Coraggio, Renzi Ancora
Un Passo
La scelta di tagliare
le tasse ai redditi più bassi non sarà da sola sufficiente a far ripartire la
crescita, ma almeno va nella direzione giusta. Mentre perfino il Fondo
monetario ora scopre i danni provocati dall’austerità
Diventa sempre più
evidente come la forte disuguaglianza dei redditi agisca a detrimento della
stabilità macroeconomica e della crescita. L’ennesima intemerata del Nobel Paul
Krugman contro i cantori dell’austerità e dell’arricchimento selvaggio degli
“happy few”? No – incredibile ma vero – parole così perentorie e taglienti non
scritte in uno degli ultimi documenti del Fondo monetario internazionale. Già,
proprio di quell’istituzione che finora è stata il presidio principale delle strategie
economiche fondate sul rigido controllo dei redditi e dei consumi delle classi
medie e povere nella totale noncuranza verso il fenomeno speculare della
concentrazione delle ricchezze in un numero sempre più piccolo di persone o
gruppi finanziari.
Presto Per Dedurre che simili giudizi siano il segno di
una conversione a U del Fondo rispetto alle ottuse visioni contabili del
passato. Ma un così forte accento sul tema della “disuguaglianza” indica
comunque che nel dibattito economico mondiale qualcosa sta cambiando. Si sta
forse riscoprendo quanto scritto da Keytus duecento anni fa. Ovvero che la
concentrazione della ricchezza tende a produrre soltanto rischiose avventure
finanziarie mentre l’impoverimento dei redditi da lavoro spegne i consumi diffusi
così togliendo l’ossigeno indispensabile per la crescita economica. Insomma,
che la lotta contro le disuguaglianze non è solo un problema di giustizia
sociale ma anche di utilità economica generale.
In un’ottica italiana il richiamo a queste novità dello
scenario internazionale serve a meglio a valutare il merito delle mosse
annunciate dal governo Renzi. In particolare per quanto riguarda due degli
impegni dichiarati: 1) la defiscalizzazione nell’ordine di dieci miliardi
complessivi a favore dei redditi fino a 25 mila euro annui; 2) il taglio
dell’Irap nella misura del 10 per cento finanziario attraverso un aumento del
prelievo sulle rendite finanziarie dal 20 al 26 per cento. Fino a un minuto
prima dell’annuncio ufficiale si è a lungo dibattuto se fosse più conveniente
per i suoi effetti sul rilancio dell’economia concentrare la spinta dei
provvedimenti sui costi delle imprese (Irap) ovvero sui redditi dei lavoratori.
E’ evidente che la scelta di Renzi fa proprie le
preoccupazioni espresse (finalmente!) dal Fondo monetario. Soprattutto per un
aspetto particolarmente critico della realtà italiana: quello di una continua
caduta dei consumi che rischia di materializzare il minaccioso fantasma della
deflazione. Può essere che dieci miliardi in più nelle buste paga non abbiano
la forza di produrre quello shock risolutivo alla domanda interna che sarebbe
auspicabile. Ma un punto è certo: lo stesso denaro concentrato su un maggior
taglio dell’Irap a beneficio dei costi aziendali avrebbe avuto ben minore
impatto di rianimazione sul sistema economico. Ne fa fede, del resto, la
reazione della stessa Confindustria che ha limitato le sue proteste a quel che
si può definire il minimo sindacale.
Quanto Alla Simmetria fra taglio dell’Irap e aumento del
prelievo su dividendi e “capital gain”, anche in questo caso si tratta di
un’operazione che sposta i benefici fiscali da investimenti meramente
finanziari a impieghi più connessi all’economia reale. Quindi, di una manovra
che tende a riequilibrare un’altra delle tante diseguaglianze presenti nel
sistema favorendo stavolta la fascia più direttamente produttiva (anche di
occupazione) dell’apparato industriale.
Allo stato, perciò, i veri dubbi che rimane lecito sollevare
sugli annunci del premier Renzi sono quelli relativi alla compatibilità di una
manovra per ora soltanto promessa con i limiti oggettivi di un bilancio
pubblico tuttora fragile e sempre esposto ai venti capricciosi della
congiuntura mondiale. Sulla direzione degli interventi, però, nulla da
eccepire. In un paese, che ha perso più di metà dello scorso anno a dilaniarsi
sull’Imu ovvero sui favori alla rendita immobiliare, si tratta di una svolta
comunque salutare.
Massimo Riva – L’Espresso – 27 marzo 2014
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