
calcio: “Caro Luigi, quale azione state mettendo in atto tu e il presidente
della Regione Caldoro sull’inquinamento dei suoli in Campania? Qui ci vuole una
class action. I napoletani e i politici permettevano che fossero sversate
quantità incredibili di materiale cancerogeno”.
E lo stesso De Magistris in piena campagna elettorale,
aprile 2011, diceva:”Su Napoli grava
un’emergenza ambientale, legata chiaramente anche alla cattiva gestione del
ciclo dei rifiuti, che è diventata ormai insostenibile. L’avvelenamento
dell’ambiente, infatti, è stato funzionale a interessi trasversali di politici
collusi, incapaci e “prenditori” di soldi pubblici, non certo di veri
imprenditori. E’ assurdo negare che non ci sia nesso di causalità tra la Terra
dei Fuochi, le discariche illegali, gli inceneritori e alcune patologie, anche
molto gravi, riscontrate nella popolazione”. Sembra di leggere “l’Espresso”.
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 28 Novembre 2013
Nessun commento:
Posta un commento