La Post verità è un
neologismo con un
significato antico. L’Oxford Dictionary, che l’ha adottato due anni fa sotto la
voce post –truth, lo riconduce a circostanze in cui i fatti obiettivi hanno
meno influenza che i richiami alle emozioni e alle opinioni personali. La nuova
espressione indica un fenomeno favorito dal moltiplicarsi delle reti sociali,
dall’affollamento dei canali di informazione, ma comprende verità, spesso
confuse, nate col linguaggio e con la politica. La post verità si distingue
dalla propaganda, suo brutale sinonimo: la propaganda era in uso nei regimi
autoritari mentre la post verità avvelena le democrazie, basate su due principi
inseparabili, quali sono la libertà e la verità. Non si può infatti essere liberi
senza la verità o avere la verità senza essere liberi. Dove la verità è
affidata agli umori la democrazia è fragile. L’intimo rapporto tra democrazia,
libertà e verità, è insidiato dalla post-verità. La quale punta sugli umori,
sulle emozioni, ricorrendo alle menzogne. Non a caso ha dominato due importanti
appuntamenti elettorali: in Gran Bretagna dove si votava per la Brexit e negli
Stati Uniti per il presidente. La campagna elettorale italiana per il voto di
marzo rilancia l’interesse. Ripensando alle sentenze catastrofiche, ai
pronostici apocalittici ascoltati durante la campagna per il referendum
britannico, il Daily Telegraph ha rivelato il ricorso sistematico alle menzogne
più grossolane, nei due camp. I favorevoli alla Brexit hanno denunciato, ad
esempio, senza batter ciglio un versamento settimanale all’Unione europea di
350 milioni di sterline, una somma esorbitante che sarebbe stata utile per
riformare il sistema sanitario. A voto avvenuto è stato ammesso che era
un’invenzione. I contrari hanno invece annunciato, cifre alla mano, il crollo
dell’economia nel caso la Brexit avesse ottenuto la maggioranza. Un ministro
favorevole alla rottura, ha sottolineato l’impossibilità costituzionale della
Gran Bretagna di impedire l’ingresso della Turchia nell’Unione europea, pur
essendo noto che essa disponeva del diritto di veto. La campagna contro la
verità, favorita dalle reti sociali, ha denunciato l’arroganza di Bruxelles,
delle élite di destra e di sinistra, e, curiosamente, dei fatti, degli
avvenimenti: sì è scandito, quando i fatti si rivelano contrari alla propria
opinione. La campagna per la Brexit è stato il trionfo delle emozioni sulla
realtà. Nei due campi del sì e del no. Sull’altra sponda dell’Atlantico Donald Trump ha
raccolto consensi alimentando una fiera delle falsità. Barack Obama non essendo
nato sul suolo americano non avrebbe avuto il diritto di essere presidente; i
Clinton hanno ordinato l’assassinio di un testimone scomodo; uno degli
avversari democratici era implicato nell’uccisione di Kennedy…E questo non è
che il breve campionario delle menzogne di Donald Trump che gli hanno permesso
di installarsi alla Casa Bianca. Nel ricco dossier dedicato all’argomento, la rivista
“Debat” (numero 197, novembre-dicembre 2017) sostiene che quel che si intende
per post verità va collegato all’irruzione delle contestazioni populiste nelle
società europee, perché intralcia allo stesso modo il buon funzionamento
democratico. Ad alimentarla, a renderla credibile, è il sentimento che la
verità ufficiale veicolata dalla stampa tradizionale non sia affidabile. Tanto
più che quest’ultima è colpita da una crisi che la rende vulnerabile, e che
comunque le ha tolto molto dell’autorità di un tempo. Dove la post verità prevale, attraverso soprattutto le innumerevoli reti sociali, la
verità si scopre spossessata del nobile statuto di riferimento assoluto, di
imperativo morale, di giudice del vero e del falso, del giusto e dell’ingiusto,
che aveva nelle democrazie liberali. Per Hannah Arendt la libertà d’opinione è
una farsa se l’informazione sui fatti non è garantita e se l’oggetto del
dibattito non sono i fatti. “La verità dei atti fornisce informazioni al
pensiero politico come la verità razionale fornisce le sue alla speculazione
filosofica”. La lotta alla menzogna, che umori e passioni possono scambiare per
verità, è diventata essenziale per salvare le nostre democrazie. Soprattutto in
tempi elettorali.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 14 gennaio
2018 -
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