Quel Desiderio di Pensare Dio
E’ il solo modo di
dargli una forma,
Altrimenti per gli
umani sarebbe inesistente
Temo che non avrò il tempo (anche se la voglia c’è) di
leggere il manuale in tre volumi dal titolo “Storia della filosofia” curato da
Umberto Eco e Riccardo Fedriga e edito da Laterza. E’ una storia del pensiero
(della quale per ora è uscito il primo volume) che interessa tutti per la
semplice ragione che il pensiero nasce dal nostro cervello, dal nostro corpo e
dagli istinti dai quali siamo animati, è
il solo elemento che ci distingue dagli animali. Ma in che modo? E che cos’è il
pensiero? Il manuale queste domande se le pone insieme ad una quantità di altre che spaziano nei nostri sentimenti, nelle
nostre ideologie, nel nostro vivere e nelle possibili alternative. In un certo
senso, sfogliando questo manuale che è anche integrato da descrizioni delle
diverse civiltà e società che hanno periodizzato la nostra storia, si colgono i
“fondamentali” che caratterizzano la nostra specie. Anzi si coglie il
“fondamentale” dal quale tutti gli altri si dipanano ed è, secondo me, una
domanda: io chi sono? Riferita contemporaneamente all’individuo che se la pone
e alla specie dell’homo sapiens cui apparteniamo.
Queste Due Domande sono all’origine di tutte le altre e
definiscono la nostra differenza dagli altri animali poiché non risulta che gli
altri animali siano in grado di porsele. Gli animali sono animati da istinti
primari, quelli che servono a tenerli in vita e a procreare. Alcuni di loro
hanno anche sentimenti e memoria, ma non di sé, non si vedono e non si sentono
vivere e quindi il loro pensiero (ammesso che si voglia impropriamente usare
questa parola) e il loro linguaggio sono profondamente diversi dal nostro.
Parliamo ovviamente di animali superiori e non di esseri viventi allo stadio di
molluschi o vermi o esseri cellulari.
Allora, la domanda che caratterizza l’homo sapiens è: io chi
sono? La risposa può esser data soltanto intraprendendo contemporaneamente due
percorsi: quello all’interno del se stesso e quello del mondo circostante.
Entrambi questi percorsi, resi possibili dal fatto che noi siamo in grado di
osservare noi stessi dal di fuori, presuppongono una continua esperienza del sé
e degli altri ed è proprio per consentire le risposte che è nato il “sapere”,
cioè il desiderio e il bisogno di conoscenza.
Il “fatti non foste a viver come bruti” unisce insieme
Ulisse, cioè Omero chiunque egli fosse, e Dante rappresentando quindi uno dei
punti più alti della nostra cultura occidentale.
Il viaggio dell’ Ulisse dantesco oltrepassa le colonne d’Ercole che rappresentavano il
limite oltre il quale l’uomo non poteva andare. Geograficamente è il braccio di
mare che corrisponde alo Stretto di Gibilterra e mete in comunicazione il
Mediterraneo con l’Atlantico, ma quel viaggio termina drammaticamente: in vista
di una montagna immensa i flutti divengono tempestosi, la nave affonda e gli
uomini muoiono “infin che il mar fu sopra noi richiuso”.
Questo è il racconto affascinante che l’anima di Ulisse
rivela al poeta; ma qal è il suo significato che possiamo ricostruire poiché
Dante non ce lo dice? Che cosa rappresenta quella montagna? Un’interpretazione
a sfondo teologico ritiene che essa raffiguri il Purgatorio o addirittura il
Paradiso che sono regni celesti dove le virtù
degli uomini vengono premiate ma che sono preclusi ad Ulisse che aveva
commesso molti peccati in vita e sarebbe perciò stato relegato all’Inferno dove
infatti Dante e il suo accompagnatore Virgilio lo trovano. Un’altra interpretazione
– filosofica e laica – ravvisa in quella montagna la sede della verità assoluta
che l’uomo non può raggiungere perché la verità assoluta non esiste, la mente
dell’uomo non è in grado di pensarla a ciò che non è pensabile.
Dio E’ Pensabile Perché è l’uomo ad averlo raffigurato con
attributi e sentimenti umani; è una figura antropomorfa. Quando l’uomo gli
toglie quegli attributi e quei sentimenti anche Dio diventa impensabile e
quindi per l’uomo inesistente. Dio muore se non è più raffigurato con caratteristiche
antropomorfiche e comunque morirà per tutti quando la nostra specie si
estinguerà.
Ma scomparirà anche l’Universo o gli Universi? Se tutto
l’esistente scomparisse insieme alla nostra specie, se non ci fossero più né
stelle né galassie né particelle elementari né onde e campi magnetici, ci
sarebbe il nulla. Attenzione: non il vuoto ma il nulla cioè neppure il vuoto
che è uno spazio. Il nulla non è pensabile poiché non prevede il proprio
opposto.
Fin qui arriva la conoscenza di quanto ci circonda e le
risposte essenziali sono dunque queste: la verità assoluta non è pesabile, un
Dio privo di attributi antropomorfi non è pensabile alla nostra mente, il nulla
non è pensabile e ciò che non è pensabile dalla nostra mente è per la nostra
mente inesistente.
Qualche Domanda ancora: una forza creatrice è pensabile?
Sì, lo è e quindi per la nostra mente esiste. Ma se si tratta di una forza
creatrice, è pensabile un “prima” della forza creatrice? La risposta è no. Se
la forza è creatrice essa crea in continuazione, per noi non esiste né un prima
né un dopo perché la forza creatrice non può far altro che creare, senza inizio
e senza fine. E che cosa crea? Crea le
forme. Possiamo darle un nome? Qualunque nome:
Dio, Cosmo, Caos, Essere, Energia, Natura; qualunque nome, visto che
siamo provvisti di immaginazione. Ma possiamo anche designarla con un
algorismo, esprimerla con una formula matematica. Le forme hanno un principio e
quindi un fine. Nascono e muoiono, nascono come cose create e si disfano
tornando ad essere forza creatrice senza forma. L’Essere esiste in permanenza
ma si esprime creando, quindi l’Essere sta e diviene senza soluzione di
continuità e senza tempo. Il tempo è una categoria mentale dell’homo sapiens
così come lo spazi. La forza creatrice sta in tutte le forme e con esse
diviene, è immanente a tutte le forme ed è questo il solo modo in cui è
pensabile, non astratto ma concreto.
Benedetto Croce parlò di universale concreto, Spinoza (e
Nietzsche dopo di lui) disse: “Deus sive natura”. Questo è l’Essere che sta e
diviene; nella storia della filosofia tiene insieme Parmenide ed Eraclito.
Il viaggio dentro noi stessi è un’altra cosa. Sempre alla
ricerca della conoscenza ma limitato all’esplorazione dell’io. (…)
Eugenio Scalfari – L’Espresso – 20 marzo 2014
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