Il regista cambia il finale della
Carmen, ma il pubblico non gradisce il restyling politicamente corretto. E’
successo al Maggio Musicale Fiorentino, dove Leo Muscato, che ha messo in scena
la celebre opera di Bizet, ha deciso di non far morire la protagonista, ma di
farla reagire contro il suo stalker, per denunciare la violenza sulle donne. Così alla fine del dramma, non è stata Carmen a cadere sotto i colpi del
gelosissimo e infuriato Don José, come vuole il copione. Ma è stato il macho cattivo a finire
ammazzato alla bella sigaraia. E se gli spettatori hanno manifestato
fisicamente il loro dissenso al termine della rappresentazione, il popolo dei
social si è scatenato con l’hashtag #FakeEndings.
Un invito provocatorio alla riscrittura dei classici per eliminarne gli aspetti
più violenti. Al di là delle polemiche occasionali, il vero problema è questa
deriva del politicamente corretto. Che giudica le tragedie di ieri con i
criteri di oggi, cioè li destoricizza. E rivede le bucce al passato, anziché
elaborare idee nuove per raccontare i drammi del presente. Far propria la
lezione dei classici non significa aggiornarli. O sfruttare opportunamente
l’eco che hanno nel nostro immaginario, per trasformarli in pensierini
buonisti. Rimuovere la fine tragica non aiuta a capire come e perché nascano le
tragedie. In fondo la gelosia di Otello e la morte ingiusta di Desdemona
servivano e servono a provocare orrore, non certo emulazione. È quello che
Aristotele chiamava catarsi. Conoscere fino in fondo il male per superarlo. E
proprio lì stava l’effetto pedagogico, non certo nell’armare la mano
dell’eroina di turno. Carmen e Desdemona non sono mica Thelma e Louise.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 19
gennaio 2018 -
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