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martedì 30 gennaio 2018

Lo Sapevate Che: Il paradosso del bambino bugiardo...

Il figlio George era arrivato al sesto compleanno. In mancanza di telefonini, tablet, videogame, difficili da trovare in quell’anno 1738, il signor Augustine Washington, benestante della Virginia, decise di regalargli una piccola accetta. Il bambino ne fu felice. Anche troppo, visto che procedette immediatamente a usarla su un albero di ciliegio al quale il papà teneva moltissimo, Naturalmente, il genitore scoprì lo scempio del suo adorato alberello, e decise di mettere alla prova il figlioletto. “Chi è stato?”, gli chiese, in redingote e parrucca. “Padre”, gli rispose contrito il figlio, “non posso dirti bugie. Sono stato io”. Il genitore, anziché punirlo, lo abbracciò. “Dell’albero m’importa niente, ma la tua onestà è un grande regalo”. Questa storia di George Washington e dell’alberello di ciliegio sarebbe divenuta, generazione dopo generazione, un apologo, trapanato fino allo stordimento dai genitori nella testa dei figli. L’onestà manifestata dal futuro padre degli Stati Uniti d’America e primo presidente era la dote fondamentale sulla quale costruire l’edificio di una vita di successo. Peccato che la parabola sia falsa, come sembra essere falsa anche la morale. I bambini che dicono le bugie (e cominciano a dirle quando hanno appena due anni) risultano, studio dopo studio, ricerca dopo ricerca, essere più intelligenti e destinati a migliori risultati da adulti di quelli che non sanno mentire. Secondo gli psicologi dell’infanzia e del comportamento che hanno risposto (si spera non mentendo) a un’inchiesta del New York Times, i bambini che soffrono di disturbi di personalità faticano a dire bugie, perché la bugia richiede agilità mentale e intuizione. Il test classico è quello del giocattolo nella scatola. Bambini di due anni vengono lasciati soli nella propria stanza con una scatola dentro la quale, gli viene detto, c’è un giocattolo nuovo. Se non apriranno la scatola per sbirciare dentro, sarà loro. Altrimenti, niente. La quasi totalità, quando non pensa di essere visto, apre la scatola, guarda e la richiude. E poi dice di non averla aperta. C’è una lunga e complicata spiegazione del perché i piccoli bugiardi risultino più intelligenti dei coetanei sinceri; e la naturale tendenza a contare le balle non va affatto incoraggiata. Tutti i genitori implorano i pargoli di essere onesti, spiegando che, come Augustine Washington, saranno orgogliosi di un figlio o di una figlia che dicano la verità, probabilmente dimenticando tutte le fandonie che loro stessi da piccoli, servirono a padri e madri. E a aggiungono che si metteranno nei guai non tanto per quello che hanno fatto, ma per quello che faranno per nasconderlo, secondo un principio che anche le personalità politiche, impantanate in scandali gonfiate dalle proprie spesso patetiche panzane, farebbero bene a ricordare. Il punto chiave delle ricerche condotte per decenni dagli psicologi dell’infanzia è: va riconosciuto che tutti noi portiamo il “gene” della bugia nei cromosomi, e raccontarne da piccoli non è un sintomo di future catastrofi né di carriera in politica.  I bambini sono bravissimi a mentire, e i più bravi dimostrano capacità verbali superiori agli altri. Soltanto una piccolissima percentuale di grandi, genitori e no, riesce a individuare il bugiardello, se non si presenta con la bocca sporca di cioccolato o le dita appiccicose di marmellata. Il paradosso è che tutti noi dovremmo sperare che i nostri figli siano abilissimi nel mentire, ma capaci di non farlo. E se proprio non ci riescono, pazienza. Da grandi, potranno sempre diventare giornalisti.

Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 20 gennaio 2018 -

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