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martedì 5 dicembre 2017

Lo Sapevate che: Perchè trascuriamo la bellezza delle nostre città?



Scrivo questa lettera spinta dalla tristezza per il mio Bel Paese che affonda senza rimedio. Ho la fortuna di essere una “mezzosangue”, di padre italiano e madre tedesca, di essermi formata in Inghilterra (laurea, specializzazione e dottorato), e di aver creato una famiglia con un messicano. Parlo cinque lingue e lavoro con nord americani. Eppure ho scelto di tornare a vivere a Roma. Per “la bellezza che salverà il mondo”, come scrisse Dostoevskij, e perché nel cuore mi sento più italiana che cittadina del mondo. Vedo però il mio Paese, deturpato dall’incuria, dell’individualismo, dalla mancanza di rispetto e senso civico. Mi rammarico evitando gli escrementi canini sul marciapiede, i ratti putrefatti in pieno centro, i cumuli di spazzatura e plastica. Com’è possibile tutto questo nella Roma Caput Mundi che si pregia delle eccellenze italiane? Persino a Città del Messico, con sei volte il numero degli abitanti di Roma, vige una pulizia rigorosa e, come dimostrato ancora una volta a seguito dei recenti terremoti, una solidarietà straordinaria. Io invece mi vergogno della mia provenienza quando gli unici a cedere il posto in autobus sono gli extracomunitari, quando gli spazzini estemporanei sono gli immigrati, che pure sono criticati, marginalizzati e accusati dei nostri mali. Ovviamente nulla cambierà. Siamo il Paese più burocratico al mondo e quello con il maggiore numero di deputati, premiati con lauti vitalizi per il loro assenteismo. I miei amici all’estero ripetono che la capacità degli italiani è solo discutere tanto, attuare poco e cambiare idea per salvarsi la pelle. La ridicola Italia è tema di conversation amusante in tutta Europa e altrove. Ed io ne sono imbarazzata perché ho scelto di essere “solo” cittadina italiana.       Alexandra Massini alexandra.massini@gmail.com

Tutto Quello Che lei dice in gran parte corrisponde al vero. E convengo con lei che c’è solo da vergognarsi. Però lei mi scrive: “Ho scelto di tornare a vivere a Roma perché nel cuore mi seno più italiana che cittadina del mondo”. A questo punto perché non interroga il suo cuore e non gli chiede le ragioni per cui preferisce l’Italia a tutti i Paesi che lei conosce per ascendente genitoriali, per il suo rapporto matrimoniale e per la sua attività lavorativa? I vizi, le negligenze, le trascuratezze, la sciatteria che denuncia sono tutte vere, ma siccome sono note a tutti, la sua denuncia non desta curiosità nel lettore, se non per quella frase in cui lei dice che, nonostante tutto, preferisce vivere in Italia che in altri Paesi del mondo. E allora provo a ipotizzarla io questa sua preferenza. In Italia non è troppo avvertito il senso dello Stato, perché la storia d’Italia è stata una storia di occupazioni da parte di potenze straniere, per cui lo Stato era percepito come un nemico da cui difendersi, cercando di fare i propri interessi individuali invece di coltivare una sensibilità per il bene comune. Inoltre l’Italia è un paese cattolico che, a differenza del mondo protestante dove i fedeli se la devono vedere direttamente con Dio, dispone di una mediazione sacerdotale che ha il potere di perdonare i peccati, al punto che, metaforicamente, se dal pulpito si ascoltano le regole del retto vivere, si sa anche che nel confessionale si perdonano le colpe e le deroghe. Questo crea in ciascuno di noi una doppia coscienza che rende meno acuta la sofferenza della colpa, alla quale si concede poco spazio di riflessione perché un’assoluzione è facilmente disponibile. Scarso senso dello Stato e della comunità in genere e facile assoluzione generalizzata delle colpe favoriscono un individualismo che si esprime al di fuori di ogni regola etica per cui, dalle espressioni mafiose alle forme di corruzione, fino alle raccomandazioni ovunque diffuse, in Italia siamo più parenti che cittadini, e con tutti i mezzi andiamo alla ricerca del bene personale anche a scapito del bene comune. Ma come tutte le cose, anche questa rappresentazione ha il suo rovescio, perché l’individualismo, così radicato in Italia, ha favorito quell’adattabilità a tutte le situazioni e quella creatività che tutti ci riconoscono e qualcuno ci invidia. E questa è la ragione perché anche lei preferisce stare in Italia, dove tra l’altro c’è un bel clima, buon cibo e persone che parlano e non se ne stanno afasiche, mute e corrette come prescrivono le convenzioni sociali. Dopodiché sarebbe necessario che agli aspetti positivi acquisiti da una cultura dell’individualismo si aggiungessero a compensazione un minimo di sensibilità sociale e di cura del nostro modo di abitare e convivere. Allora e solo allora saremmo non solo un Paese trai più belli al mondo ma, cosa ancora più importante, anche un Paese più giusto.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica – 25 novembre 2017 -

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