Solare o lunare, solstiziale o
equinoziale, primaverile o invernale, rumoroso o silenzioso, il Capodanno è
sempre Capodanno. E da che mondo è mondo non c’è popolo che non lo festeggi.
Gli antichi romani legavano i rituali d’inizio del nuovo anno al dio Giano, in
latino Ianus, da cui deriva il nome di gennaio, il primo dei mesi. I popoli del
Nord Europa festeggiavano il giro di boa stagionale mascherandosi da animali
per propiziarsi la natura e le sue specie. In quasi tutti i casi, però in
Occidente come in Oriente, gli elementi fissi di questo rito di passaggio
stagionale sono da sempre fuoco, luce e rumore. Il baccano rituale serviva a
scacciare gli spiriti cattivi. Da questo uso, peraltro, deriva la parola
pandemonio. I falò e le lampade accese avevano invece la funzione di illuminare
il cammino dell’anno che entrava. Poi con l’invenzione della polvere da sparo Luci e suoni sono diventati una cosa sola dando origine ai nostri botti
di Capodanno. Non è
un caso che ancora oggi, nonostante i richiami alla prudenza, la notte di San
Silvestro città e paesi si accendano come polveriere. È una autentica febbre
del fuoco che ogni anno niete vittime, tant’è vero che i notiziari del primo
gennaio iniziano quasi sempre con l’elenco degli infortuni. Ma ci sono anche
Capodanni alla rovescia, come quello di Bali, in Indonesia. Che viene celebrato
nel silenzio più assoluto. Uno stand by della vita per ingannare le potenze del
male facendo credere loro che l’isola sia disabitata. È una giusta pausa dell’anima.
(..). Forse riusciremmo a sentire il suono del silenzio.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 29
dicembre 2017 -
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