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lunedì 24 marzo 2014

Lo Sapevate Che: Contromano...


Il miracolo dell’Oscar nel Paese senza un soldo
Per cinema e cultura

La vittoria della Grande Bellezza agli Oscar, al netto delle critiche invidiose
O della retorica patriottarda – due facce della stessa ipocrisia – potrebbe ancora servire a discutere sul tema dell’industria culturale  Italia. Il nostro
è un grande Paese di cultura, non soltanto per i monumenti o i musei ereditati da un passato glorioso del quale non abbiamo alcun merito, ma anche per la capacità di produrre, qui e oggi, straordinarie intelligenze che traducono il nostro stile di vita in merce ammirata e ricercata dal resto del mondo.
Non parlo di designer e stilisti, che pure hanno la loro importanza. Tre quarti delle star sfilate sul tappeto rosso di Hollywood erano vestite o “accessoriate” da Giorgio Armani o Dolce & Gabbana. Prada e Valentino, Gucci e Bulgari. Parlo invece delle centinaia e migliaia di architetti, grandi e piccoli, cineasti, musicisti, e soprattutto dei milioni di lavoratori che stanno dietro a questi talenti. La sola industria dello spettacolo in Italia occupa quasi 300 mila addetti, ormai molti di più dell’industria automobilistica, ma a differenza di quella dell’auto potrebbe tranquillamente raddoppiare il numero dei posti di lavoro se i governi da vent’anni non tagliassero sistematicamente gli investimenti nel settore.
Il film di Paolo Sorrentino è la prova che l’Italia sa ancora fare grande cinema, ma non è un caso isolato. Negli ultimi anni si sono guadagnati una solida fama e premi in giro per il mondo altri giovani registi, come Garrone o Guadagnino, e altri eternamente giovani, come i fratelli Taviani. Siamo il cinema straniero più premiato agli Oscar, davanti alla Francia, e il secondo più premiato a Cannes, dietro gli Stati Uniti, com’è ovvio. Un risultato che ha del miracoloso se si pensa a com’è stata condotta la politica culturale in Italia e altrove. Da Los Angeles, dov’ero inviato dal giornale, ho scritto del confronto fra quanto il piccolo Belgio aveva investito nella promozione del proprio film candidato (due milioni) e quanto ha speso l’Italia (120 mila euro). Ha vinto ugualmente Sorrentino, ma rimane la domanda perché un Paese che spende milioni all’anno per mantenere i bagordi di consiglieri semianalfabeti di questa o quella Regione, non trova mai i soldi da investire nella cultura, con ben altri ritorni?
Per rilanciare l’industria del cinema e creare buoni posti di lavoro per i giovani basterebbe copiare le leggi sullo spettacolo di altre grandi nazioni europee, soprattutto la Francia. Basterebbe che i sindaci delle nostre grandi città, Roma e Milano, Napoli e Torino, Firenze e Bologna, impedissero che i sindaci delle nostre grandi città, Roma e Milano, Napoli e Torino, Firenze e Bologna, impedissero che le sale cinematografiche dei centri storci siano trasformate in pizzerie o in supermercati. Non è vero che “con la cultura non si mangia”.
Curzio Maltese – Venerdì di Repubblica – 14 marzo 2014


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