E Maroni negava le
mafie del Nord
Ultimo colpo alle
cosche calabresi: 96 condanne, 500 anni i carcere. Il processo “Crimine” ha
confermato come le organizzazioni criminali siano arrivate in tutta Italia. Ma
i politici continuano a far finta di non vedere.
Nelle scorse settimane sono state confermate le condanne del
processo alla n’drangheta chiamato “Crimine”: 96 in tutto, per 500 anni di
carcere complessivi Una vittoria dell’antimafia italiana che ci racconta un
Paese profondamente diverso da quello in cui crediamo di vivere. L’esempio di
Roma è fondamentale. Giuseppe Pignatone, ha esportato lì il suo metodo,
collaudato in Sicilia e in Calabria. Un metodo che ha fuso la collaborazione
tra procure in modo ulteriore, legando Roma a Milano, a Napoli, a Reggio
Calabria, permettendo di portare lo sguardo del Sud sulle dinamiche del Nord.
Un metodo di consente di arrivare dove le organizzazioni sono presenti, ma non
parlano alcun dialetto. Da anni è possibile tracciare una linea che collega le
imprese in crisi di tutta Italia ai capitali criminali, gli unici in grado di
portare una seppur effimera boccata
d’aria alle attività in sofferenza. Non si tratta di un economia salvifica, ma
di morbi che all’interno svuotano le imprese per farne lavanderie per il
riciclaggio. Sono anni che le Procure
dal Sul al Nord provano a smantellare un muro di connivenze e omertà. Perché lo
strapotere delle cosche non è solo dovuto alla capacità di riuscire a coniugare
il saper fare impresa al ricorso sistematico alla violenza, ma anche e
soprattutto alla complicità di soggetti, spesso organici ai clan, hanno il
compito di traghettare le organizzazioni nell’economia sana, e permettere loro
di consumarla dall’interno. Senza clamore, senza versare sangue, sotto gli occhi
delle istituzioni colpevolmente distratte.
Quando non tacitamente complici.
“Dobbiamo Infiltrarci
come i polipi” diceva in un’intercettazione Giuseppe Pensabene, il boss
‘ndranghetista a capo della locale di Desio. Pensabene lo chiamavano “Banca
d’Italia” perché gestiva a Seveso, in Brianza, una sorta di banca clandestina
che immagazzinava denaro proveniente da riciclaggio e usura. Parte di questo
denaro spariva in Svizzera o a San Marino, parte veniva utilizzata per gli
affiliati in carcere. A scoprirlo la Dda di Milano guidata dal procuratore
aggiunto Ilda Boccassini. E’ ormai evidente come le organizzazioni criminali
siano penetrate talmente tanto a fondo nel tessuto economico lombardo, da
sentire la necessità di dotarsi di una “struttura” ancora più efficiente per
poter gestire i rapporti economici con il tessuto imprenditoriale locale.
Sono Ormai Lontani I Tempi in cui ministri della nostra
Repubblica osavano dire era una
bestemmia parlare di ‘ndrangheta al Nord. Eppure ricordo bene la violenza degli
attacchi che subii quando ne parlai in tv, durante “Vieni via con me”. E
ricordo bene con quanta prepotenza l’allora ministro degli Interni, attuale
governatore della Lombardia, Roberto Maroni, pretese di venire in trasmissione
per dire che no, al Nord non ci sono le organizzazioni criminali. Le
organizzazioni criminali le avete al Sud, ma il nord ne è immune e la Lega Nord
non ne sa niente. Salvo poi cadere in disgrazia proprio in seguito ai guai
giudiziari dell’ex tesoriere Francesco Belsito, che secondo gli inquirenti
“riciclava i soldi della ’ndrangheta”. Assurdo il modo in cui fummo costretti a
subire la presenza di Maroni da parte della dirigenza Rai e assurdo come il
direttore Mauro Masi se ne vantasse al telefono con Luigi Bisignani il giorno
dopo la trasmissione.
Bisignani: Di Maroni dicono (i giornali ndr): grande successo tuo.
Masi: Beh è la verità, l’ho fatto io.
Eppure, solo qualche mese prima, nel luglio del 2010, era
scattata la maxi-operazione denominata “Crimine” legata all’indagine milanese
“Infinito” che ci ha raccontato proprio le infiltrazioni della ‘ndrangheta in
Lombardia. Come dire: non si poteva non sapere. O forse si è voluto ignorare.
Invito la politica a osservare il lavoro di chi studia le mafie da sempre,
perché in un paese che ha le organizzazioni criminali più potenti del mondo,
sono magistrati come Giuseppe Pignatone, Ilda Boccassini, Federico Cafiero De
Raho, Michele Prestipino a restituirci un quadro complesso e completo della
realtà. E’ fondamentale non distogliere lo sguardo. E’ fondamentale avere il
coraggio di osservare questo quadro, anche se non dovesse piacerci ciò che
vediamo, per capire davvero cosa è diventata l’Italia.
Roberto Saviano – L’Espresso – 20 marzo 2014 -
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