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venerdì 21 marzo 2014

Lo Sapevate Che: Questa Settimana...


Io Vorrei Che Tu, Landini E Io….

Perché Matteo sorride a Maurizio e non a Susanna Camusso? Che c’entra l’ex boy scout con l’ex operaio?
Indagine su un singolare feeling. Che tocca da vicino il metodo Renzi e anche quello che sta succedendo nel suo partito. Il Pd

Direte voi: ma perché Matteo Renzi preferisce Maurizio Landini a Susanna Camusso? Come mai sorride al primo e ghigna alla seconda? Cosa ha a che vedere il blairiano Matteo con l’antagonista Maurizio? E che c’entra Landini, reggiano, comunista e operaio saldatore a 15 anni con Renzi, fiorentino e cattolico, che alla stessa età faceva il boy scout e si preparava alla “Ruota della Fortuna”? Eppure c’etra, eccome se c’entra. Ma per capire fino in fondo perché, è forse necessario un piccolo passo indietro.
Ora, e per un po’, parleremo  finalmente di soldi e di economia, di buste paga e di costo del lavoro, di meno tasse e di più euro nelle tasche degli italiani, di oneri finanziari e di spending review, cioè del pacchetto economia che Renzi ha voluto subito e dirompente per dimostrare, come ha detto, che lui riesce là dove Enrico Letta ha fallito. Che è forte e ha il pieno controllo della situazione.
Ma nei giorni immediatamente precedenti si era scatenata in Parlamento e nei partiti una durissima guerriglia che all’apparenza riguardava dettagli, pur importanti, della legge elettorale – quote rosa e preferenze, primarie e liste bloccate – ma che in realtà metteva in discussione l’essenza stessa  della leadership e del metodo Renzi. Vicenda segnata dai franchi tiratori – a volte ritornano, anzi molto spesso – e dal ricordo dei 101 dissidenti del Pd che giusto un anno fa affondavano la candidatura di Romano Prodi al Quirinale (e prima di Franco Marini). Vicenda, dunque, tutta interna al Pd. Ancora una volta.
Che Cosa Rimprovera una fetta del partito al suo nuovo segretario? Prima di tutto la doppia maggioranza cavalcata dal premier  per portare a casa la legge elettorale, e poi la riforma del Senato, e poi ancora la riscrittura del Titolo V della Costituzione. E’ dunque un’opposizione politica di fondo, che corre sotterranea, ed emerge e riemerge a ogni occasione, cioè tutte le volte che Renzi ha bisogno anche di Brunetta, Verdini & C. E’ il tentativo di dimostrare che Matteo ha il governo, ma non il partito e nemmeno il controllo dei gruppi parlamentari: l’ultima volta l’operazione è fallita, ma certo non è finita qui.
La seconda causa di dissenso e di fastidio, legata alla prima, riguarda il metodo, cioè la tendenza del premier a decidere senza coinvolgere parlamentari e maggiorenni. E nemmeno i sindacati.. Del resto, quando la concentrazione è nata Matteo aveva appena messo  calzoni lunghi, e quando ha cominciato a fare politica sul seri l’istituto era già stato ampiamente rimesso in discussione.
Soprattutto Renzi si è misurato con il governo della cosa pubblica da sindaco, cioè in un ruolo che regala a chi lo interpreta il massimo del potere. Quindi è abituato a decidere da solo, non a concedere, non a cercare l’intesa a tutti i costi. Piuttosto, se necessario, insegue l’alleanza “one to one”, specie se questa gli consente di aggirare l’ostacolo di un accordo generale che potrebbe ingabbiarlo. Anche con Silvio Berlusconi, se questo lo conduce all’obiettivo; e anche con Landini, se  questo lo aiuta a ridimensionare l’ingombrante Cgil e ad evitare tavoli e patti. Come ripete continuamente, conta il risultato non il rituale della politica.
Se tutto questo è vero, le partite che si stanno giovando sono due, l’una nel Paese e l’altra nelle aule del Parlamento e nei partiti, soprattutto nel Pd dove più aspra è la contraddizione: tra generazioni, tra diverse identità, tra concezioni stesse della forma partito. Come sta avvenendo specularmente nella Cgil. Quello che dovrebbe essere chiaro a tutti, però,  è che questa sfida non po’ condizionare ancora a lungo le vere scelte da fare e che riguardano il lavoro e l’economia. E quello che va assolutamente evitato è che il braccio di ferro tra chi vuole imporre l’Italicum e chi lo vuol cambiare anche per spezzare l’accordo tra R. e B. ci consegni una legge elettorale pasticciata, raffazzonata , troppo simile al Porcellum. Perché in questo caso, per parafrasare Renzi, avrebbe vinto la politica e non il risultato.
Twitter@bmanfellotto

Bruno Manfellotto – L’Espresso – 20 marzo 2014

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