Quell’odore della povertà che una volta era il nostro e che adesso
infastidisce
Egregio Serra, sono diventato razzista. Spero in un suo consiglio per
riuscire a riconvertirmi. Mi sono trasferito dal Piemonte all’Emilia in un
edificio multirirazziale. Abbiamo la bellezza di sette etnie diverse. La prima
cosa
Che ho notato è il puzzo in
ascensore, sono soprattutto le signore pachistane ad avere poca dimestichezza
con l’acqua. Poi il dopo terremoto:molta gente che era nelle tende è tornata a
casa, i soli che resistevano erano gli extracomunitari perché la Protezione
Civile forniva pasti gratis. Li hanno dovuti cacciare quasi a forza. Poi le
spese di condominio non pagate che hanno messo in crisi l’amministrazione. A
nulla sono servite le intimazioni varie
o la sospensione dell’erogazione dell’acqua. Si bevevano quella dei termosifoni
con gli effetti che le lascio immaginare. Per evitare lo sfratto coatto sono
andati in Pakistan e sono tornati con uno stuolo di bambini. Il Comune, che è
di sinistra, gli ha fornito alloggio e servizi gratuiti. Il guaio è che mia
moglie si è fatta amica di costoro che ogni tanto vengono in casa per fare il
gioco dei mimi (le donne non sanno una parola di italiano dopo anni di
permanenza). Io mi ritiro nelle mie stanze a soffrire in silenzio. Perfino la
mia donna di servizio, che è moldava e parla perfettamente l’italiano, trova che
noi italiani siamo troppo buoni con gli extracomunitari, che troppo spesso sono
solo prepotenti e furbastri. Vorrei tanto fare una serena vecchiaia da ex
comunista non pentito, na come vede non è mica tanto facile. E’ facile fare i
liberal vivendo in quartieri esclusivi senza extracomunitari.
Maurizio Cugola
Caro Cugola, l’ultima riga della sua lettera è sacrosanta: per i
benestanti è molto più facile coltivare sentimenti virtuosi. Con il culo al
caldo, per dirla volgarmente, tutto diventa più facile. L’impatto, spesso poco
gradevole, con il disagio sociale è riservato in buona dose a chi vive nelle
periferie, ai meno abbienti, ai meno istruiti, ai più indifesi. Detto questo, e
cercando di non fare del moralismo a buon mercato: se lei è un ex comunista non
pentito, provi a sostituire alla parola “stranieri”, o perlomeno ad
affiancarla, la parola “poveri”. Vedrà che la sua situazione psicologica farà
qualche passo in avanti. La povertà, molto spesso, è uno spettacolo sgradevole.
Quando eravamo poveri noi italiani, negli autobus l’odore sgradevole era del
tutto autoctono: era una puzza tutta italiana, non per questo più amabile.
L’igiene di massa ha coinciso con il benessere di massa.
Le politiche di integrazione, per quanto goffe e imperfette, a questo
servono: a sperare che, diminuendo il tasso di emarginazione e di povertà,
aumenti il tasso di educazione, di igiene, di istruzione, e la convivenza
migliori.
Milioni di stranieri si sono già trasformati, nella quotidianità, in
cittadini italiani. Lei ha ragione quando pretende che le istituzioni siano più
vigili: la furbizia non deve mai essere premiata. E-aggiungo- si dovrebbe
opporre una maggiore severità di fronte a quelle forme di violenza
“patriarcale”, tipo la sostanziale reclusione di mogli e figlie, i matrimoni
combinati e imposti con la violenza eccetera, che offendono i principi
fondamentali della nostra Costituzione.
Ma ha torto quando butta nel calderone generico del “razzismo” le sue
difficoltà a rapportarsi con gli stranieri, il suo disagio, la sua
insofferenza. Provi a parlarne con sua moglie, che mi sembra meno in
difficoltà. Le donne, sa com’è, hanno più senso pratico di noi.
Michele Serra – Venerdì di Repubblica
– 22- 11- 2013
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