A Sebastopoli Arrivano
I Marines
Pronto un piano segreto
del Pentagono per rimediare alle mosse di Putin. Sbarco per insediare un
dittatore-fantoccio costruito in laboratorio. Che però è fuori controllo. E
insulta Michelle Obama
L’annessione della Crimea da parte della Russia ha suscitato
negli Stati Uniti irritazione, ma soprattutto profonda amarezza. In una dura
nota, il Dipartimento di Stato si chiede “come è possibile che i russi ci
abbiano pensato prima di noi” Tra gli ottantasei paesi invasi dagli Stati Uniti
negli ultimi duecento anni, la Crimea in effetti non figura. Una svista inspiegabile, che a Washington
potrebbe far saltare molte teste.
Le scuse Il generale Magoo, responsabile per
il Pentagono dell’area “paesi lontani”, si è difeso sostenendo che la Crimea, a
occhio e croce, è molto vicina alla Russia e molto vicina alla Russia e molto
lontana dall’America. Ma è una giustificazione che non regge: “la distanza dai
nostri confini – spiega il politologo Peter Kranz – è sempre stata del tutto
irrilevante ai fini di uno sbarco di marines, di un bel bombardamento aereo o
di un colpo di stato manovrato dai nostri servizi. Se dovesse valere la stupida
regola che siamo autorizzati a invadere solo i paesi vicini, il Canada con le sue
fottute Giubbe Rosse avrebbe i giorni contati, ma la nostra politica estera
diventerebbe solo un trascurabile passatempo.
La Cia I servizi segreti avevano avvertito
il presidente Obama del pericolo di russificazione della Crimea. Secondo un
rapporto segretissimo, ma reso pubblico dal figlio dodicenne di una donna delle
pulizie dell’Ufficio Affari Riservati, “la causa fondamentale di una possibile
russificazione della Crimea va ricercata nel fatto che il novanta per cento
della popolazione è già russa, parla il russo, si sente russa, mangia alla
russa, tracanna vodka, colleziona matrioske, canta Oci Ciornie e indossa il
colbacco anche d’estate. Inoltre non solo la Crimea confina con la Russia; ma
la Russia confina; ma la Russia confina con la Crimea; e la concomitanza di
queste due cose rende i due Paesi effettivamente molto vicini”.
Simulazione Il pentagono ha simulato al computer
più di una possibile soluzione di questa
nuova crisi. Piano A: Divisione dell’area interessata in Crimea del Sud e
Crimea del Nord, come già sperimentato in Corea e in Vietnam. La forma molto
schiacciata del Paese sconsiglia però questa soluzione. Si fa strada l’idea di
una divisione in Crimea dell’Est e Crimea dell’Ovest, giudicata però dagli
analisti più conservatori molto rischiosa perché inedita, e di difficile
interpretazione da parte di truppe abituate a muoversi in su e in giù, non
certo da destra e sinistra e viceversa. Piano B: Instaurazione di un governo
fantoccio guidato da un dittatore fantoccio, sul modello vietnamita o
sudamericano. Due fattori sconsigliano questa strategia. Il primo è che l’unico
dittatore fantoccio reperibile in Crimea è un vecchio alcolizzato che fa il
saluto nazista e subito dopo vomita addosso ai suoi interlocutori. E’considerato
impresentabile nei summit internazionali perfino dopo che Silvio Berlusconi ha
consentito di abbassare drasticamente i parametri richiesti. Il secondo è che i
russi, in genere, contrappongono al dittatore fantoccio un dittatore vero, che
gli fa un culo così. Secondo indiscrezioni sarebbe fallito anche il tentativo
di costruire un dittatore fantoccio. Il pupazzo, alto un metro e venti e realizzato in due prototipi (con i
baffetti alla Hitler oppure con i baffoni alla Stalin), durante le prove
simulate negli uffici della Cia è sfuggito al controllo dei suoi manovratori,
ha dato fuoco alla scrivania di un funzionario ebreo, ha pronunciato un
discorso pieno di sconcezze all’indirizzo di Michelle Obama e si è infine tolto
la vita sparandosi una revolverata e gridando “tutto è perduto”.
Putin Nel frattempo sta ultimando le
pratiche burocratiche per l’annessione della Crimea e ha promesso che la
minoranza tatara verrà trattata con umanità: a ogni deportato verrà offerto un
Kit completo di panino, borraccia, una mela e tappi per le orecchie per non
sentire il clangore delle catene.
Michele Serra – L’Espresso 27 marzo 2014
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