Sono uno studente di 24 anni che frequenta l’Accademia
Albertina delle Belle Arti di Torino e ho l’impressione che pochi siano i
giovani che ardono dalla voglia di cambiare qualcosa per migliorare il futuro.
La maggioranza, i nichilisti passivi, non credono più in un futuro, percepito
come minaccia. E se la speranza è in fondo un’attesa che qualcun altro
provveda, ebbene proprio là dove cessa la speranza deve scattare il coraggio,
la laboriosità, il rischiare, lo scommettere. Ma ciò non accade. La miccia non
si accende. Manca il desiderio. La volontà di cambiare. Ma se un desiderio
nasce da una mancanza, significa che la nostra condizione non viene percepita
come uno status caratterizzato da una scarsità di benessere. Anzi,
probabilmente viene percepita come una posizione comoda a cui difficilmente si
vuol rinunciare. Oggi, quando mi mimetizzo fra i miei simili, constato che il
vuoto esistenziale del nichilismo (tipicamente percepito come male
innominabile) non solo non viene più percepito come male ma come la
neo-condizione naturale di stare al mondo; quindi potremmo definirlo il
post-benessere. I vecchi valori decadono, e in questa condizione di
post-benessere non solo non se ne generano di nuovi, ma addirittura ciò che
prima poteva venire classificato come “malessere “oggi viene riconosciuto come
“lo standard” a cui non si vuol rinunciare. Quando teorizziamo il tramonto
dell’Occidente, perché non proviamo a ipotizzare anche un suo superamento? Io
alcune visioni le ho. Sarei curioso di conoscere le sue. Alessandro
D’Agostino alessandro.dagostino92@gmail.com
La Sua Lettera, se pubblicata per intero, avrebbe
occupato una decina di pagine non inutili, perché sapere che un giovane
ventiquattrenne fa considerazioni come le sue sull’economia, la politica, la
tecnica, la scuola, la spiritualità è un vero conforto e, per quanto mi
riguarda, è un’ulteriore conferma che, accanto al nichilismo passivo della
rassegnazione, c’è anche un nichilismo attivo di giovani come lei, che non
misconosce e non rimuove l’atmosfera pesante del nichilismo senza scopo e senza
perché, ma non si rassegna, e si promuove in tutte le direzioni nel tentativo
molto determinato di non spegnere i propri sogni. Il Nichilismo è stato
enunciato da Nietzsche in questi termini: “Nichilismo: manca lo scopo, manca la
risposta al “perché”. Che cosa significa nichilismo – che i valori supremi
perdono ogni valore”. Lasciando perdere la considerazione sui valori che non
sono entità metafisiche che scendono dal cielo, ma semplici coefficienti
sociale che una società adotta per ridurre al minimo la sua conflittualità
interna. Decisivi sono: la mancanza dello scopo, e quindi del futuro che non è
più una promessa ma una minaccia, e la mancanza di una motivazione in grado di
giustificare la propria esistenza quando il futuro non ha nulla da promettere.
Quello che mi ha particolarmente interessato della sua lettera sono le sue
considerazioni a proposito del fatto che il nichilismo non è avvertito dai
giovani come una minaccia o una condizione tragica senza prospettive, ma come
“la neo-condizione naturale di stare al mondo”, al punto che la situazione
nichilista che caratterizza il nostro tempo, se prima poteva essere
riconosciuta come “malessere”, oggi viene considerata, come lei dice: “lo
standard a cui non si vuole rinunciare”. Questo mutamento della percezione
estingue ovviamente il desiderio di cambiare, perché se il desiderio, come lei
ricorda, è “mancanza” là dove non si sente la mancanza non c’è nessuna
possibilità e neppure voglia di cambiare le cose. E anche se le condizioni di
malessere ci sono tutte (mancanza di lavoro, mancanza di soldi per abitare una
casa propria e nel caso mettere al mondo dei figli, mancanza di prospettive e
impossibilità di progettare la propria vita a lungo termine), come lei dice,
“la miccia non si accende” perché questo malessere attutito dall’assistenza dei
genitori, per cui la mancanza non viene percepita come una vera mancanza. Questo
difetto percettivo è la peggior cosa che possa capitare, perché tutto resta
fermo, in attesa che le cose un giorno possano cambiare. Tragica illusione
della speranza, utile solo a preparare il terreno alla disperazione, che
colpisce naturalmente solo coloro che hanno sperato. L’unica possibilità di
fuoriuscita dall’atmosfera pesante del nichilismo io la vedo solo nei giovani
come lei, che io chiamo del “nichilismo attivo”, i quali non negano la realtà
nichilista anzi la guardano bene in faccia, ma nel contempo hanno una gran
voglia di realizzare i loro sogni, che non lasciano malinconicamente smarriti
nell’”ottativo del cuore umano”, ma li declinano all’”indicativo presente” con
un confronto serrato con la realtà. Detto questo, neanche i nichilisti attivi riusciranno
ad arrestare il tramonto dell’Occidente che è scritto nel suo stesso nome.
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