La tentazione di
lasciare tutto il peso della vita
sulle spalle dei più
giovani
Gentile Serra, ho 64
anni e penso di comprendere l’amaro significato di quel
“me ne fotto” del
lettore Angelo Gardonetto sul Venerdì 1354. Non ho figli e nemmeno nipoti, ho
fatto l’insegnante a giovani adolescenti per 36 anni, ho amato il mio lavoro, ho cercato di fare il mio dovere con
umiltà e responsabilità pensando di trasmettere loro qualcosa di utile. Da
cinque anni sono in pensione e anche per me è arduo e difficile indagare sulle
cause del degrado etico e morale che ha interessato l’Italia, ma non mi sento,
come lei scrive, “di avere ancora una responsabilità incancellabile per un
futuro che non è più mio ma di quelli che verranno”.
Non ho mai avuto la presunzione e/o la vanità di essere
indispensabile ed esemplare e mi delude un poco, anche se è di grande effetto,
la sua frase “siamo condannati uno per uno a essere utili agli altri”. Sono una
donna semplice e sinceramente, egoisticamente credo che tocchi a quei figli e
nipoti che sono il nostro futuro essere utili a me, a noi, nel nostro presente.
Cara Ivana, la sua lettera ha il pregio di una sincerità
rara. Dice che smettere di essere giovani porta almeno un vantaggio: lasciare
che siano le nuove generazioni a darsi da fare, smettere di considerarsi
responsabili di quanto accade.
Godersi, insomma, una specie di “seconda infanzia”, sgravati
dal peso di troppe richieste. Effettivamente non è facile orientarsi sotto la
pressione – decisamente contraddittoria – alla quale siamo sottoposti noi
“maturi”: da un lato ci si chiede d sgombrare il campo e lasciare il passo ai
più giovani, dall’altro ci viene presentato il conto (politico, etico, molto
spesso anche economico) di ciò che non funziona, di ciò che manca. La
tentazione di appartarsi, dedicarsi solo all’orto (io ne ho uno meraviglioso) e
scaricare finalmente sulle spalle dei più giovani il peso della vita è molto
forte. Specie se si gode di buona salute. Ma vede: lo stoicismo,
l’impenetrabilità, il distacco necessari per fare un passo indietro rischiano
di essere solo una simulazione. Le passioni della vita, le relazioni sociali, i
conflitti, l’amicizia, l’amore ci trascinano continuamente al centro di quella
scena che siamo tentati di abbandonare. Oltre al ritmo degli anni e alle
condizioni anagrafiche (che contano, eccome), ci sono il cuore, che batte e lo
spirito che parla. Sta a ciascuno di noi decidere se e quanto vale la pena essere
generosi o avari di noi stessi. Lei ha insegnato per tutta la vita: non mi dica
che, anche se è in pensione, non ha più niente da insegnare a qualcuno.
Michele Serra – Venerdì di Repubblica – 14 marzo 2014
Nessun commento:
Posta un commento