Kaitlin Frasier, dell’Istituto
oceanografico Scrippa di San Diego, California, voleva sapere quali specie di
delfini frequentassero il Golfo del Messico. Ha quindi pensato di integrare gli
avvistamenti dalle barche con l’identificazione degli impulsi sonar, o click,
che emettono. Impresa non facile. Quando si è messa ad ascoltare le
registrazioni dei click fatte da microfoni subacquei, si è subito resa conto
che ognuno raggruppava quel suono in modo diverso, e che il nostro orecchio non
è in grado di distinguerli. Così si è rivolta all’intelligenza artificiale, che
ha una potente capacità di trovare similitudini in montagne di dadi in cui noi
ci perdiamo. Dopo aver ascoltato 52 milioni di click, il “delfinologo robotico
realizzato dagli informatici è riuscito a estrarre sei categorie di suoni, che
si stanno rivelando connessi in effetti a specie precise di delfini. “Grazie
all’intelligenza artificiale siamo riusciti a identificare i click tipici del
grampo, dei globicefali e della pseudorca, individuando così anche gli ecosistemi
marini che preferiscono “dice Frasier. A questo punto viene spontanea la
domanda: WI software che avete messo a punto saranno anche in grado di
analizzare il linguaggio dei delfini e capirne il significato?” Ma la Frasier
taglia corto: “Non esiste nessun linguaggio dei delfini, è solo una
fantasticheria romantica!”. Già, se si vuole far irritare un esperto di
delfini, basta chiedergli del loro linguaggio: sono stanchi di parlare di una
cosa che, per lo più, ritengono reale come i folletti o lo Yeti. Quando nel
2016 il biologo russo Vyacheslav Ryabov annunciò di aver registrato due delfini
che “conversavano”, emettendo suoni in alternanza. Richard Conner, dell’Università del Massachusetts,
commentò seccato: “Bullsshit” (Cavolate). Denise Herzing, direttrice
scientifica del Wild Dolphin Projet, è più morbida: “Si sa dal 1979 che i
delfini comunicano in modo alternato, ma lo fanno anche tanti altri animali e
nessuno sostiene che stiano “conversando” “. Insomma per conversare serve un
linguaggio, cioè un sistema di comunicazione basato su suoni (o anche gesti)
ognuno corrispondenti a precise azioni, oggetti o categorie astratte, ordinati
poi a formare frasi, con una grammatica. Fra gli animali però, a parte le grida
di allarme associate a specifici predatori in alcune scimmie, non si è trovato
nulla di simile: comunicano, ma senza trasmettere significati precisi, solo indicazioni
di identità (i cinguettii degli uccelli) territorialità (gli ululati dei lupi,
richiami sessuali, (il gracidio delle rane), minacce (l’abbaiare dei cani).
Eppure l’idea di “parlare con Flipper” non tramonta: migliaia di siti internet
ripetono che i delfini conversano fra loro e che un giorno ne decifreremo il
linguaggio. Dovete capire l’irritazione dei colleghi. Questa ossessione per il
“linguaggio” dei delfini oscura la ricerca seria sulla loro comunicazione” dice
Guido Gnone, biologo marino specializzato in cetacei e responsabile scientifico
all’Acquario di Genova. “I delfini sono animali intelligenti, altamente sociali
e con capacità eccezionali, come il loro sonar, in grado di individuare una
biglia in piena piscina, ma non vedo perché attribuirgli capacità superiori,
per esempio, ad animali terrestri comparabili, come i lupi”, Una ragione
potrebbe essere nell’atteggiamento che hanno verso l’uomo: né aggressivo, né
spaventato, quasi cercassero un contatto. “Sì, è una cosa che colpisce. Sono
noti casi di delfini selvatici, spesso rimasti soli, che cercano la compagnia
degli uomini o che spontaneamente aiutano i pescatori. Però sospetto che se non
avessimo massacrato per millenni gli animali terrestri, forse avremmo un
rapporto simile anche con i più intelligenti di loro. Anche se curiosi, i
delfini non hanno un linguaggio, ma un complesso sistema di comunicazione,
funzionale alle loro esigenze, così come li hanno le scimmie o i pappagalli.
Pretendere che “parlino” come noi, e quantomeno ingenuo”. (..). I delfini si
scambiano continuamente combinazioni di tutti questi tipi di suoni, soprattutto
per trovarsi, riconoscersi come membri di un gruppo, sincronizzarsi nella pesca
ed esprimere stati emozionali”. Per esempio sono diversi i suoni associati
all’aggressività: una sorta di latrato, scariche di rapidi click verso gli
avversari e anche lo sbattere delle mascelle o della coda. “Forse però il suono
più straordinario finora identificato è il “fischio firma”, una sorta di “nome
proprio” che ogni delfino comincia a emettere poco dopo la nascita, in parte
imitando quello della madre, e che poi perfeziona fino a ottenere un suono
unico fra i membri del branco. Un delfino si fa riconoscere o trovare ripetendo
il proprio fischio e, raramente, chiama anche altri emettendo la loro “firma”,
non si sa, se per mostrare amicizia, ostilità o come corteggiamento”. Se hanno
“nomi” per indicare individui, però, si potrebbe pensare che ne abbiano altri
per indicare cose o azioni. Magari non li abbiamo ancora individuati, perché la
complessità di questi suoni, parte dei quali ultrasuoni è troppo grande per il
nostro inadeguato sistema uditivo. Non credo. Per quanto si studino da decenni
i loro richiami con ogni mezzo, in natura e negli acquari, non si è mai trovata
nessuna associazione fra i suoni che emettono e oggetti o azioni: insomma non
ci sono “parole” nella loro comunicazione.
Alex Saragosa – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 29
dicembre 2017 -
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