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sabato 2 dicembre 2017

Lo apevate Che: Una lingua no gender?...



L’Intellettuale Bernard Pivot, autore della famosa trasmissione tv letteraria Apostrophers, la definisce “un’aberrazione”. La presidente dell’Accademie Française. Hélène  Carrère d’Encausse, custode della purezza del francese, ci vede addirittura “un pericolo mortale”. Il settimanale Le Point si è allarmato rispetto a coloro che “vogliono male alla nostra lingua”. La “scrittura inclusiva” è ancora un fenomeno marginale eppure sta già sollevando un putiferio. Promossa da diverse associazioni femministe, ma anche da studiose e accademiche, è una rivoluzione dell’ortografia e della sintassi in nome della parità. Molte novità proposte sono state discusse anche in Italia sempre per via del neutro, che non esiste, al contrario di inglese e tedesco. Ecco dunque l’idea di femminilizzare cariche e professioni o abolire termini maschili per indicare una totalità per esempio “diritti dell’uomo”, “gli uomini della preistoria”. E ancora: abolire la supremazia del maschile nella concordanza degli aggettivi (“Luigi e Anna sono carini”). Ma la proposta che fa più discutere è l’idea di inserire un punto mediano per scomporre il plurale tra maschile e femminile. Dovremmo scrivere i un titolo: “Ecco i candidati.e all’Eliseo”. C’è già un editore, Hatier, che si è adeguato in un manuale per le scuole elementari: “Siamo fierissimi.e di aver pubblicato il primo manuale con la scrittura inclusiva”, è scritto sul profilo Twitter di Hatier, che non ha fatto altro che adeguarsi alle raccomandazioni dell’Haut Conseil à l’égalité entre les femmes et les hommes. L’organo di vigilanza per la parità, nominato dal governo, ha anche diramato un’interessante guida per la comunicazione pubblica senza stereotipi sessuali che si può leggere sulla Rete. Ma è stato proprio il nuovo manuale delle elementari, arrivato sui banchi di scuola, a scatenare le polemiche. “Non capisco tutto questo scandalo”, commenta Eliane Viennot, storica e specialista in letteratura del Rinascimento. Viennot è tra le promotrici della “scrittura inclusiva” che, sostiene, esiste già da una decina d’anni ed è diventato un movimento partecipativo in cui ognuno (ognuno.a) ha dato il suo contributo. Il famoso punto mediano, racconta ancora Viennot, è comparso nel forum di discussione per ovviare alla proposta di scrivere sia femminile che maschile in caso di plurale. Per esempio si è cominciato con l’idea di scomporre ogni volta “cittadine e cittadini” e si è arrivati a “cittadini.e”. “È una forma di abbreviazione – spiega Viennot. ma l’obiettivo è lo stesso”. Nessuno ha mai rivendicato la paternità di questa controversa invenzione. E a chi dice che si tratta di una scrittura illeggibile, la professoressa obietta che allora si può sempre tornare alla scomposizione del plurale. A regola, si dovrebbe dunque scrivere: Sempre più cittadini e cittadine sono curiose di questo movimento”. Il governo è diviso. La ministra delle Donne, Marlène Schiappa, è favorevole alla “scrittura inclusiva” mentre la responsabile della Cultura, l’editrice Françoise Nyssen, ha espresso dubbi sulla possibilità di applicare davvero le proposte, in particolare quella del punto mediano nei testi. Alcune associazioni di pedagogia sostengono che il punto mediano potrebbe mettere in crisi i bambini dislessici. Il dibattito continua. I comunicati stampa del movimento France Insoumise sono già scritti secondo queste nuove regole. E anche alcuni media, come il sito Slate.fr, si stanno adeguando. “La lingua da sola non può cambiare le mentalità”, conclude Viennot. “Ma è un contributo fondamentale, soprattutto per le nuove generazioni.
Anaïs Ginori – Donna di La Repubblica 25 novembre 2017 -

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