La musica mi piace molto e l’ho detto è scritto più
volte, mi piace anche il ballo, il valzer, il charleston, il tango e perfino il
bolero dopo una giornata di lavoro impegnativo, mi riposavo ballando. Ma oggi
(scrivo queste righe il giorno di Capodanno e voi le leggerete all’Epifania) ho
ascoltato due splenditi concerti uno, quasi tutto operistico, alla Fenice di
Venezia e l’altro, subito dopo a Vienna, dove avviene tutti i Capodanni e ha
una melodia di fondo: i valzer di Strauss, padre e figlio. Quest’anno dirigeva
il maestro Riccardo Muti che ha molto rinnovato il repertorio terminando però,
come vuole la tradizione con il “Danubio blu” e con la marcia di Radetzky”,
accompagnato al ritmo della folla che riempiva la sala. C’è una ragione,
culturale ma soprattutto politica, del motivo che mi induce a dedicare queste
righe ai predetti concerti. Venezia, come quasi tutto il Nord, è presa da fatti
di carattere amministrativo e politico che a volte portano addirittura al
separatismo. Se guardiamo alla sostanza di questi sentimenti scopriamo forme di
populismo che imbrattano tutto il nostro Paese: l’indifferenza e addirittura
l’odio verso gli emigranti, culturale più che politici. Eppure il concerto alla
Fenice, ottimamente rinnovata, si svolgeva in una atmosfera di cultura non solo
musicale ma anche di profondo calore umano con motivi e brani di Verdi e di
Puccini che ti commovevano il cuore, con stati d’animo di assistenza, di
amicizia e di fratellanza che vivono però insieme al separatismo, all’egoismo e
non parliamo del terrorismo che continua a insanguinare il mondo intero. Al concerto di Vienna era stridente questa contraddizione tra la musica dei valori storici e
la politica dell’Austria che è in questa fase la più retrograda, egoista e
addirittura chiusa a tutti quelli che vivono ai suoi confini e che sono
considerati pericolosi ed estranei. Ebbene, il concerto di Vienna e l’umore del
pubblico che vi assisteva nella splendida sala del Belvedere non aveva nulla a
che fare con il potere politico che la governa. Quei pubblici dei teatri di
Venezia e di Vienna sono diversi dai popoli che appoggiando chi governa
diventano una marea di populismi, razzisti, autarchici. Come mai? Io non credo
che le cose stiano così. Credo invece che la musica “alta”, che è una eredità
ottocentesca, eserciti tuttora un fascino e influisce su tutti quelli che
l’ascoltano. Ricordate quanto avvenuto in Italia ai tempi di Verdi? Non soltanto
piaceva la sua musica. Verdi era un italiano che piaceva molto ma era anche
animato da sentimenti patriottici, sicché accadde che tutti quelli animati dai
medesimi sentimenti gridavano spesso “Viva Verdi” perché le singole lettere del
suo cognome coincidevano con il nome di Vittorio Emanuele Re d’Italia.
Purtroppo quei tempi sono assai lontani e anche la musica è molto cambiata.
Quella che tocca ancora i nostri cuori e li apre all’amore del prossimo
suscitando ancora sensazioni profonde, sentimenti, valori condivisi dal mondo
intero, che ama opere, sinfonie, poesia, è anche il jazz melodico. Studiate il
jazz: è una musica di origine africana, ma è nata in America e ha accoppiato la
melodia e il ritmo. Il jazz proviene anch’esso da cinque generazioni fa, ormai
è diventato antico, ma se lo senti ti risuona nel cuore. Il rock non ha lo
stesso effetto, è soltanto ritmo senza melodia; ai giovani d’oggi piace ma non
li educa, significa movimento fisico ma nient’altro che quello. È mondiale? Sì
è mondiale, ma le masse giovanili che accorrono ad ascoltare e partecipare
direttamente a quegli spettacoli non coltivano valori d’alcun genere: purtroppo
chi è senza valori è destinato al peggio. Questo è il mio pensiero e quel che
ancora sento in cuore è un’armonia col tempo che passa. “As Time Goes By”,
conoscete questa canzone? Fa parte del film “Casablanca”, pieno d’amore e di
patriottismo verso la libertà e l’eguaglianza. Questi sono i grandi ideali che
dovrebbero ispirare il mondo intero. Purtroppo non è così e il mondo infatti è
assai scompigliato. Spetta a noi far di tutto per evitare il peggio e spingerlo
verso il meglio. Rossini, Verdi, Puccini, sono serviti anche a questo, ma
perfino Duke, Ellington e Louis Armstrong e Bach, Beethoven, Schubert, Wagner e
in tutt’altro dominio ma analogo significato Victor Hugo, Conrad, Stendhal,
Proust, Joyce. Mi fermo qui. La cultura e la vita consapevole danno sempre
valore – finché dura – alla nostra esistenza. Buon anno ai nostri amici
lettori.
Eugenio Scalfari –Il Vetro Soffiato – L’Espresso – 7 gennaio
2018 -
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