La nostra vita è
dominata da alcuni
sentimenti che spesso contrastano l’uno con l’altro mentre altre volte
collaborano e si rafforzano. L’indifferenza è molto diffusa, forse la più
diffusa fi tutti; del reso l’uomo e la donna non avrebbero la capacità di
vivere se tutto ciò che li circonda li interessasse. L’indifferenza è una sorta
di salvaguardia, un limite di fronte all’abisso. Ho cercato a lungo un
sentimento che sia l’opposto, e infine dopo una lunga ricerca, credo d’averlo
trovato: la passione. La passione. Quando si è appassionati di qualcosa o di
qualcuno, l’indifferenza subisce un “vulnus”, una crepa. Almeno così sembra ma
in realtà non è così, ma è vero il suo contrario: la passione fa aumentare
l’indifferenza verso tutto ciò che non riguardala sua passione. Sono questi i
due sentimenti che dominano la nostra vita? Sembrerebbe di sì, sono essi a dare
il colore dell’anima nostra. Ma i colori sono molti: il bianco e il nero, il
rosso e il turchino, il grigio e l’azzurro, l’arancione e il viola, il marrone
e il verde e altri che i pittori mescolano per ottenerne altri ancora. Se i
sentimenti che colorano l’anima fossero due soltanto, quell’anima sarebbe
rattrappita. Dunque non è così e ben più numerosi sono i sentimenti oltre
all’indifferenza e alla passione. In altre occasioni ho individuato l’odio,
l’amore, il disprezzo, l’orgoglio, la pietà. Ma questi a guardar bene restano
nelle passioni; sono un’infinità le passioni, comprendono tutte queste varianti
ed altre ancora, tutto infatti in contrasto con l’indifferenza. Eppure un altro
sentimento c’è e poggia su un’altra base psicologica: è l’inquietudine. Che
cos’è l’inquietudine? Si può anche chiamare – e forse è più chiaro –
l’incertezza. Questo si è un altro colore dell’anima: non sa scegliere tra il
bene e il male, è dominato dal dubbio. L’antidoto sarebbe la certezza che è
dettata da una fede. Una fede connessa in qualche modo ad una religione. Cioè a
un mito. I Dio dei monoteismi si esprime come fede religiosa che non ha una
forma, non ha leggi che lo designano perché è Lui che le fa, non ha né un
inizio né una fine. Se hai fede in Lui vuol dire che hai fede nella verità. La
fede comunque si estende anche ad un campo assai più terreno più diffuso e
concreto: la fede in un uomo politico, in un profeta, in un’ideologia, nella
fedeltà di un individuo verso un altro o altri che con analoga fede ti
rispondono. Così nascono i regimi e questo determina l’andamento della vita
sociale, politica, economica. Ma tu sai che la fede in quello che è il tuo
sentimento può cambiare da un momento all’altro; tu sai che la tua verità deve
essere confermata dai fatti e se quei fatti che per una fase della vita sono
stati da te condivisi ma poi diventano per te spiacevoli, segno è che non erano
quella verità in cui tu credevi. Ecco dunque che la fede, quella religiosa,
quella politica, quella economica e sociale, non sono verità definitive, la
certezza è quantomeno incerta. Perciò il vero sentimento che colora l’anima
nostra, oltre all’indifferenza e alla passione è l’inquietudine o incertezza ed
è il dubbio il perno di questo sentimento. A questo ragionamento che fin qui ho
cercato d svolgere con la chiarezza possibile in questioni così delicate si può
opporre che se non esistessero nell’anima nostra le varie fedi, celesti o
terrene, la vita non andrebbe avanti. Questo è sbagliato; non andrebbe avanti
così come è adesso ma forse (forse) andrebbe avanti in un altro modo, in una
forma (forse) migliore. Per alcuni individui questo è accaduto. Sono stati
indifferenti alle moltitudini di circostanze che accadevano attorno a loro, ma
concentrati e dominati da alcune passioni e/o dall’inquietudine che si è
espressa attraverso il dubbio. Attenzione: sono incoerenze quelle che
all’aspirazione verso la certezza e all’assoluta verità hanno contrapposto vita
relativa ed anche dubbi. Concludo con un altro quesito: la vita della nostra
specie è dominata dalla fede in una verità assoluta ma ovviamente esposta ad
improvvisi mutamenti, oppure da una verità relativa che assai di rado si
trasforma nell’assoluto. La storia ci insegna che assai più spesso avviene la
delusione della verità assoluta piuttosto che quella relativa. La vita della
nostra specie è comunque quella che è, del tutto diversa dalle altre. Perché? Perché
è una vita cosciente, con se stessa e con la possibilità di giudicarsi. Ma il
giudizio è quasi sempre positivo verso se stessi e le negatività che quella
vita spesso subisce ciascun individuo che le fa dipendere da interventi altrui.
Dovrebbe essere la storia a dare giudizi obiettivi su quanto è accaduto e per
merito o colpa di chi, Ma anche la storia non è oggettiva: dipende da chi fa le
ricerche e da chi scrive. Da tutto ciò risulta che tutto è relativo e nulla è
assoluto e che la vita è cosciente della propria incoscienza.
Eugenio Scalfari – Il Vetro Soffiato – L’Espresso – 24
dicembre 2017 -
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