A Chi Fa Comodo Il
Supereuro
La forza della valuta
europea è conseguenza di politiche esterne o addirittura contrare ai nostri
interessi. Perché al gran ballo delle monete sono le banche centrali americana
e giapponese a dare il ritmo
Derisa e sbeffeggiata da fitte schiere di economisti la
moneta unica europea continua a volare alto. Si può, naturalmente, argomentare
che l’euro si apprezza non tanto per forza propria quanto per debolezza altrui,
segnatamente di dollaro e yen. E, in effetti, i suoi rialzi sui mercati dei
cambi sono in larga misura conseguenza delle politiche monetarie espansive
adottate prima dalla Federal Reserve e poi dalla Bank of Japon. Fatto sta che
le montagne di carta moneta stampate da Washington e Tokyo spingono molti
investitori a cercare in Europa un’alternativa ai propri impieghi per metterli
al riparo dalla svalutazione delle proprie valute che è e rimane per ora
l’obiettivo deliberato delle strategie
americana e giapponese.
E’ Una Vecchia Storia degli scambi economici questa.
Quando sui mercati si mettono in moto movimenti come quelli sopra accennati, le
scommesse tendono ad avverarsi. Se si vendono dollari e si comprano euro nella
presunzione che la valuta americana sia pilotata al ribasso, altro non si fa
che rendere ancora più probabile l’affermarsi di ciò che si prevedeva. Il punto di rottura di questo schema
interviene quando i governi che perseguono il deprezzamento della propria
moneta a fini di rilancio delle rispettive economie o raggiungono l’obiettivo o
si trovano dinanzi a fiammate
inflazionistiche di proporzioni allarmanti. In tal caso le politiche monetarie
possono avere cambiamenti graduali o anche repentini. Allo stato non sembra che
qualcosa del genere stia per accadere vuoi negli Usa vuoi in Giappone.
Ne E’ Significativa
Conferma il duro e
inusitato attacco ufficiale che Washington ha mosso contro il governo tedesco
imputandogli di destabilizzare l’economia mondiale attraverso l’accumulo di
surplus commerciali spropositati (la Germania oggi è leader planetario nelle
esportazioni) senza bilanciarli con una politica di rilancio della domanda
interna tale da riassorbire almeno in parte i disavanzi crescenti nei paesi che
comprano prodotti freschi. E’ un’accusa che rende palese lo scorno americano
per i magri frutti della propria strategia di indebolimento del dollaro e però
coglie anche nel segno denunciando l’ottusità più che l’egoismo della posizione
di Berlino. I cui effetti peggiori si manifestano all’interno della’area
dell’euro perché costringono a convivere con un cambio forte anche economie che
avrebbero bisogno di una moneta indebolita sia per esportare sia per finanziare
i propri debiti.
Ci Si Può Inoltrare in ulteriori cronache dei movimenti
in corso sui mercati dei cambi. Ma si rischia di contare le foglie degli alberi
perdendo di vista la dimensione e la natura del bosco. Se, invece, ci si sforza
di guardare la situazione con un
grandangolo, ci si accorge subito come oggi più che mai sia in atto quella
guerra delle monete di cui, però, tutte le fonti ufficiali negano l’esistenza.
Un atteggiamento spiegabile da parte di chi ha aperto le ostilità (gli Usa) e
di chi vi si è presto adeguato (il Giappone), ma che suona ipocrita e
pusillanime in Europa. Dove si sta facendo finta di non vedere il conflitto
monetario per non dover affrontare il nodo cruciale degli armamenti a
disposizione della Banca centrale europea per tenere il campo con qualche
speranza di successo.
Come I suoi Colleghi della Fed e della Bank pf Japon,
Mario Draghi può manovrare – e ogni tanto lo fa – lo strumento dei tassi
d’interesse ma, al contrario di costoro, non dispone di un’arma fondamentale,
quella della creazione di carta moneta, perché non solo la Germania ma anche
altri paesi di Eurolandia resistono all’idea di affidare alla Bce il ruolo e i
poteri connaturati all’effettivo esercizio della sovranità monetaria. Il
risultato è che il malcapitato Draghi si trova a muoversi in battaglia come un
generale che abbia a disposizione la fanteria leggera ma sia del tutto privo di
artiglieria pesante. Un compito impossibile che spiega fin troppo bene come mai
oggi il supereuro sia figlio di scelte contrarie o comunque esterne agli
interessi europei.
Massimo Riva – L’Espresso – 14 Novembre 2013
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