Le donne sono al loro meglio passati i trent'anni, ma
gli uomini che hanno passato i trent'anni sono troppo vecchi per capirlo.
Jean Paul Belmondo
Una carriera da leone
Nato a Neuilly-sur-Seine il 9 aprile del 1933, Jean
Paul Belmondo. E' figlio di Paul Belmondo, scultore di origini italiane
titolare di una cattedra presso l'Accademia di Belle Arti.
L'esordio ed il successo nel
mondo del cinema
esordisce al cinema nel 1956, prendendo parte al
cortometraggio di Norbert Tidian "Molière", dopo essersi diplomato al
Conservatorio Nazionale di Arte Drammatica e aver recitato a teatro
nell'"Avaro" di Molière e
nel "Cyrano de Bergerac" di Rostand.
Fama e popolarità arrivano
subito, grazie a pellicole come "A doppia mandata" (diretto da Claude
Chabrole nel 1959) e soprattutto "La ciociara"
(la pellicola premio Oscar diretta nel 1960 da Vittorio De Sica,
con protagonista Sofia Loren,
tratta dal romanzo di Moravia).
Ma la consacrazione a livello
nazionale e internazionale di Jean-Paul Belmondo giunge con "Fino all'ultimo respiro"
(titolo originale: "A bout de souffle"), del 1960, dove viene diretto
dal maestro Jean-Luc
Godard, che l'aveva conosciuto sul set del
cortometraggio intitolato "Charlotte et son Jules".
Jean-Paul Belmondo, dopo essersi reso protagonista
della Nouvelle Vague transalpina, di cui Godard è uno dei
principali esponenti, viene chiamato da Claude Sautet per interpretare il
co-protagonista di "Asfalto che scotta", noir apprezzatissimo dalla
critica. Un grande talento messo al servizio di un fisico prestante: Belmondo,
insieme con Lino Ventura (l'altro protagonista del film) mette in mostra le
proprie capacità di attore drammatico.
Jean Paul Belmondo negli anni
'60
Gli anni Sessanta rappresentano un decennio d'oro per
l'interprete francese, come dimostrano "Léon Morin, prete"
(Léon Morin, prêtre) del 1961 e "Lo spione" (titolo originale:
"Le doulos") del 1962, entrambi diretti dal maestro del polar
Jean-Pierre Melville (per altro comparso in un cameo nei panni dello scrittore
Parvulesco in "Fino all'ultimo respiro").
Anche in Italia Belmondo si
guadagna fama e popolarità: dopo "La viaccia"
(1961, con Claudia Cardinale),
il successo arriva con "Mare matto", film del 1963 di Renato
Castellani. In questa commedia all'italiana, ai tempi tagliata dal produttore
Franco Cristaldi ma più tardi riscoperta dalla critica, Jean-Paul presta il
volto a un marinaio livornese che si innamora di una pensionante (interpretata da Gina
Lollobrigida): amore e critica sociale in un film
dai risvolti malinconici che mette in mostra le doti fisiche e interpretative
di Belmondo.
L'attore, tuttavia, dopo aver ottenuto popolarità e
ricchezza, decide di virare verso film più commerciali. E così, dopo "Il
bandito delle 11" (Pierrot le fou) e "Rapina al sole (Par un beau
matin d'etè), del 1965, arrivano anche "Un avventuriero a Tahiti"
(titolo originale: "Tendre voyou") e "Il ladro di Parigi"
(titolo originale: "Le voleur").
Gli anni '70 e '80
Il ritorno al cinema d'autore avviene con
"Stavisky il grande truffatore", diretto nel 1974 da Alain Resnais.
Proprio negli anni Settanta, Jean Paul Belmondo si
dedica alle pellicole poliziesche, dove si fa notare per la sua
partecipazione a scene pericolose senza ricorrere a controfigure.
Il richiamo delle interpretazioni drammatiche, però,
non tarda ad arrivare, e in effetti l'attore recita anche per maestri come
Philippe Labro, Georges Laurner, Jacques Deray e Henry Verneuil.
Negli anni Ottanta, inizia un leggero declino in
ambito cinematografico: pellicole trascurabili come "Professione:
poliziotto" del 1983 e "Tenero e violento" del 1987 si alternano
a commedie teatrali.
L'ultimo colpo di coda del leone Belmondo, tuttavia,
giunge nel 1989, con il Premio Cesar ottenuto come migliore
attore protagonista del film di Claude Lelouch "Una vita non
basta" (titolo originale: "Itineraire d'un enfant gatè").
Gli ultimi lavori
Da allora, iniziano a scorrere i titoli di coda per
Belmondo, complice l'ischemia cerebrale che lo colpisce nel 2001 e
che lo tiene lontano dal grande schermo fino al 2008, quando torna a recitare
come protagonista nel remake transalpino di "Umberto D.".
Il 18 maggio del 2011, a suggello di una vita dedicata
al cinema, l'attore riceve la Palma d'Oro alla Carriera al Festival di Cannes.
Nel 2016 riceve il Leone d'oro alla
carriera al Festival del cinema di Venezia.
Jean-Paul Belmondo si spegne a Parigi il 6 settembre
2021, all'età di 88 anni.
Carismatico e brillante, incisivo, divertente e un po'
guascone, Jean Paul Belmondo è ricordato come il duro dal cuore tenero,
protagonista di molti film in cui ha messo in mostra il suo fisico aitante
(spesso è stato definito come "il brutto più affascinante del grande
schermo") ma anche le sue doti drammatiche.
Lascia tre figli: Paul Alexandre (ex pilota
automobilistico) e Florence, avuti dalla prima moglie Elodie Constantin,
ballerina dalla quale nacque anche Patricia (morta tragicamente nel 1994 in un
incendio); Stella, avuta dalla seconda moglie Natty Tardivel.
In Italia Belmondo è stato doppiato soprattutto da
Pino Locchi, che gli ha prestato la voce, tra gli altri, in "Mare
matto", "Trappola per un lupo", "Fino all'ultimo respiro",
"Il clan dei Marsigliesi", "L'uomo di Rio", "Un
avventuriero a Tahiti", "Il poliziotto della brigata criminale"
e "L'erede".
https://biografieonline.it/biografia-jean-paul-belmondo
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