Settecentosette volte
sette
Tanti sono i
riferimenti scovati dalla scrittrice Meri Lao per il numero magico di maggiore
popolarità.
Più del tre, del
quattro e del cinque che pure godono di una loro mistica.
Ma di esempi ne ha
dimenticato almeno uno…
Meri Lao, vissuta molto in America Latina per il resto del
mondo, ha scritto molto purché il tema dei suoi saggi non fosse troppo normale.
Così dopo alcuni libri sul tango (documentatissimi), uno sulle sirene, unaltro
sulle canzoni rivoluzionarie dell’America latina, ora per i tipi di DigiSet (23
euro) ci offre u libro il cui titolo impedisce ai maligni di definire maniacale
la sua passione: “Dizionario maniacale del sette”.
Certamente nel corso del tempo ci sono state mistiche del tre
(la Trinità, passato, presente e futuro, le tre grazie, le tre furie, le tre
parche, i tre piani dell’arca, e via dicendo), mistiche del quattro (l’uomo quadrato e ben tetragono ai colpi di
ventura, gli elementi, i venti principali, i punti cardinali, le fasi della
luna, le stagioni, le lettere del nome “Adam”)
e mistiche del cinque, il numero circolare che moltiplicato rinviene
continuamente su di sé – e abbiamo le essenze delle cose, le zone elementari, i
generi viventi, il Pentateuco, le cinque piaghe del Signore, mentre l’uomo è
inscrivibile in un cerchio di cui centro è l’ombelico, mentre il perimetro
formato dalle linee rette che uniscono le varie estremità dà la figura di un
pentagono
Viene Però Il Sospetto che il sette sia il numero magico di
maggiore popolarità e credo che se alcuni amici si riunissero intorno alla
tavola dopo cena riuscirebbero (dati per scontate i molti sette che si trovano
nell’Apocalisse) a citare i sette nani, i re e i colli di Roma, le opere di
misericordia, i vzi capitali, gli anni di guai, il prurito del settimo anno, il
settimo cielo, i sette colori dell’arcobaleno, i sette dolori, i doni dello
Spirito Santo, i fratelli Cervi, i giorni della creazione, la guerra dei sette
anni e i sette samurai, le sette meraviglie, le opere di misericordia, i
peccati capitali, i pilastri della saggezza, i sette savi, i sette ponti di
Konisberg, i sacramenti, il settennato presidenziale, il seven-up, gli stivai
delle sette leghe, il settimo cavalleggeri che salva la diligenza, le sette
sorelle petrolifere, le sete spose per sette fratelli, le vite del gatto, i
Boeing 707, 747, 767 e 777, per finire con zero zero sette. Ma sarebbero una
trentina di voci, e invece Mari Lao ne identifica 707 (ovviamente) per più di
trecentocinquanta pagine, con curiose illustrazioni, e ampi commenti storici.
L’autrice dice che ha iniziato a pensare al sette a
Babilonia, a Bagdad ripensando ai sette
viaggi di Sinbad, a Samarra per i sette giri del minareto elicoidale o a Khorsbad davanti a ziggurat di sette piani. E
poi naturalmente esplorando esoterismi cari, letterature e mitologie orientali,
New Age e dintorni; e cara grazia che dichiari di essere rimasta “laicista,
agnostica e scettica”.
In Ogni Caso questa scettica ci porta a scoprire
i sette affluenti del San Lorenzo, sette alberi d’oro in Dante, gli anni della
dittatura argentina e di Einsten a Berna, e quelli di “studio matto e
disperatissimo” trascorsi da Leopardi nella biblioteca
paterna, quelli passati da Ulisse con Calipso, le sette arti
liberali, Pasqualino sette bellezze, i sette caratteri della pianta di pisello
studiati da Mendel, i punti della Coccinella, i venticinque riferimenti al
sette che appaiono nel Corano, gli dei giapponesi della felicità, i drammi
sopravvissuti di Sofocle e di Eschilo (sette per ciascuno), le stesse della
bandiera della Nazione Cherokee, i figli e le figlie di Niobe, quelli avuti di
Bach con la prima moglie, i musical girati da Fred Astaire e Ginger Rogers, i
Paesi di lingua portoghese, le parti che spuntano dal corpo umano, le corde
della lira di Apollo, le stelle delle Pleiadi, i sette romanzi della
“Recherche” proustiana, i raggi della corona della Statua della Libertà, le
vocali dell’alfabeto greco, le vertebre cervicali, i tagli di banconote
dell’Euro, gradini, volte, porte, del Teatro della Memoria di Camillo, le
scienze classificate da Comte e i tipi di abiguità analizzati da Empson.
E qui devo fermarmi perché mi è finito lo spazio. Salvo che
volevo trovare ameno una dimenticanza e ce l’ho fatta: “The House of Seven Gables”
di Hawthorne.
E’ una gran bella soddisfazione.
Umberto Eco – L’Espresso – 13 marzo 2014
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