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venerdì 15 novembre 2013

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A Chi Fa Comodo Il Supereuro

La forza della valuta europea è conseguenza di politiche esterne o addirittura contrare ai nostri interessi. Perché al gran ballo delle monete sono le banche centrali americana e giapponese a dare il ritmo

Derisa e sbeffeggiata da fitte schiere di economisti la moneta unica europea continua a volare alto. Si può, naturalmente, argomentare che l’euro si apprezza non tanto per forza propria quanto per debolezza altrui, segnatamente di dollaro e yen. E, in effetti, i suoi rialzi sui mercati dei cambi sono in larga misura conseguenza delle politiche monetarie espansive adottate prima dalla Federal Reserve e poi dalla Bank of Japon. Fatto sta che le montagne di carta moneta stampate da Washington e Tokyo spingono molti investitori a cercare in Europa un’alternativa ai propri impieghi per metterli al riparo dalla svalutazione delle proprie valute che è e rimane per ora l’obiettivo deliberato delle  strategie americana e giapponese.
E’ Una Vecchia Storia degli scambi economici questa. Quando sui mercati si mettono in moto movimenti come quelli sopra accennati, le scommesse tendono ad avverarsi. Se si vendono dollari e si comprano euro nella presunzione che la valuta americana sia pilotata al ribasso, altro non si fa che rendere ancora più probabile l’affermarsi di ciò che si prevedeva.  Il punto di rottura di questo schema interviene quando i governi che perseguono il deprezzamento della propria moneta a fini di rilancio delle rispettive economie o raggiungono l’obiettivo o si trovano dinanzi  a fiammate inflazionistiche di proporzioni allarmanti. In tal caso le politiche monetarie possono avere cambiamenti graduali o anche repentini. Allo stato non sembra che qualcosa del genere stia per accadere vuoi negli Usa vuoi in Giappone.
Ne E’ Significativa Conferma il duro e inusitato attacco ufficiale che Washington ha mosso contro il governo tedesco imputandogli di destabilizzare l’economia mondiale attraverso l’accumulo di surplus commerciali spropositati (la Germania oggi è leader planetario nelle esportazioni) senza bilanciarli con una politica di rilancio della domanda interna tale da riassorbire almeno in parte i disavanzi crescenti nei paesi che comprano prodotti freschi. E’ un’accusa che rende palese lo scorno americano per i magri frutti della propria strategia di indebolimento del dollaro e però coglie anche nel segno denunciando l’ottusità più che l’egoismo della posizione di Berlino. I cui effetti peggiori si manifestano all’interno della’area dell’euro perché costringono a convivere con un cambio forte anche economie che avrebbero bisogno di una moneta indebolita sia per esportare sia per finanziare i propri debiti.
Ci Si Può Inoltrare in ulteriori cronache dei movimenti in corso sui mercati dei cambi. Ma si rischia di contare le foglie degli alberi perdendo di vista la dimensione e la natura del bosco. Se, invece, ci si sforza di guardare  la situazione con un grandangolo, ci si accorge subito come oggi più che mai sia in atto quella guerra delle monete di cui, però, tutte le fonti ufficiali negano l’esistenza. Un atteggiamento spiegabile da parte di chi ha aperto le ostilità (gli Usa) e di chi vi si è presto adeguato (il Giappone), ma che suona ipocrita e pusillanime in Europa. Dove si sta facendo finta di non vedere il conflitto monetario per non dover affrontare il nodo cruciale degli armamenti a disposizione della Banca centrale europea per tenere il campo con qualche speranza di successo.
Come I suoi Colleghi della Fed e della Bank pf Japon, Mario Draghi può manovrare – e ogni tanto lo fa – lo strumento dei tassi d’interesse ma, al contrario di costoro, non dispone di un’arma fondamentale, quella della creazione di carta moneta, perché non solo la Germania ma anche altri paesi di Eurolandia resistono all’idea di affidare alla Bce il ruolo e i poteri connaturati all’effettivo esercizio della sovranità monetaria. Il risultato è che il malcapitato Draghi si trova a muoversi in battaglia come un generale che abbia a disposizione la fanteria leggera ma sia del tutto privo di artiglieria pesante. Un compito impossibile che spiega fin troppo bene come mai oggi il supereuro sia figlio di scelte contrarie o comunque esterne agli interessi europei.

Massimo Riva – L’Espresso – 14 Novembre 2013

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