Io Vorrei Che Tu,
Landini E Io….
Perché Matteo sorride a
Maurizio e non a Susanna Camusso? Che c’entra l’ex boy scout con l’ex operaio?
Indagine su un
singolare feeling. Che tocca da vicino il metodo Renzi e anche quello che sta
succedendo nel suo partito. Il Pd
Direte voi: ma perché Matteo Renzi preferisce Maurizio
Landini a Susanna Camusso? Come mai sorride al primo e ghigna alla seconda?
Cosa ha a che vedere il blairiano Matteo con l’antagonista Maurizio? E che
c’entra Landini, reggiano, comunista e operaio saldatore a 15 anni con Renzi,
fiorentino e cattolico, che alla stessa età faceva il boy scout e si preparava
alla “Ruota della Fortuna”? Eppure c’etra, eccome se c’entra. Ma per capire
fino in fondo perché, è forse necessario un piccolo passo indietro.
Ora, e per un po’, parleremo
finalmente di soldi e di economia, di buste paga e di costo del lavoro,
di meno tasse e di più euro nelle tasche degli italiani, di oneri finanziari e
di spending review, cioè del pacchetto economia che Renzi ha voluto subito e
dirompente per dimostrare, come ha detto, che lui riesce là dove Enrico Letta
ha fallito. Che è forte e ha il pieno controllo della situazione.
Ma nei giorni immediatamente precedenti si era scatenata in
Parlamento e nei partiti una durissima guerriglia che all’apparenza riguardava
dettagli, pur importanti, della legge elettorale – quote rosa e preferenze,
primarie e liste bloccate – ma che in realtà metteva in discussione l’essenza
stessa della leadership e del metodo
Renzi. Vicenda segnata dai franchi tiratori – a volte ritornano, anzi molto
spesso – e dal ricordo dei 101 dissidenti del Pd che giusto un anno fa
affondavano la candidatura di Romano Prodi al Quirinale (e prima di Franco
Marini). Vicenda, dunque, tutta interna al Pd. Ancora una volta.
Che Cosa Rimprovera una fetta del partito al suo nuovo
segretario? Prima di tutto la doppia maggioranza cavalcata dal premier per portare a casa la legge elettorale, e poi
la riforma del Senato, e poi ancora la riscrittura del Titolo V della
Costituzione. E’ dunque un’opposizione politica di fondo, che corre
sotterranea, ed emerge e riemerge a ogni occasione, cioè tutte le volte che
Renzi ha bisogno anche di Brunetta, Verdini & C. E’ il tentativo di
dimostrare che Matteo ha il governo, ma non il partito e nemmeno il controllo
dei gruppi parlamentari: l’ultima volta l’operazione è fallita, ma certo non è
finita qui.
La seconda causa di dissenso e di fastidio, legata alla
prima, riguarda il metodo, cioè la tendenza del premier a decidere senza
coinvolgere parlamentari e maggiorenni. E nemmeno i sindacati.. Del resto,
quando la concentrazione è nata Matteo aveva appena messo calzoni lunghi, e quando ha cominciato a fare
politica sul seri l’istituto era già
stato ampiamente rimesso in discussione.
Soprattutto Renzi si è misurato con il governo della
cosa pubblica da sindaco, cioè in un ruolo che regala a chi lo interpreta il
massimo del potere. Quindi è abituato a decidere da solo, non a concedere, non
a cercare l’intesa a tutti i costi. Piuttosto, se necessario, insegue
l’alleanza “one to one”, specie se questa gli consente di aggirare l’ostacolo
di un accordo generale che potrebbe ingabbiarlo. Anche con Silvio Berlusconi,
se questo lo conduce all’obiettivo; e anche con Landini, se questo lo aiuta a ridimensionare
l’ingombrante Cgil e ad evitare tavoli e patti. Come ripete continuamente,
conta il risultato non il rituale della politica.
Se tutto questo è vero, le partite che si stanno giovando
sono due, l’una nel Paese e l’altra nelle aule del Parlamento e nei partiti,
soprattutto nel Pd dove più aspra è la contraddizione: tra generazioni, tra
diverse identità, tra concezioni stesse della forma partito. Come sta avvenendo
specularmente nella Cgil. Quello che dovrebbe essere chiaro a tutti, però, è che questa sfida non po’ condizionare
ancora a lungo le vere scelte da fare e che riguardano il lavoro e l’economia.
E quello che va assolutamente evitato è che il braccio di ferro tra chi vuole
imporre l’Italicum e chi lo vuol cambiare anche per spezzare l’accordo tra R. e
B. ci consegni una legge elettorale pasticciata, raffazzonata , troppo simile
al Porcellum. Perché in questo caso, per parafrasare Renzi, avrebbe vinto la
politica e non il risultato.
Twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 20 marzo 2014
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