Tra le truppe di
Silvio, costrette a recitare
Il solito, vecchio,
copione
“Ma quanto ve rode a voi? Eh? Eh?”. Mi giro, mi intorno, ma
davanti al singnore all’improvviso arringa, in linea d’aria ci sono solo io,
anche se in quel momento non sono da solo, anzi. Il signore pare aver deciso di
incalzarmi proprio
mentre sto parlando amabilmente di Forza Italia. A pochi metri dal portone
della sede del nuovo vecchio partito di fresco inaugurata, l’uomo ha
bruscamente interrotto la nostra piacevole conversazione sull’immortalità di
Silvio Berlusconi.
“Ma quanto ve rode a
voi comunisti eh?”. Ecco, ora è chiaro, il signore ce l’ha proprio con me,
oltre i miei meriti, ma questi sono dettagli. Lo tranquillizzo, cerco di
alleggerire l’attacco confermandogli che a noi rode più o meno da sempre, ma
più che un rodimento è uno stato dell’animo che ci spinge alla continua nonché
vana ricerca di qualcosa di meglio, perennemente insoddisfatti del mondo e
della nostra incapacità di renderlo un posto migliore, con una sofferenza mista
ad accidia che fa della passione politica un percorso quasi religioso, una via
crucis ormai disincanta, zeppa di delusioni ma dettata dalla speranza del sol
dell’avvenir che ovviamente non arriva mai. Anche perché spesso camminiamo in
direzione opposta. Questo in estrema sintesi.
“Ma quanto ve rode a
voi comunisti pieni solo de odio, eh?”. Niente, la tregua non arriva, anzi, le
vene del collo del signore improvvisamente si gonfiano d’odioso amore, od i
amore odioso, tese verso di me per l’attacco finale. “La verità è che siete na
manica de figli de na mignotta!”. Sì sorride, si porge l’altra guancia, la si
butta in burletta, si tranquillizza la ragazza di Forza Italia imbarazzata
dall’improvviso affondo del suo compagno di partito, o movimento, o quel che
è:. “Sì, ma bisogna distinguere”, mi dice lei scusandosi a voce non abbastanza
alta da farsi sentire dal signore. “ A lui non posso dirlo, poi mi metterei
contro uno del mio partito”. Così vanno le cose tra soldati dell’esercito
appostati nel dì di festa davanti al quartier generale del leader supremo.
Al netto del circo
mediatico, lì davanti, il giorno dopo il disperato appello in tv del leader
condannato, c’è meno gente del temuto da chi ha visto in quel dito puntato da
Berlusconi la chiamata alle armi definitiva. Le sparute truppe presenti,
dirigenti di partito esclusi, sembrano non godersi più niente. Proprio come
noi, qualsiasi cosa noi si sia. Noi che per la via ci dicono “comunisti”, e ben
che ci vada avremo un giovanile leader democristiano. O un partito così.
Diego Bianchi – Venerdì
di Repubblica – 27 Settembre 2013
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