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giovedì 14 dicembre 2017

Lo Sapevate Che: La carriera criminale delle armi "da difesa"...



Era Luglio Del 2003 quando, sono la calura schiacciante della prateria texana, entrai in un emporio – l’unico – di un paese chiamato Crawford per ingannare il tempo. In quell’estate aspettavamo che finisse l’incontro fra George W. Bush e Silvio Berlusconi, nel finto ranch che l’americano aveva comperato per fare la scena del rude cowboy.  Crawford, paesino con un solo incrocio di strade polverose, un semaforo giallo lampeggiante che penzolava nel vento e un binario per i lunghi treni merci, l’attrazione era quel negozio in perfetto stile western, nel quale si vendeva di tutto, dai fagioli in scatola alle armi. Sotto una vetrinetta, sinistre e seducenti, almeno venti fra pistole automatiche e revolver a tamburo mi invitavano. “Vorrei comperare questa”, dissi alla proprietaria, Rose, colpito da una piccola, cromata, lucida calibro 22. Me la rigirai tra le dita: era leggera e micidiale. “Quanti giorni resterà a Crawford?”, mi chiese Rose. “Due”. “Ah peccato, ne servono tre per i controlli del maledetto Fbi. Ma se proprio avessi voluto armarmi, la soluzione c’era. A pochi chilometri, nella città di Waco, si era aperto un mercato di armi cosiddette “usate”, in realtà nuovissime, vendute legalmente da privato a privato, senza controlli. Mi scossi dall’incantesimo. Per la prima volta, dopo aver scritto troppe volte di stragi, avevo toccato con mano quanto facile scavalcare le limitazioni, armarsi e dare il via alla catena della violenza. Perché è nel cammino di una pistola comperata con le più onorevoli intenzioni, nella speranza di difendere la propria famiglia, la propria casa, se stessi, che si snoda il sentiero delle stragi. E ne basta una, che passi di mano in mano, per distruggere molte vite. A Washington, attraverso rapporti di polizia e documenti di processi, è stato ripercorso il viaggio di una di esse, una Glock 17, una delle automatiche più diffuse. Il 28 luglio del 2014 fu venduta per 325 dollari da un armaiolo della Virginia. Il cliente, incensurato, superò i controlli e firmò che l’arma sarebbe sempre stata sua. Una settimana più tardi, la Glock 17 era già nelle mani dell’amico che l’aveva accompagnato al negozio, per essere usata in una sparatoria fra bande rivali. Morirono tre persone e cinque furono gravemente ferite. Due mesi dopo era passata a un altro, che sparava ad automobilisti di passaggio. Colpì una donna: pur ferita cercò di inseguirlo in auto, prima di perdere i sensi. Settimane più tardi, la Glock 17 era lo strumento di un rapinatore che assaltò una stazione di servizio. E un anno dopo il primo acquisto, fu usata di nuovo per sparare a un agente di polizia in borghese, che si lanciò all’inseguimento di colui che aveva sparato. Non lo prese, ma il criminale si sbarazzò dell’arma gettandola sotto un’auto in sosta, dove fu ritrovata. In un anno quella pistola automatica aveva avuto diversi proprietari, ucciso e ferito più vittime, e compiuto una rapina. Era diventata una della 600mila armi da fuoco che ogni anno vengono smarrite, rubate, prestate o rivendute a individui diversi da coloro che erano stati autorizzati a comprarle. Un’armeria con dimensioni da esercito. Mettere in circolazione una pistola, anche se innocentemente acquistata, significa alla fine alimentare l’insicurezza e la violenza che, viceversa, si vorrebbero prevenire. Devo essere grato a George W. Bush, che limitò a due giorni il soggiorno di Berlusconi, e a Crawford che non mi diede il tempo per commettere la sciocchezza di comperare un’arma. L’arma del negozio di Rose che, lo ricordo bene, era una Glock.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 9 dicembre 2017 -

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