Il Senso di Renzi per
l’Europa
Viva l’Europa? Da noi, ora come ora, non pare affatto.
Choc Un autorevole ambasciatore presso la Ue
escluso dalle nomine dal Consiglio dei ministri presieduto da Enrico Letta. Il
ministero per gli Affari europei cassato dal governo Renzi. Poteva succedere in
un momento di routine. Non certo alla vigilia del turno di presidenza del
semestre europeo che tocca all’Italia. E con un premier e una squadra quasi
tutta ancora da provare.
Aspettando Sannino A metà febbraio, nell’ultimo
Consiglio presieduto da Letta, vengono nominati ambasciatori, il grado più alto
della carriera, due giovani: Armando Varicchio, consigliere diplomatico del
premier uscente, e Piero Benassi, capo Gabinetto del ministro degli Esteri
uscente, Emma Bonino, entrambi notoriamente capaci. Poi una quota rosa,
Elisabetta Belloni, e due diplomatici più anziani. Tu
tta la diplomazia immagina lo stesso iter per Stefano
Sannino, rappresentante permanente all’Ue, l’uomo che più di tutti avrà sulle
spalle il massacrante lavoro del semestre italiano.
Poltrone Ridotte Invece, Sannino no. Non viene
promosso, fermo al grado di ministro plenipotenziario, ha solo la funzione di
ambasciatore (congetture perfide: l’ombra di un vecchio rapporto con Romano
Prodi, critico verso il governo Letta; più plausibile, il fatto che i posti a
disposizione fossero ridotti). Secondo fonti della Farnesina, l’esclusione non
rappresenterebbe solo il segno di poca attenzione verso le questioni europee.
Ma avrebbe potuto indebolire la posizione del diplomatico davanti
all’establishment Ue, se non fosse che Sannino è stimatissimo in Europa.
Ministro Desaparecido Poi arriva il nuovo premier. Ha uno
schema preciso: un governo secondo per snellezza solo al De Gasperi III. Il
corpo a corpo con Giorgio Napolitano, fervente europeista e in sintonia con
Enzo Moavero, tecnico applaudito da tutto l’aro costituzionale nostrano perfino
la Lega, e cresciuto di pari passo con il gotha europeo, al quale lo stesso
presidente aveva voluto affidare la parte di politica Ue di competenza degli
Esteri (da ministero delle Politiche comunitarie infatti era diventato degli
Affari europei) non va a buon fine, da quel lato. L’elenco degli unti è privo
del nome di Moavero, naturalmente ogni premier ha diritto di scegliersi i suoi.
Ma addirittura ratifica la morte e la sepoltura del ministero. Risorto, alcuni
giorni dopo come in tutte le resurrezioni, sotto forma di un sottosegretario
alla Presidenza del Consiglio affidato a Sandro Gozi, ma non si sa ancora bene
con quali deleghe effettive.
Lo Stucco Di Bruxelles A Bruxelles, i due atti lasciano di stucco. Per giorni, il gran giro del
potere centrale europeo cerca di trovare una spiegazione, senza successo.
L’entourage di François Hollande
inanella il meglio dei suoi “Oh là là!”. L’inner circle del Carlo Magno
dell’Europa, Angela Merkel, alla notizia della soppressione del ministero,
mostra viva apprensione. E così la stampa europe, da “Le Figaro” a “Die Welt”.
Senza dirlo esplicitamente, è sembrato uno schiaffo all’Europa. E certo non ha
aiutato la scelta di Renzi di andare in Tunisia come primo viaggio all’estero,
posponendo Bruxelles ma solo per la crisi Ucraina.
Svista Da Fretta E’ probabile che da parte di Palazzo
Chigi si tratti di una sottovalutazione della natura pervasiva e capillare
dell’Europa nella vita nazionale, forse una svista causata dalla fretta. Ma,
dati i presupposti, c’è da tremare ricordando cosa scrisse “The Economist”
della nostra presidenza del 1990: “ Assomiglia a un autobus guidato dai fratelli
Marx”.
Denise Pardo – L’Espresso – 13 marzo 2014
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